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  Chierici, Chierichetti e Tabù
di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 30 Gennaio 2008 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76 - 77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82 - 83 - 84 - 85 - 86 - 87



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Non ci resta che la fantapolica...

Evviva
le poltrone!

  Il primo sintomo che qualcosa stava cambiando fu il comportamento di un politicante di lungo corso, uso a ricoprire poltrone di ogni tipo e specie, e tra i più papabili per un importante ministero. Non si fece trovare dal presidente del consiglio incaricato che lo cercava disperatamente e, per non essere più importunato, partì in incognito per le Galapagos.
  Poi, in questo o quell’ente, per questo o per quell’incarico politico o statale, iniziarono, qua e là, dimissioni di personaggi vari che con la politica, da anni, mangiavano e di politica, essi e famigli, vivevano. Dimissioni che, poco per volta, divennero una valanga, mentre nessuno si candidava ad incarichi per i quali, sino a poco prima, c’erano code di starnazzanti questuanti.
  Chissà, moda improvvisa, presa di coscienza collettiva che il sistema non tollerava più tali orde fameliche di chiappe sedute. Timore, per i parlamentari, di non essere più rieletti da cittadini che ne avevano piene le tasche. Stanchezza per la tensione che la difesa della poltrona comportava in ogni momento del giorno e della notte.
  E, non da escludere, un silenzioso, spontaneo, miracolo di Padre Pio.
  Sta di fatto che in tantissimi si dimisero e nessuno volle più candidarsi a qualsivoglia carica.
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"I Chierici siamo Noi" di Ettore Falconieri
  Come era successo decenni prima quando, nel giro di poco tempo, fascisti doc si trasformarono in antifascisti e resistenti ante litteram, poltronari e forchettoni si mimetizzarono in cittadini qualunque, indesiderosi di visibilità.
  Si videro notabili, usi a poter disporre di numerose auto blù e scorte, fare l’autostop o prendere mezzi pubblici affollati in ore di punta.
  Si scopersero vanesi, dall’intervista facile, nascondersi in pubblici gabinetti per non essere individuati da giornalisti.
  Mentre baroni in cattedra, notoriamente raccomandati da partito che conta, si dimisero dagli incarichi, proponendosi umilmente per ripetizioni a studenti negligenti. Ed alti papaveri ospedalieri, la cui competenza clinica era notoriamente inferiore alla valenza della tessera partitica, partirono per l’Africa a lavorare da infermieri in ospedali da campo della Croce Rossa.
  Si videro anche forchettoni di lungo corso far la fila alle mense della Caritas per dimostrare la loro rinata verginità economica.
In istituzioni, enti ed organismi pubblici vari, al centro ed alla periferia del paese, incarichi divennero vacanti, ranghi si sfoltirono. Ma non solo ad alto livello. Anche più in basso, perchè seguirono coerentemente l'esempio dei loro sponsor anche cognati, amici della zia, compagni di scuola, compagni di scopone, nonché, evidentemente, figli, nipoti, coniugi e così via.
  Tutto bene, quindi ? Assolutamente no.
  Perché i vuoti in tanti organigrammi causavano ulteriori carenze operative in enti già non brillanti.
  Perché il presidente incaricato non trovava più nessuno disposto a fare il ministro, il vice ministro od il sottosegretrio e non poteva che continuare a rinviare l’accettazione della carica, ricordando con nostalgia i bei tempi in cui il governo poteva contare su oltre cento membri, con tanti altri disponibili ad aggiungersi od a subentrare ad eventuali dimissionari.
  Il problema divenne un’emergenza nazionale.
  Dalle massime autorità della repubblica giunsero sollecitazioni a tornare, giornalisti di grido accusarono poltronari e forchettoni di carente senso civico.
  Per tentare di trovare una soluzione approfondendo l’argomento, si arrivò al punto di organizzare manifestazioni, inusuali per il paese anche se notoriamente utilissime, quali conferenze, incontri dibattito, tavole rotonde, giornate di studio, programmi televisivi nei quali, contrariamente a quanto succedeva in passato, tutti i presenti potevano parlare, battibeccare, strillare assieme con grande giovamento per la comprensione del problema.
  Problema che era talmente sentito dal paese, al di sopra di differenze politiche ed ideologiche, che i centri sociali organizzarono marce, con relativo sfascio di auto e vetrine, per sollecitare il ritorno dei poltronari. Che il partito radicale iniziò digiuni collettivi. Che un noto comico, che non disdegnava di essere tale anche quando si occupava di politica, dedicò ampie pagine del suo blog agli elogi dei forchettoni, esortandoli al rientro.
  Il presidente del consiglio incaricato ebbe anche l’idea di chiedere aiuto ad una potenza amica. E diede l’incarico ad un alto esponente politico del nord, membro di una setta cattolica, di avvicinare discretamente il Vaticano. Pensando, a ragione, che l’apparato mediatico della chiesa, coadiuvato da miriadi i parroci solerti, avrebbe potuto convincere renitenti poltronari e forchettoni, con relativi famigli, a tornare.
  Ma, su consiglio della Cei (Confederazione Episcopale Italiana), il Vaticano rifiutò sostenendo che a loro andava bene che l’Italia fosse un loro protettorato, ma un eventuale presa di posizione sull’argomento l’avrebbe, di fatto, trasformata in colonia, situazione questa troppo onerosa da gestire.
  La situazione era ad un punto morto, con conseguenze che stavano per divenire drammatiche per il paese, quando una sera, mentre si rilassava con amici in una trattoria di Trastevere, l’oste disse al presidente del consiglio incaricato:
  “ A presidè, ie raddopi lo stipendio e quelli arriveno come mosche sur miele”.
  Saggezza e lungimiranza del popolino, pensò il presidente che, nel suo intimo, si considerava uomo di élite.
  “Sparga la voce che sono d’accordo “ rispose.
  E il controesodo fu di proporzioni bibliche.
  Poco tempo dopo uscendo dal Quirinale dopo aver sciolto la riserva per il nuovo governo, la cui compagine ministeriale era rigogliosamente affollata di ministri, viceministri e sottosegretari, il presidente del consiglio dichiarò che al primo posto del programma di governo ci sarebbe stato il raddoppio dello stipendio per poltronari e forchettoni. E, per quelli sposati con famiglia a carico, anche il permesso di assumere nel proprio ente un famiglio in più, oltre a quelli già piazzati in precedenza su sedie, seggiolini, sgabelli e strapuntini.
  L’onere relativo sarebbe stato compensato, con il tacito accordo dei sindacati, da una riduzione di stipendio per collaboratori in istituzioni, enti ed organismi pubblici vari sprovvisti di raccomandazione e di tessera partitica. Anche per dar loro una severa lezione, una volta per tutte.
  E la patria fu salva.

   Ettore Falconieri


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N. copie:

Ettore Falconieri, genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli.
Ha pubblicato Il RITORNO DEI LUPI (Lombardi), una novella filosofica e ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti (Archinto).
In I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro (SeBook ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI».

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di
Luciano Simonelli


 

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