Metropolitana
Gracidano le ranocchie indifferenti,
nello stagno inquinato e verdagnolo
che liquami e diluvi hanno formato
in uno scavo di casa mai partita.
Gracidano e non le turba, nella quiete,
l’ombra veloce della linea due
che, svelta, si riflette su di loro
e disegna sull’acqua il suo profilo.
Esce veloce dalla galleria
dopo un percorso lungo e rumoroso,
finalmente alla luce della sera
del luglio affaticato e polveroso.
Consueto è il campionario che trasporta
d’uomini, donne e crucci di mortali
che, stanchi, se ne tornano alla casa
che domani dovranno ancor lasciare.
Trasporta affanni, fami e mal di denti,
sciatiche e arrabbiature di lavoro,
sudori e abbigliamenti spiegazzati,
ansie e dispiaceri dell’amore.
Gracidano le ranocchie indifferenti
a operai, commercianti e segretarie,
elettrauto e direttori di qualcosa,
studenti e ragazzini esagitati
coi piedi, più degli altri, profumati.
Corrono sui binari allineati
spintoni e cortesie di gente ammodo,
odori forti e voci concitate
di tifosi che parlan di rigori.
Un romanzone legge la signora,
la Gazzetta un vecchietto tossicchioso,
prega un corretto signor col collarino
e guarda un gentiluomo ingrigionito
la minigonna d’una ragazzina
che ritorna con gli occhi e con la mente
al compagno di scuola che l’attira.
Corrono nelle cabine accalorate
colletti sporchi e tristi riflessioni,
gioie e ginocchia un poco affaticate,
mestizia ed illusioni pel domani,
ascelle attive e flatulenze furtive.
Natiche arrossate ed unghie incarnate,
la ferita aperta per il figlio bocciato,
per l’aumento negato.
Ideali sopiti dal tram tram dell’usuale,
sacrifici subiti per non fare del male.
Gesti persi di vite smarrite?
In piedi o seduti ci son anche i cornuti.
Ma sono soli molti viaggiatori,
surgelati e tivvù senza nessuno
avranno come sempre questa sera
e attenderanno con ansia l’indomani
per risalire sulla linea due
e sentirsi di nuovo in compagnia.
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