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  Chierici, Chierichetti e Tabù
di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 14 Aprile 2008 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76 - 77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82 - 83 - 84 - 85 - 86 - 87 - 88 - 89 - 90 - 91 - 92



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Previsioni economiche?

  Alcuni anni fa, un insigne accademico scrisse un articolo sulla prima pagina di un grande quotidiano in cui escludeva, con approfonditi ragionamenti, che si potesse verificare un certo evento economico. Che appunto si verificò quel giorno stesso, poche ore dopo l’uscita del giornale. L’insigne accademico è tuttora tale e la scivolata d’ala nulla ha tolto alla sua serietà e competenza, altamente meritate.
  Ma la vicenda, assieme ad altre simili, insegna che, prima di esprimersi in previsioni economiche, è bene usare prudenza.
- L’uomo, si sa, è ansioso di conoscere quel gran mistero che è il futuro e, quando non ha sotto mano sibille cui credere, cerca di carpirne i segreti lavorando di osservazione, di cervello, senza trascurare l’immaginazione, spesso confondendo realtà possibili con la speranza che esse si realizzino. Ed è anche ansioso di conoscere il futuro delle vicende economiche poichè esse riguardano direttamente il suo benessere, sia esso dovuto a scenari macroeconomici o più semplicemente al valore dei suoi risparmi.
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"I Chierici siamo Noi" di Ettore Falconieri
  Anche in questo periodo di sussulti economici le sibille si sprecano e la libidine logorroica di prevedere a tutti i costi cosa succederà impazza su giornali, telegiornali, televisioni di mezzo mondo. Premi Nobel e gazzettieri non si esimono dal volerci leggere il futuro economico, ammannendoci previsioni contrastanti che si trasformano spesso in bufale clamorose. La crisi c’è, no non c’è, dura a lungo, no sarà breve, sarà drammatica, no lieve, il peggio è alle spalle, no davanti a noi e via ponzando.
  Il fatto è che l’economia contemporanea è estremamente complessa. Gli attori che la movimentano sono miliardi, dai cittadini qualunque agli stati, dalle piccole società, alle multinazionali. Ciascuno con la propria valutazione di fatti, con le proprie esigenze, con le proprie aspirazioni, anche con le proprie spinte emotive.
  Ed operano in un’economia con sempre meno barriere, in un mondo globalizzato nel quale tutte le iniziative di rilevanza economica, piccole o grandi, si influenzano a vicenda. In cui i grandi centri decisionali influenzano il comportano di singoli, ma anche reazioni emotive o ragionate di numerosi singoli influenzano i grandi centri decisionali.
  Con il non trascurabile contributo del padreterno che con tsunami, terremoti o tornadi può influenzare l’economia per miniere o pozzi petroliferi danneggiati, per arresto di produzioni in zone indistrializzate, per ingenti danni ad infrastrutture o ad economie di paesi e così via.
  Senza dimenticare scioperi che bloccano attività o trasporti e la politica che può travagliare l’economia di un paese per incompetenza o dirigismo, che può interrompere l’esportazione di questa o quella materia prima per fare guerra a qualcuno e tanto altro. Né escludendo il terrorismo che con un fanatico imbottito di bombe può far sussultare i mercati o cambiare le vicende di un paese e quindi la sua economia.
  E neppure escludendo certa superficialità di addetti ai lavori. Superficialità cui si deve l’adagiarsi in una felice routine di ottimismo quando il barbaro della crisi è alle porte, come è successo per l’attuale tracollo dei cosiddetti subprime, i mutui americani ad alto rischio, ma con alti interessi, sui quali si sono gettate, irresponsabilmente, istituzioni finanziarie di mezzo mondo, prestigiose e no.
  Ma, per quanto riguarda i piccoli risparmiatori, a troppa leggerezza si devono anche consigli di acquisto su questo o quel titolo che tosto crolla in borsa o previsioni di dollaro od euro che salgono o scendono, mentre poi si verifica l’opposto.
  Per non parlare di obbligazioni patacca rifilate a ingenui cittadini. (Per alcune di esse, per quanto riguarda l’Italia, oltre a imperdonabile leggerezza vi è stata anche eclatante disonestà che, detto per inciso, in altre democrazie occidentali avrebbe fatto perdere il posto ai vertici bancari coinvolti che sono invece tuttora trulleri ed arroganti sui loro scanni altamente retribuiti)
  Allora, anziché fare previsioni, è più prudente, fatte varie premesse, immaginare più scenari ed ipotizzare le previsioni economiche ad essi conseguenti. Avendo la prudenza come solido basamento sul quale fondare ogni ragionamento.
  Con l’aiuto di hardware e software altamente sofisticati oggi si impiegano modelli econometrici di estrema complessità, zeppi di formule ed algoritmi, la cui validità, tuttavia, dipende, oltre che da una corretta impostazione matematica del tutto, anche dai dati iniziali immessi. Dati iniziali che condizionano evidentemente il risultato del modello econometrico stesso e la sua utilità per fare previsioni. Ma nell’immissione dei dati, nella loro scelta, vi è una componente soggettiva che in quanto tale può modificare, in un senso o nell’altro, l’utilità del modello assunto e le sue indicazioni previsionali. E si ritorna alle difficoltà di fare previsioni.
  Ma anche avere i dati che interessano non è sempre facile. Si tratta di dati statistici che interessano realtà e fenomeni molto complessi, in vari paesi ed in contesti differenti , di situazioni e comportamenti economici che coinvolgono miliardi di persone. Dati che non sempre ci sono e spesso vanno stimati.
  Per esempio, della crisi dei subprime sopra menzionata, pare nessuno sappia con certezza, pur dopo mesi dall’inizio della crisi, quale sia la loro cifra totale e quale quella di una ragionevole stima delle perdite ad essi relative.
  Forse bisogna rassegnarsi al fatto che molto, in economia, non è prevedibile. E per quanto non è prevedibile non resta che un prudente buon senso.
  Oppure il fiuto straordinario di pochi fortunati che, con esso, possono far soldi.
  La grande crisi del 1929 comportò anche, dopo un’ascesa eccezionale, un drammatico crollo della borsa americana che azzerò fortune e mise sul lastrico tantissimi piccoli risparmiatori. Crollo che avvenne improvvisamente quando i più continuavano ancora a consigliare l’acquisto di azioni affermando che era troppo presto per vendere. Si racconta che un grande capitalista statunitense, pare Guggenheim, vendette tutto con lauti utili poco prima del crollo. E a chi in seguito gli chiedeva quale era il segreto del suo successo rispondesse: - ho sempre venduto troppo presto -.
  Ma, se non si ha il fiuto. ci si può sempre comportare come quel cinico che affermò:
- per conoscere meglio il futuro non resta che salire su uno sgabello, girarsi e scrutare, dall’alto, il passato -.

   Ettore Falconieri

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N. copie:

Ettore Falconieri, genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli.
Ha pubblicato Il RITORNO DEI LUPI (Lombardi), una novella filosofica e ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti (Archinto).
In I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro (SeBook ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI».

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di
Luciano Simonelli


 

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