E da noi? Il nulla o quasi.
Vorrei però per prima cosa fare una premessa, spiegando perché adopero sempre la parola “ministro”, al maschile. La risposta è semplice: non credo che la femminilizzazione del linguaggio (“ministra”, “ingegnera”, “dottora” e quant’altro) migliori in qualche modo la causa delle donne: si limita a creare vocaboli ridicoli.
Di donne premier da noi non se ne parla neanche. Molto tempo fa, nel 1987, c’è stata, è vero, una donna che è arrivata vicino ad un incarico di Cossiga un mandato esplorativo per formare il governo. Ma la cosa finì nel nulla e il governo, poi, lo fece Fanfani.
Di capi dello stato al femminile si è parlato, invece, qualche tempo fa, ma in maniera vaga, uno po’ nelle stile delle chiacchiere da bar: si diceva che era ora di nominare una donna presidente della Repubblica e che Emma Bonino aveva tutti i numeri per essere eletta. Si parlò e si straparlò, si crearono perfino dei comitati ma alla fin fine non se ne fece nulla, naturalmente. A tutt’oggi, in Italia non è che abbondino neppure le donne semplicemente ministro e la prima di tutte, la democristiana Tina Anselmi, risale non a tempi arcaici ma al 1976: ministro del Lavoro e, successivamente, della Sanità. Tina aveva quarantanove anni al momento della nomina ed un passato di tutto rispetto: da ragazza aveva partecipato alla Resistenza e successivamente, entrata nella vita politica, aveva avuto incarichi di rilievo. Dopo di lei e fino ai giorni attuali altre donne sono diventate ministro ma col contagocce…
Per rifarci un poco, dobbiamo passare ad un’altra posizione istituzionale importante e prestigiosa e a due persone diversissime l’una dall’altra ma che hanno entrambe ricoperto la terza carica dello stato, quella di presidente della Camera. La prima è stata Nilde Iotti che ha tenuto ininterrottamente la carica dal 1979 al 1992, dai cinquantanove ai settantadue anni. Nilde fu una presidente perfetta, rigorosa, bene informata sul regolamento, al di sopra delle parti: in una parola, stimata da colleghi di partito e dagli avversari.
Passarono due anni e per la seconda volta (e ultima finora) una donna venne eletta presidente della Camera: e anche lei stabilì il suo bravo primato perché , data l’età che aveva, divenne il presidente più giovane della storia d’Italia e certamente una delle persone più giovani che abbiano ricoperto tale carica nel mondo. Si, come è noto, di Irene Pivetti, che nominata il 16 aprile 1994, era trentunenne da dodici giorni, essendo nata il 4 aprile 1963.
L’insediamento della giovane donna nell’altissima posizione fu voluto a furor di popolo dalla coalizione che aveva vinto le elezioni anche se da parecchie parti si fece notare che la presidenza della Camera dovrebbe rappresentare il coronamento di una carriera politica ( e così era sempre stato) e non l’esordio di una matricola. E infatti… Irene Pivetti tenne, sì, in modo sostanzialmente appropriato e dignitoso il suo posto di presidente, nei due anni che lo occupò, ma ciò non fu l’esordio di nessuna carriera : pochi anni ancora e,con buona pace dei suoi prestigiosi inizi, l’ancor giovanissima ex terza carica dello stato abbandonò la politica.
(2.
Fine)
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Maria Santini è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da <b>Simonelli Editore: Matilde di Canossa, Liszt. In edizione elettronica, SeBook
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