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Un tocco di regalità
La principessa Diana e la regina Margherita: due storie simili, due stili
diversi...
Quando, sette anni fa, la principessa Diana
d'Inghilterra concluse nel modo più tragico la sua breve giornata terrena,
scatendando non la pietà che le sarebbe stata dovuta ma un vero isterismo di
massa, aspettai invano che, da noi, si facesse un paragone fra la sua
vicenda dinastica e umana e quella di una gran signora di casa nostra .
Aspetto ancora.
Quella signora era la regina Margherita e il destino coniugale di Diana fu
la copia carbone di quanto era accaduto a lei. Anche a Margherita, infatti,
toccò in sorte un regale marito "prestatole" da un'altra donna perché
adempisse i suoi doveri verso la dinastia , ma subito ripreso e mai più
restituito. Sì perché quando la diciassettenne Margherita di Savoia sposò
(1868) il cugino Umberto allora principe ereditario, subito dovette scoprire
che il marito aveva una relazione con la duchessa Eugenia Attendolo
Bolognini Litta, considerata una delle più belle donne dell'epoca: e che
relazione di ferro, poi.
Durava dal 1862, quando Umberto aveva diciotto anni ed Eugenia venticinque e
sarebbe finita solo con la morte di lui. I due amanti misero in piedi un
ménage quasi ufficiale.
E' famoso il fatto che, le sere in cui non c'erano
impegni mondani, il re sedeva a cena con Margherita ma non toccava cibo: poi
si alzava e se ne andava a cenare con l'amica, sistemata in una villa
vicinissima alla reggia di Monza ove i sovrani risiedevano quasi
stabilmente.
Come reagì Margherita?
I primi tempi, molto male: voleva separarsi.
Chiese aiuto anche al suocero e
zio, Vittorio Emanuele II, che le voleva bene ma che , con il suo gallismo,
era il meno adatto a comprenderla. Così ben presto la principessa ereditaria
si rassegnò, organizzandosi la vita al meglio.
Come prima donna d'Italia (il suocero era vedovo e risposato
morganaticamente) creò una corte brillante e quando divenne regina la rese
ancor più fastosa. Con un tocco un po' da bas bleu ma non sgradevole,
Margherita volle esplorare tanti rami della cultura e si fece anche
protettrice di artisti, come Carducci. Lanciò perfino la moda delle
escursioni in alta montagna per le signore.
Ma certamente visse una vita piena e ricca di soddisfazioni.
E quando la
pallottola di Bresci venne a troncare il suo mestiere di regina (1900), si
permise un ultimo gesto di regalità : mandò a chiamare la rivale Litta,
ormai una vecchia disfatta, perché potesse rendere l'ultimo saluto alla
salma del suo amante, Umberto.
Maria Santini
Maria Santini è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da Simonelli Editore:
Matilde di Canossa, Liszt.
In edizione elettronica,
Dieci Romanzi Gialli
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