Il potere supremo al femminile è stato certo un’eccezione nella storia del mondo ma è comunque sempre esistito. Donne–regine impugnanti lo scettro , e non semplici mogli di re, ce ne sono state diverse: a cominciare, circa quattromila anni fa, da Hatshepsut, Faraone d’Egitto, per arrivare (cito senza sistematicità ) a due sovrane formidabili, ognuna nel suo genere, quali Elisabetta I d’Inghilterra e Cristina di Svezia, che non vollero mai sposarsi, fino a Caterina la Grande di Russia, che dell’inetto marito si sbarazzò con abilità. Altre sovrane tali per diritto ereditario hanno avuto dei compagni a loro subordinati (i principi consorti) e in questa posizione sono tutte quelle che regnano attualmente: Elisabetta II d’Inghilterra, Beatrice d’Olanda ecc. Per non parlare dell’ava di Elisabetta, Vittoria d’Inghilterra, che certamente amò appassionatamente il suo principe Alberto ma che nonostante tutto non gli permise mai di dimenticare che la regina, l’Unta del Signore, era lei…
Se in regime monarchico possiamo risalire fino ai tempi di Hatshepsut e forse anche prima, essendo documentate altre probabili donne-faraone antecedenti, le cose cambiano se guardiamo ai paesi repubblicani. Essi ci danno infatti una grossa sorpresa: per avere il primo presidente donna di una repubblica dobbiamo arrivare al ventesimo secolo e inoltrarci dopo la metà di esso: è infatti il 23 settembre 1953 la data storica in cui la prima donna al mondo assurse a quell’altissima posizione. E se qualcuno si aspetta che ciò sia accaduto in qualche grande e moderno paese occidentale,avrà una grossa delusione: il primato appartiene alla Mongolia. Fu lì che un’alta funzionaria del partito comunista allora al potere, di nome Suhbaataryn Yanjmaa,sessantenne, divenne presidente della repubblica, la prima al mondo, ripetiamo, nella data indicata.
Tuttavia, da qui a pensare che la piccola (in termini di popolazione) repubblica mongola sia stata all’avanguardia del femminismo ci corre e adesso vedremo perché. Infatti può darsi benissimo che la presidente sia stata una donna di valore ma più che altro aveva il background giusto per una simile carriera: inoltre non fu eletta ma subentrò al presidente Gonchigiyn Bumtsend, morto in carica.
Il suo nome ci spiega molte cose. Yanjmaa è quello personale dato che nella lingua mongola, come in altre lingue orientali (cinese, giapponese ecc) si usa premettere sempre il cognome. E dal cognome “Suhbaataryn” bisogna togliere quell’-Yn , che è un genitivo e indica quindi “(moglie) di Suhbaatar”: quello originale di Yanjmaa era infatti Nemendeyen. Se poi ci chiediamo chi fosse Suhbaatar (Damdin di nome) abbiamo una grossa sorpresa: si tratta del più grande eroe nazionale mongolo dopo Gengis Khan, colui che guidò la sua patria
nella guerra per l’indipendenza dalla Cina terminata nel 1924 con la vittoria e la costituzione di una repubblica comunista. A Suhbaatar, morto,a soli trent’anni, un anno prima della liberazione, fu dedicato nella più grande piazza della capitale Ulaan Baator un mausoleo tale e quale
a quello di Lenin.
In altre parole, la vedova di un tal uomo era un suo cimelio. (1.
Conti)
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Maria Santini è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da <b>Simonelli Editore: Matilde di Canossa, Liszt. In edizione elettronica, SeBook
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