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Saggi&Saggi Roma, 25 luglio 2005
di Maria Santini
Una grande scrittrice ci guida, settimana dopo settimana, alla scoperta delle pieghe meno note di un mondo di personaggi al femminile seguendo un itinerario intellettuale alimentato da una inesauribile curiosità di scoprire, indagare. Pagine che intrigano, appassionano e, perché no?, divertono.
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Scrivo piangendo la mia verde etade:
Isabella di Morra

“…orch’io sento da presso il fine amaro/ fa’ tu noto il mio duolo al padre caro/ se mai qui torna il suo destino acerbo….”
Il “padre caro” era un feudatario lucano, Gian Michele di Morra, e la figlia che gli indirizza questi versi disperati si chiamava Isabella e viveva reclusa con la famiglia in un castello chiuso tra monti e mare. Non avrebbe dovuto essere quella la sua sorte: nata a Napoli nel 1520, avrebbe dovuto crescere alla corte del vicerè spagnolo . Ma Gian Michele di Morra aveva commesso un errore capitale divenendo un sostenitore di Francesco I, il re di Francia antagonista di Carlo V: perciò dovette fuggire a Parigi insieme al figlio primogenito Scipione. Il resto della famiglia,cioè la moglie Luisa con gli altri figli, fu messo al riparo dall’ira degli spagnoli in quel romito castello della Basilicata. Diciamo subito che “il padre caro” e Scipione, un giovane colto e gentile che la sorella rimpianse per tutta la sua breve vita,non tornarono più.
La vita della ragazza si chiudeva prima di aprirsi.In quell’ isolamento feroce la giovane donna aveva almeno il gusto della studio e della poesia, incoraggiata in ciò da un precettore intelligente e sensibile:divenne una donna molto colta e una fine poetessa. i suoi fratelli crescevano invece incolti e violenti. La madre probabilmente non contava.
Fu il precettore della ragazza la causa involontaria della tragedia. Commosso dalla solitudine di Isabella, la mise in contatto epistolare con Diego Sandoval, un poeta spagnolo che viveva , insieme alla moglie Antonia Caracciolo, in un feudo non distante. Isabella e Diego si intesero: cominciò fra di loro un contatto episolare fatto di confidenze e di scambio di poesie. Generalmente si parla di una loro “tresca” scoperta dai Morra ma in realtà non sappiamo neppure se i due infelici si conobbero di persona.Certo è che ai fratelli bastò intercettare una lettera di Sandoval a Isabella : fu la fine. Per prima cosa uccisero il precettore, reo secondo loro di aver favorito quell’offesa all’onore della famiglia: poi la sorella, soprattutto perché temevano che rivelasse il loro primo delitto. Isabella, vittima di una cieca barbarie, moriva a ventisei anni. Con lei veniva stroncato quel talento poetico che l’ha fatta denominare “La Saffo lucana”. Per completare l’opera,poi, i Morra attirarono Sandoval in un tranello e ammazzarono pure lui.
Lì per lì sulla sanguinosa vicenda scese l’oblio. Possiamo immaginare quegli uomini rozzi e violenti che distruggono le carte di Isabella: ma qualcosa sfuggì loro. Passarono i secoli e il gracile canzoniere della sventurata ragazza pervenne nelle mani di Benedetto Croce che ne fece un caso letterario.
Isabella faceva sentire, finalmente, la sua voce.

Maria Santini
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Maria Santini  è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da Simonelli Editore:
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