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The Web Park Speaker's Corner

   

  Saggi&Saggi Roma, 2 Settembre 2006   
di  Maria Santini
Una grande scrittrice ci guida, settimana dopo settimana, alla scoperta delle pieghe meno note di un mondo di grandi personaggi lungo il filo un itinerario intellettuale alimentato da una inesauribile curiosità di scoprire, indagare. Pagine che intrigano, appassionano e, perché no?, divertono.
«Candida Soror»di Maria Santini
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Leggi il racconto per l'estate
di Maria Santini
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    Paura di che?
  
Abbiam passato ben altro
  che un temporale

    Lucia ("I Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni)


   Generazioni di studenti hanno detestato Lucia, così come hanno amato Renzo, l’Innominato e padre Cristoforo: perfino don Abbondio e don Rodrigo hanno goduto di una simpatia maggiore di quanta ne sia toccata a lei. A Lucia vengono imputate soprattutto due colpe: perbenismo e piagnistei. Lucia è quella che, tanto per dirne una, durante la drammatica fuga notturna dal paese ha il tempo e la voglia di scansare l'aiuto di Renzo: ed anche quella che non sa fare altro che piangere in ogni peripezia che affronta.
   Ma è proprio così deludente, il personaggio? Se lo guardiamo senza pregiudizi scopriremo di no.
   Per quanto riguarda il perbenismo, ricordiamo che le avventure di Lucia si datano al 1628/30, in epoca di controriforma imperante. Tutt’al più la sua può rappresentare la mentalità di una fanciulla dell’ottocento, età in cui visse il suo creatore Manzoni: l’eroina non può avere quindi la disinvoltura di una ragazza d’oggi e neppure di una di cinquant’anni fa.
   Eppure… eppure la timida Lucia si è scelta il fidanzato da sé, cosa che non è stata possibile alla pur nobilissima e ricchissima Gertrude per la quale il padre-padrone ha stabilito un futuro da monaca. La cosa corrisponde allo spirito del tempo. Una donna di alto rango era considerata dalla famiglia solo come una pedina della sua strategia, da maritare o chiudere il convento a seconda delle decisioni, sempre dettate dall’interesse, del paterfamilias: una povera contadina come Lucia, per di più priva di un padre che potesse dire la sua, si trovava ad essere mille volte più libera di disporre di sé della figlia di un principe.
   Il piagnisteo. Mi sono spesso domandata quale ragazza d’oggi, di quelle con i jeans a vita bassa, non si spaventerebbe a morte se venisse brutalmente rapita da loschi figuri e imprigionata da un famoso malvivente: per di più avendo capito benissimo di stare per finire nelle mani di un uomo che ha sempre respinto e che desidera impadronirsi di lei per stuprarla. C’è da meravigliarsi se Lucia è terrorizzata e piangente?
   Ma l’eroina manzoniana non è tutta qui: ha una sua forza interiore notevole che le deriva soprattutto dalla fede profonda. Il colloquio della povera contadina analfabeta con il suo altero rapitore, l’Innominato, al di là di ogni piagnucolio è quasi alla pari: Lucia difende la causa della propria libertà e del proprio onore con parole alte e profonde finchè alla fine proprio la sua considerazione “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” sarà uno dei cardini della conversione di quel temibile bandito.
   Sciolta dal voto di castità, quasi al termine del romanzo, Lucia si sposa e diviene un’ottima moglie, madre di numerosi bambini. E’ una donna serena, capace anche di scherzare con garbo sulle passate traversie.
   E’ indubbio che questa figura è stata ispirata a Manzoni dalla sua dolce consorte Enrichetta, da lui definita con citazione dantesca “diletta e venerata”: l’incarnazione, per lui, della sposa cristiana.

Maria Santini
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Maria Santini  è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da Simonelli Editore:
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