La tragedia di Alfieri più grande è un dramma tutto interiore: non vi troviamo nessun eroe disperato che si oppone a un tiranno ma una fanciulla, circondata dall’universale affetto, alle prese con un sentimento distruttivo che però deve rimanere segreto anche e soprattutto a quelli che la amano di più. E’ così nascosto il suo feroce dolore che un lettore ignaro del mito classico a cui l’opera si ispira conosce la verità solo al momento della tragica conclusione quando Mirra, messa alle strette, confessa il suo segreto e subito si dà la morte. Vittima solo di se stessa, la ragazza muore insieme innocente e colpevole: innocente perché non ha mai fatto nulla per realizzare in concreto la sua grande passione, colpevole perché l’oggetto del suo bruciante amore le è negato dal tabù invalicabile di ogni cultura umana: l’incesto.
Sì, la giovanissima principessa (“tre lustri e mezzo” cioè circa diciotto anni) bella, saggia, ammirata in tutta l’Ellade e destinata a splendide nozze, si consuma per una passione che cerca di combattere con tutte le sue forze, cioè quella per il padre Ciniro, re di Cipro. Ciniro e Cecri, la madre, sono una coppia così bella e fortunata da aver destato l’invidia della dea Venere che si è vendicata ispirando nella loro figlia quel tragico amore proibito. Mirra è quindi preda di un’angoscia che la consuma mentre cresce la preoccupazione, che presto si fa sgomento, degli inconsapevoli genitori e della altrettanto ignara nutrice Euriclea.
Intanto la giovane principessa chiede di affrettare le nozze con il fidanzato Pereo principe d’Epiro, da lei liberamente scelto proprio nel tentativo di sfuggire a se stessa. Ma il giovane, innamorato e quindi perspicace, si rende conto che Mirra è ben lontana dall’amarlo. Vorrebbe renderle la parola ma la ragazza insiste: si sposerà e lascerà per sempre la patria e l’impossibile amore. Ma accade che, durante la cerimonia nuziale, Mirra sia presa da una terribile crisi di ripulsa…Il rito è interrotto e Pereo , disperato, si uccide. A questo punto il re Ciniro comincia a sospettare che le sofferenze di sua figlia derivino da un amore nascosto. Allora quel padre affettuoso la incalza: se Mirra gli confesserà il nome dell’ amato , lui, che vuole soltanto il suo bene, farà in modo che lo possa avere , chiunque egli sia. Il povero Ciniro non sa quale tremenda ironia Mirra ravvisa nelle sue parole! La sventurata ragazza cerca di resistere finchè il padre fa l’atto di abbracciarla, pregandola di dirgli tutto quello che le pesa sul cuore. E allora Mirra confessa: il suo amato è Ciniro, l’unico uomo che “suo padre” non le potrà mai dare.
Ma Ciniro fa appena in tempo ad inorridire che la figlia innamorata
gli strappa la spada e si colpisce a morte: “ ti ho vendicato e mi sono punita” gli dice. Ma non morirà con l’uomo amato a fianco. Mentre i genitori, distrutti, divisi fra l’orrore, l’affetto e la pietà, si allontanano non reggendo la situazione, Mirra spira fra le braccia della nutrice Euriclea, rimproverandola di non averla aiutata ad uccidersi quando glielo aveva chiesto in precedenza: allora sarebbe morta innocente, con il suo segreto chiuso in cuore, adesso perisce come la rea confessa di un sentimento contro natura.
Maria Santini
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Maria Santini è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da Simonelli Editore: Matilde di Canossa, Liszt. In edizione elettronica,
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