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  Saggi&Saggi Roma, 11 febbraio 2006   
di  Maria Santini
Una grande scrittrice ci guida, settimana dopo settimana, alla scoperta delle pieghe meno note di un mondo di personaggi al femminile seguendo un itinerario intellettuale alimentato da una inesauribile curiosità di scoprire, indagare. Pagine che intrigano, appassionano e, perché no?, divertono.
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   Ermengarda
   non si chiamava Ermengarda

   Parrà incredibile ma è vero: Ermengarda, quella dalle trecce morbide, per intenderci, quella studiata da generazioni di studenti liceali che, adulti, ancora si ricordano dell’accusativo alla greca (“sparsa le trecce…lenta le palme…rorida di morte il bianco aspetto”: l’eroina manzoniana dell’ “ Adelchi”, insomma, non si chiamava per niente così. Anzi, peggio: il suo vero nome è sconosciuto . Per i lettori italiani può essere un colpo mentre all’estero, ove la tragedia di Manzoni è molto meno nota, altrettanto poco nota è la figura della moglie ripudiata di Carlo Magno per non dire del nome datole dal nostro scrittore.
  Ermengarda è una bella figura di eroina romantica. Manzoni immagina che l’unione della principessa longobarda con Carlo, il re dei Franchi, sia stata frutto, sì, della ragion di stato ma si sia trasformata in un matrimonio d’amore: amore superficiale e labile da parte di lui, che non esita a ripudiare la giovane sposa per motivi politici, profondo anzi mortale da parte di lei. Rimandata al padre Desiderio, Ermengarda si rifugia con il cuore spezzato nel convento di Brescia di cui è badessa una sua sorella, Ansberga: e in breve lì muore, dopo aver pianto tutto il suo dolore e tutta la sua gelosia per il nuovo matrimonio di Carlo con Hildegarde . Il suo sacrificio non è vano, commenta il poeta, perché una fine così dolorosa accomuna quella discendente di re longobardi a tutte le vittime fatte dalla sua stirpe di guerrieri duri e feroci così che nessuno insulterà mai la sua memoria e verrà anzi ricordata con pietà.
  Cosa resta di tutto questo nella realtà storica? Ben poco perché, oltre al nome della protagonista, spariscono anche tutti i sentimenti suoi e di Carlo per il semplice fatto che non li conosciamo. Ermengarda è viva solo in poesia.
  Come si chiamasse in realtà la figlia di Desiderio non è, ripetiamo, noto: solo una fonte tarda la designa come “ Desiderata” . Tutte le fonti sicure la identificano soltanto come “ filia Desideri” o “ filia regis Desideri”. L’unione con Carlo, re dei Franchi e futuro imperatore e padre riconosciuto dell’Europa, fu contrattata per motivi politici da Bertrada madre del giovane re (770) e durò meno di un anno:quando Carlo denunciò l’alleanza con i Longobardi e si preparò a scendere in Italia per invadere il loro regno, il suo atto preliminare fu quello di rimandare la sposa ripudiata al padre . A questo punto la non-Ermengarda scompare dalla storia. E’ probabile che sia finita davvero in un convento, così come ci finì l’ex re Desiderio, una volta che Carlo lo ebbe vinto. Il principe ereditario Adelchi, da parte sua dà un altro dispiacere ai lettori di Manzoni: non morì eroicamente come nella tragedia ma fuggì a Costantinopoli, da dove tramò invano tutta la vita per riavere il regno.

Maria Santini
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Maria Santini  è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da Simonelli Editore:
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