Nel Decamerone, così scintillante, così pieno di brio, non mancano però novelle patetiche e tragiche. Bellissima, fra le molte belle, è quella dedicata a Isabetta da Messina e alla sua follia d’amore e di morte. Uno scrittore meno grande ne avrebbe fatto un racconto dell’orrore: invece Boccaccio stempera i particolari anche più raccapriccianti nella disperata dolcezza e nella patetica follia della protagonista.
Isabetta è la sorella bella e gentile di tre giovani e facoltosi mercanti di Messina che non l’hanno ancora maritata : sola e rinchiusa in casa è inevitabile che la fanciulla si innamori dell’unico uomo che le sta continuamente davanti agli occhi: Lorenzo, prezioso aiutante dei tre fratelli , un ragazzo prestante e gentile. In breve tempo, Isabetta e Lorenzo diventano, felicemente, amanti.
Purtroppo una sera il maggiore dei fratelli vede entrare la sorella nella camera di Lorenzo: senza nulla dire, egli avvisa gli altri due e insieme essi consumano una vendetta silenziosa e feroce. Con la scusa di una gita, i tre, attirato il giovane fuori dalla città , lo uccidono e lo seppelliscono in un luogo remoto. Tornati a casa, non dicono una parola alla sorella. Ma Lorenzo non torna più e Isabetta comincia a chiedere di lui con insistenza finché i fratelli le impongono brutalmente di smetterla: che ha a che fare, lei, con quell’uomo?
Spaventata e sottomessa la fanciulla smette di domandare ma nelle
sue notti insonni e febbrili continua a invocare l’amato: finché una notte Lorenzo le appare in sogno, lacero e insanguinato, e le rivela, con l’atroce verità, il luogo in cui è sepolto. Seguendo le indicazioni del sogno, una sbigottita Isabetta arriva al luogo dov’ è la tomba improvvisata del suo amante e lo disseppellisce con l’aiuto della sua fantesca. Vorrebbe dargli un’onorata sepoltura, ma non è in grado , neppure con l’aiuto dell’altra donna, di trasportare quel corpo. Allora – ed ecco il particolare orribile che per la maestria narrativa di Boccaccio risulta invece altamente poetico – Isabetta spicca dal busto la testa di Lorenzo e se la porta a casa. La avvolge in un drappo prezioso, la pone in un grande vaso e la ricopre di terra: sopra pianta un cespo di basilico. Da ora in poi vivrà per curarlo e lo annaffierà solo con acqua all’essenza di rose e d’arancio e con le sue stesse lacrime. Seduta vicino al vaso, pensa che esso racchiude il suo perduto amore e piange, piange…
Il basilico, oggetto di tante cure, diventa bellissimo e profumato. Ma è destino che i feroci fratelli debbano togliere a Isabetta anche la sua ultima consolazione. Insospettiti dal suo comportamento e dal deperire della sua salute, le sequestrano il vaso e, vuotandolo dalla terra, fanno l’orribile scoperta della testa di Lorenzo riconoscibile ancora per i capelli crespi. A questo punto i tre decidono di fuggire da Messina: si suppone, anche se non è detto apertamente, che portino con sé la povera Isabetta. Comunque sia, la fanciulla muore poco dopo, sprofondata nella follia, continuando a chiedere che le restituiscano il suo vaso. E così, commenta lo scrittore, il suo disavventurato amore ebbe termine.
Maria Santini
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Maria Santini è nata a Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato in volume da Simonelli Editore: Matilde di Canossa, Liszt. In edizione elettronica,
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