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Firenze, 26 Gennaio 2014

Chi ha realmente
il Potere in Italia?

In un editoriale sul ‘Corriere’ del 24 Galli della Loggia ha magistralmente messo in risalto ed elencato chi realmente detiene il potere in questo paese: si tratta di una consorteria costituita da persone dell’alta burocrazia, importanti dirigenti d’azienda, finanzieri e banchieri, dirigenti sindacali ecc. i quali, legati da sotterranee catene e con la protezione di parte della magistratura, sono in grado di condizionare a proprio vantaggio o addirittura di rendere vano, magari approfittando del fatto che le leggi approvate dal parlamento necessitano dei regolamenti di applicazione che hanno in loro mano, il lavoro già scarso di per sé dei nostri parlamentari.
Siccome non credo assolutamente che l’editorialista abbia torto, da quanto sopra mi sembra di poter trarre qualche considerazione. La prima, e forse la più importante, è che, stando così le cose, di fatto nessun governo è realmente in grado di governare. Dal fatto inoltre che chi fa parte della consorteria, pur non avendo contratti di lavoro a tempo indeterminato (cioè la più grande iattura del lavoro in Italia), risulta inamovibile e si autoperpetua da gran tempo consegue che ben poca importanza ha chi, eletto con qualsiasi legge elettorale, governi il paese.
Apro una breve parentesi: a proposito di legge elettorale, mi sembra che quella proposta da B-R (alfabeticamente Berlusconi-Renzi e non Brigate Rosse) non specifichi cosa succederebbe se a superare il 35% fossero due partiti o due coalizioni; anche se politicamente assai improbabile, è matematicamente possibile, altro ballottaggio?. Fine della parentesi.
Tornando a noi si può concludere che, a partire dal declino del periodo democristiano (quando probabilmente mosse i primi passi la consorteria che forse sarebbe più proprio chiamare brevemente, facendo una sintesi forse un po' forte ma efficace, mafia di stato, MdS) e se non si fanno distinzioni faziose, nessun governo o capo di governo può essere ritenuto responsabile dell’avvenuto declino del paese; e sarebbe abbastanza lunga la lista dei nomi da fare per giungere fino a Letta.
Altra considerazione riguarda il chiedersi chi possa essere principalmente coinvolto nella MdS ma, a questo proposito, rimando alla riflessione n° 74 del 30/7/13 dove, spinto da altro editoriale del ‘Corriere’, avevo supposto l’esistenza di una piovra con testa bifida che oggi potrebbe benissimo essere identificata con la parte più strettamente politica della MdS; per brevità ricordo qui che avevo allora mostrato che la piovra fosse principalmente nelle mani del PD.
Infine mi chiedo se e come sarebbe possibile cominciare a scardinare lo strapotere della MdS facendone tornare la massima parte nelle mani di chi, per elezione, dovrebbe detenerlo. Così, per esempio, mi è venuto in mente che un brutto colpo alla consorteria potrebbe essere inferto togliendole dalle mani quanto riguarda i regolamenti di applicazione delle leggi per affidarne formulazione e stesura, magari non in accordo con quanto vorrebbe farne Renzi (cosa che ancora non ho capito bene), al Senato riformato. In tal modo le leggi passerebbero direttamente dal Parlamento alla firma del Capo dello Stato e quindi subito alla Gazzetta Ufficiale senza perdite di tempo. Si avrebbe anche il vantaggio di ridurre buona parte del costoso personale del ‘carrozzone’ legato ai vari ministeri e, fatti salvi forse dattilografi ed inservienti, senza preoccuparsi troppo di capi, capetti e sottocapiservizio tanto di certo ognuno di loro ha da parte il proprio ‘tesoretto’ magari nascosto bene e quindi esentasse.
Sono quindi giunto, anche se abbastanza indirettamente, a quello che considero il più difficoltoso dei compiti che deve affrontare, se vuole davvero salvare il paese, il presente leader del PD. Compito però che, per quanto detto sopra, permette anche forse di individuare il vero motivo dell’ostinata opposizione che Renzi incontra nel suo partito: nessuno infatti ama farsi sfuggire il potere dalle mani e quindi chi l’ha avuto fino ad ora cercherà, senza esclusione di colpi, di riuscire ad intralciare o addirittura ad inibire la realizzazione di quell’inizio di rinnovamento della politica italiana verso il quale, specialmente se potrà tener duro, riuscirà ad avviarsi il sindaco di Firenze supportato, credo, dalla stragrande maggioranza degli italiani non accecati dalla faziosità. E durissimo e pieno di trabocchetti sarà anche, in caso di un successo che per ora mi appare assai incerto, il successivo progredire dell’opera, ma mi auguro che Renzi seguiti ad avere la grinta che ha mostrato fin qui. Solo così potrà portare per mano il paese verso il traguardo di una vera, grande, moderna democrazia. E si guadagnerà un posto nella storia.
Ma cambiamo discorso e veniamo a qualcosa di assai meno importante e più distensivo: a tarda notte del 24, mentre ‘spippolavo’ fra i vari canali televisivi in cerca di qualcosa per addormentarmi, ho sentito Vendola, probabilmente al congresso di SEL, pronunciare in un paio di frasi i termini ‘palingenesi’ e ‘palingenetico’; siccome non so di cosa stesse parlando, e forse nemmeno mi interessava, non posso entrare nel merito, ma mi domando quanti, fra chi lo stava ascoltando ed i successivi telespettatori, fossero certi del significato di quelle parole; posso ammirare il tentativo di uscire dal ‘politichese’ ed il parlare in un italiano corretto e con i congiuntivi appropriati ma sono assai incerto circa la ‘presa’ sul popolo di uno sfoggio di cultura: credo fermamente che la semplicità nel parlare sia il miglior modo per essere capiti.
Ed a proposito di ciò mi piacerebbe conoscere un dato statistico relativo a quanti, fra appena diplomati del liceo classico (per non parlare delle altre scuole secondarie superiori), parlamentari, presentatori e sedicenti autorevoli commentatori televisivi o radiofonici ecc., conoscono, senza guardare l’indispensabile aggeggio tecnologico che li accompagna sempre, il participio passato del verbo secernere.
Credo ci sarebbe da divertirsi, magari con una gran punta di tristezza.

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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