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Firenze, 7 Giugno 2013

Ragionando
sul Presidenzialismo

In questo giorni è accesissimo il dibattito sul presidenzialismo: è c’è la solita divergenza di opinioni: c’è chi, apparentemente in accordo con Napolitano, vorrebbe lasciare le cose come stanno e cioè con l’elezione del Presidente della Repubblica affidata all’insieme dei parlamentari nostri rappresentanti. Questo, con l’attuale legge elettorale, significa che il Capo dello Stato viene eletto dalle persone che le ‘nomenklature’ dei vari partiti ci hanno imposto di votare e quindi, ritengo, è la possibiltà di gran lunga preferita da quanti, di qualunque colore, amino mantenere certi privilegi anche a costo di apparire ultraconservatori anziché amanti del progresso.
Ci sono invece coloro (e mi sembra comincino ad essere tanti) che preferirebbero che l’elezione fosse affidata direttamente ai cittadini, cosa senz’altro sicuramente più democratica ma fonte di robuste discordie anche fra gli appartenenti alla stessa fazione; in effetti questa seconda possibiltà, a seconda della legge elettorale prevalente, apre più strade in quanto, oltre alla Presidenza della Repubblica, può implicare anche la carica di Capo del Governo.
Ora, se le due cariche si assommano nella stessa persona si parla di presidenzialismo (modello: USA) , altrimenti di semipresidenzialismo (modello: Francia). A mio modo di vedere il presidenzialismo (senza ‘semi’) ha come difetto principale il fatto che un candidato, oltre ad avere grande popolarità ed eccezionali capacità, deve, per la necessità di governare, essere un politico e questo, anche se abbastanza indirettamente, ci fa ricadere nella prima ipotesi in quanto i possibili candidati saranno senz’altro espressi dalle solite ‘nomenklature’.
Almeno in linea di principio il semipresidenzialismo darebbe invece al popolo la libertà di eleggere chi vuole: per esempio, al di fuori dai candidati ufficiali della politica, un grande scrittore o un premio Nobel per qualunque disciplina o un grande artista o un eccelso campione sportivo o anche, se del caso, una persona carismatica di qualsiasi estrazione sociale; tutti, però, sicuri conoscitori della Costitizione che devono far rispettare. Però anche questa seconda possibilità mena ad un bivio: si vota e chi prende più voti vince oppure (modello: Francia) dopo alcuni giorni si procede al ballottaggio fra i primi due?
Come si vede, a forza di bivi, ci troviamo di fronte a diverse possibiltà e, naturalmente, ogni fazione (ma direi quasi che ogni singolo anche all’interno delle fazioni) cerca di tirare l’acqua al suo mulino. Così, per esempio, mentre Grillo sembra per ora intento a sparare bordate contro ogni forma di presidenzialismo, il PdL appare schierato (stavolta stranamente quasi compatto) a favore di una tale scelta; ma, al solito, la principale incertezza fra il pro ed il contro è tutta interna al PD laddove non mi sembra accenni a diminuire l’eterno dissidio fra fondamentalisti e progressisti; tuttavia, se il PD troverà prima o poi (sarebbe meglio presto) un positivo accordo interno, il negoziato con il PdL non dovrebbe presentare eccessive difficoltà e questo segnerebbe un significativo passo avanti sulla via delle indispensabili riforme.
Mi è giunta notizia che alcuni esponenti del PD vedrebbero di buon occhio un semipresidenzialismo alla francese specialmente se accoppiato con alcuni correttivi che poi non sarebbero altro che limitazioni all’eleggibiltà legate al conflitto d’interessi. Questo tanto per allontanare il rischio Berlusconi che effettivamente, come popolarità, è un rischio grosso da correre per una sinistra che ancora non sembra aver capito che il cercar di distruggere l’avversario politico non con proposte politiche credibili e realizzabili ma per vie indirette non paga (si ripensi al risultato delle ultime elezioni).
Ed il rischio Berlusconi, anche se nel frattempo è venuta fuori un’altra condanna, secondo un illuminante articolo apparso sul “Messaggero”, si è fatto ancor più reale poiché le sorti dell’altro processo, che oltre alla condanna prevedeva anche l’interdizione, sono nelle mani della Consulta che, se riconoscesse al Cavaliere il legittimo impedimento, di fatto, se ho capito bene essendo quasi digiuno di questioni legali, annullerebbe tutto facendo così ripartire ogni cosa dal principio e rimandando un’eventuale seconda condanna alle calende greche.
Così, in questo momento, la Consulta ha nelle mani le sorti della maggioranza, del Governo, e , conseguentemente, secondo quanto affermato da Napolitano nel suo discorso alle camere riunite, le sorti anche della Presidenza della Repubblica. Brutto compito. Ora io non so niente di tale organo mi auguro solamente che non decida in base a vincoli di parte ma solamente secondo giustizia e per il bene della nazione.
Nell’ultimo capoverso della ‘riflessione’ precedente (n° 67) ho esortato il Partito Democratico a sedare i conflitti interni ed a scegliersi un vero leader, possibilmente popolare e carismatico. Solo così sono certo potrà fugare il proprio ‘terrore Berlusconi’ e scoprire che il Cavaliere, anche se molto pericoloso, alla fin fine non risulterà imbattibile; tuttavia, comincio a pensare, potrà essere superato solo sul terreno della credibilità. E non mi sembra vero che un partito che , di fatto, ha in mano mezza nazione (si pensi al fatto che, anche solo dal punto di vista economico, ha dalla sua due e mezzo delle tre più grandi banche d’Italia nonché la COOP e l’Unipol oltre, ovviamente, alla ‘benevolenza’ di alcuni grossi gruppi giornalistici, industriali e finanziari ed inoltre non si fa mancare quello che forse è il più grosso dei sindacati) non sappia sfruttare a dovere tutta questa potenza ed esprimere delle nuove personalità di rilevante livello politico; ma forse i giovani validi restano impastoiati dalle troppo rigide regole burocratiche interne che limitano eccessivamente le loro libertà ed, usando un termine venatorio, impiombano loro le ali rendendo così impossibile il volo.
Oppure devo ritenere veritiero il vecchio adagio secondo cui la sinistra sa solo fare l’opposizione ma ha paura di governare?

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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