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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


n. 1 - 2 -3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - Firenze, 5 Aprile 2012

Buon appetito a tutti!

  E siamo tornati alla Pasqua che anche stavolta, nonostante la solenne penuria di quattrini, sarà accompagnata dalla solita ecatombe di agnelli e capretti, da miliardi di uova sode, dalla solita miriade di dolci variamente farciti a forma di colomba nonché dallo smodato consumo di tutti i tipi di cioccolato sotto forma di uova, ovetti ed affini variamente infiocchettati; il tutto ovviamente accompagnato da appropriate libagioni.
Insomma, anche questa, che dovrebbe essere per tutti i cristiani la più importante festa religiosa dell’anno, più che a sollevare l’anima sembra dedicata, come tutte le solennità religiose, a soddisfare la gola e lo stomaco.
Mi sbaglio sicuramente, ma, secondo me, un vero credente dovrebbe invece dedicarsi al digiuno ed alla meditazione.
Ma vaglielo a raccontare!
Come meno meno ti mettono in ginocchio sui ceci come accadeva a qualche giovane un po’ disobbediente in certi collegi tenuti da religiosi.
E il bello è che questa delle pappatorie non è una regola dettata dall’imperante consumismo odierno, no, credo risalga a moltissimi anni fa quando del consumismo non esisteva neppure il nome ma i festeggiamenti cominciavano con l’uccisione del vitello grasso le cui interiora andavano agli dei o al re (in latino regalia cioè le parti del re da cui le odierne “rigaglie”) ed il resto all’immancabile gioioso banchetto. Poi, come tutte le cose piacevoli, la tradizione è andata avanti nei secoli tramandata principalmente in quelle istituzioni che, oltre alla cultura culinaria di cui si parla ora, hanno avuto il merito di conservarci il massimo numero di documenti che riguardano la nostra storia antica.
Sto parlando delle congregazioni religiose come i conventi dove, alla coltivazione e all’allevamento di quanto serviva ed al mangiar bene o comunque al meglio possibile, si associava sovente la restaurazione o la copia di antichi documenti e la loro conservazione.
E’ comunque un fatto che, anche nei bui periodi di fame del medio evo, nelle congregazioni religiose in un modo o nell’altro il cibo fosse sempre sufficiente e questo è rimasto sempre valido nel tempo e spiega come mai, nei periodi di maggiori difficoltà, aumentino le famigerate “vocazioni”. (Ho usato il termine “famigerate” non nel significato positivo o negativo di “famose” ma in quello di “dettate dalla fame”).
In questo senso l’attuale periodo di magra con tanti giovani disoccupati dovrebbe essere favorevole alle istituzioni religiose creando un discreto numero di nuovi predicatori. D’altra parte è facile per chiunque constatare che sacerdoti o frati ascetici tipo Gregory Peck nel film “Le chiavi del Paradiso” ne esistono ben pochi: tutti rotondetti e ben pasciuti.
Con due notevoli eccezioni che però credo confermino la regola: il discusso Papa Pacelli nonché il cardinale Tonini che però non vedo più da qualche tempo sugli schermi televisivi.
Ed allora, visto che siamo vicini alla ricorrenza, buon appetito a tutti!

Attilio Taglia










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