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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


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Firenze, 16 Ottobre 2012

Si dovrebbe intervenire
anche sulle radici...

E la battaglia fra il leader del PD ed il rottamatore continua imperterrita; ieri sera i notiziari hanno riportato un singolare botta e risposta fra i due, e dico singolare perché entrambi i contendenti non hanno tenuto conto di un fatto fondamentale: il primo, parlando dal suo paese d’origine, ha affermato giustamente che una pianta per dare buoni frutti non può che basarsi sull’apporto di buone profonde radici; l’altro, per tutta risposta, ha affermato che concordava sulla necessità dell’apporto delle radici, ma che alla pianta vanno potati i rami secchi; anche lui ha ragione e forse i due potrebbero trovare un compromesso.
Ma quello che è sfuggito ad entrambi è il fatto che sono proprio le radici che tengono la pianta immobile mentre sarebbe auspicabile che questa potesse fare come quel melo della pubblicità che si sradica dal terreno e, sorridente, corre a portare i suoi preziosi frutti alla gente. Ma forse è più facile che si sradichi da terra un albero piuttosto che alcune vecchie fruste idee dai cervelli di certe persone.
Ieri l’altro sera un carissimo amico mi ha regalato il recentissimo libro «La passione di conoscere» del prof. Andrea Frova, fisico dell’Università di Roma. Fin qui ho letto solamente le prime due pagine dell’introduzione ad un libro che ritengo mi appassionerà; in esse, dopo un breve accenno al contenuto del libro, l’autore, tre anni più giovane di me, si lamenta giustamente del “continuo degrado morale del Paese, portato agli estremi limiti dall’aberrante scala di valori del berlusconismo3”. La nota 3 a pié di pagina recita tra l’altro: “Berlusconi ha appena annunciato le sue dimissioni.
Leggo su «la Repubblica» il commento del «Times» di Londra: «Era ora. Silvio Berlusconi si è svergognato da sé e ha umiliato il suo Paese con villania e inettitudine».
Io penso che la cosa veramente grave è che gli italiani lo abbiano eletto e rieletto, e abbiano tollerato per anni questa indecenza.
A parte il mancato uso di un congiuntivo dopo un verbo di opinione (i miei professori d’italiano me lo avrebbero sottolineato come minimo di rosso ma forse oggi, per l’intervenuto lassismo, è consentito anche questo) non posso che condividere quanto sopra ma vorrei aggiungere due annotazioni personali: la prima riguarda il ‘continuo degrado’ iniziato, a mio modo di vedere, quando sia il professore che io eravamo molto più giovani e cioè già qualche anno prima del ’68 e poi aumentato esponenzialmente e purtroppo, come ci sottolineano le cronache, tutt’altro che giunto al termine; secondariamente vorrei spezzare una lancia in difesa dei bistrattati italiani i quali già da diversi anni mi sembra mostrino una sempre crescente indipendenza di giudizio e non si fidino più tanto di promesse e proclami, da qualunque parte essi vengano, forse anche Chiesa compresa; e, se hanno scelto e riscelto così, non può significare altro che non erano riusciti a trovare alternative valide o almeno credibili. Questo può dipendere dal fatto che l’antiberlusconismo, pur sacrosanto, non è e non può essere un programma politico ed è stato usato abilmente all’unico scopo di mascherare la carenza, se non l’assenza, di nuove idee passibili di sviluppi ed applicazioni utili alla nazione.
Mi è dispiaciuto che Veltroni abbia preso la decisione di non candidarsi nuovamente, aveva tutta la mia stima. Ha detto che si tratta di una decisione che stava maturando da tempo: forse anche lui, come a suo tempo Gaber, ha cominciato a sentirsi fuori posto.

Attilio Taglia










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