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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


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Firenze, 1 Ottobre 2012

Tra Sfogo e Riflessione

Da alcuni giorni si sono riaperte le cacce ma in verità, qui in campagna, ho sentito sparare molto poco rispetto a qualche anno fa; ma stavolta non voglio parlare dell’arte venatoria bensì della riapertura della caccia a Berlusconi ora costretto, pover’uomo (si fa per dire), a fronteggiare:
a) il disfacimento del PdL, peraltro già da lui anticipato con proposte di rimaneggiamenti vari compreso il nome che spero non sarà “Rifondazione anticomunista”,
b) l’incarceramento, sospeso, di un giornalista a lui favorevole,
c) il trasferimento di un processo che lo riguarda dalla Sicilia, guarda caso, a Milano.
Ma il Cavaliere fa forse ancora tanta paura?
Affrontiamo brevemente gli argomenti uno per volta.
Innanzitutto penso che il vero colpo di grazia al PdL sia stato dato dallo scandalo della Giunta Regionale del Lazio dove le sacrosante dimissioni della Governatore (non mi piace “Governatrice”, mi sa di addetta al lavaggio dei piatti) a mio avviso, sono state date con eccessivo ritardo, tanto da farmi sospettare, forse ingiustificatamente, dell’esistenza di qualcosa da rimettere a posto. Mi sorprende però il fatto che, dato il diffuso il malcostume degli addetti ed essendo quasi sicuramente nelle stesse condizioni anche, quale più e quale meno, tutti gli altri consigli regionali, sia stata data tutta questa risonanza a questo caso particolare; parlando in termini evangelici, mi sembra tanto trattarsi di pagliuzza negli occhi degli altri per nascondere la trave nei propri. E questa è una tecnica politica collaudatissima e funzionante per mettere in soggezione non solo avversari ma anche qualche collega vicino ma non troppo; basti ricordare, oltre a quello di cui sto trattando, il diverso trattamento pubblicitario toccato ai casi del parlamentare della Margherita e del segretario particolare del leader del PD, l’uno strombazzato con enorme clamore e l’altro scomparso immediatamente dalle cronache.
Sento ora che anche in Piemonte ed in Emilia-Romagna c’è qualcosa che non va: per il Piemonte sembra trattarsi di una gitarella in montagna di non so chi, roba comunque di poche centinaia di euro; per l’altra regione non ho sentito notizie più precise ma credo che anche qui si tratti di roba di poco conto. Comunque, poiché non credo che i casti e puri siano tutti da una parte sola, questi due casi mi appaiono scelti apposta per gettare un po’ di polvere negli occhi e far ritenere al popolo, considerato ancora zozza, che realmente in Italia la legge e la giustizia siano uguali per tutti e che, quindi, non esista nessuno che è ‘più uguale’ degli altri.
Veniamo ora al mancato incarceramento del giornalista: non capisco perché la sentenza sia stata sospesa: forse qualcono si è accorto in ritardo, come si dice in Toscana, di “averla fatta fuori dal vaso” e di essere andato a sbattere contro il diffusissimo senso di libertà di pensiero del popolo italiano? Ma, se la legge è quella (anche se si parla già di legge iniqua), la sentenza andava eseguita ed il giornalista doveva già essere in carcere. Cos’è questa specie di rimangiarsi la parola? Forse un tentativo di clemenza? Al massimo, al giornalista poteva essere ricordato, a titolo di conforto, di aver l’onore di aver avuto, al tempo di De Gasperi, un grande, anzi per me grandissimo, predecessore nella persona di Govannino Guareschi che, rifornito di bicarbonato, se ne era andato a testa alta nelle patrie galere per motivi analoghi.
E consideriamo ora il trasferimento del processo (non so nemmeno per bene di quale si tratti o quale sia stato rivangato) dalla Sicilia a Milano ed affidato allo stesso magistrato noto, oltre che per il suo evidente antiberlusconismo, anche per una discreta serie, per un motivo o per l’altro, di buchi nell’acqua in proposito. Si tratta forse anche in questo caso di una sorta di tentativo di clemenza preventiva? Mi sembra che emerga principalmente da questi tre casi il fatto che la Magistratura senta in questo momento la necessità, magari per la tema di qualche futura limitazione al suo strapotere dovuta ad una qualche nuova legge (che tuttavia, magari impopolarmente, avrebbe comunque la prerogativa di giudicare incostituzionale), di riaffermare la propria sovranità.
Anche al di sopra dell’economia e degli interessi della nazione, come sembra dimostrare la vicenda dell’ILVA di Taranto laddove, anche se a ragione per legge, ma contro il parere sia del Governo che di alcuni sindacati nonché degli operai stessi dell’azienda che forse preferiscono rischiare un po’ la salute pur di seguitare a mantenere le proprie famiglie, si insiste a voler far spegnere gli altiforni.
Come affermato da diversi competenti si rischia così di mettere in grave crisi tutto il sistema produttivo italiano. E non sembra nemmeno che stavolta ci possa essere un qualche tentativo di clemenza. E forse è giusto così, la legge è legge. Ma mi viene il dubbio che tutta questa vicenda possa essere sotto sotto supportata (e, ovviamente occultamente, finanziata) da una o più potenze straniere (uso Russia, Germania e forse anche la stessa Cina) che potrebbero essere interessate al dissesto economico dell’Italia per poterla ridurre praticamente ad una dorata colonia ove poter godere indisturbatamente, circondati da paesaggi mozzafiato sia montani che collinari o marini, di cibi, vini ed altri prodotti che in patria non possono nemmeno sognare; ed il tutto allora, date le nostre venture condizioni, ovviamente quasi a sbafo.
Terminata la riflessione di cui sopra spero mi sia ora consentito di togliermi dal gozzo un qualcosa che mi è rimasto assai indigesto e ritorno, credo abbastanza brevemente e, per quanto mi riguarda, definitivamente, sulla vicenda FIAT.
L’amministratore delegato della ditta, nella riunione con i nostri governanti, avrebbe detto che altre nazioni, come Brasile, Serbia e Turchia, sarebbero disposte a supportare economicamente l’azienda in caso di trasferimento e che, “pertanto”, lo stesso poteva fare l’Italia. Ora mi risulta che la nostra nazione abbia già via via fornito a fondo perduto alla sanguisuga svariati miliardi e sono, “pertanto” come sopra, portato ad invitare il postulante a spostare le attività laddove meglio gli aggrada, ma suggerirei in primo luogo il più distante Brasile. All’assemblea degli azionisti poi la stessa persona si sarebbe gloriata di avere salvato l’azienda dal fallimento; ora, siccome non credo che la stragrande maggioranza degli azionisti sia costituita da persone che ricavino l’unico sostentamento da quella rendita, non credo possa esserci tanto motivo di letizia anche perché, in caso di fallimento, allora sì che lo Stato avrebbe fortunamente dovuto e potuto rilevare il tutto dando luogo ad una nuova e magari più innovativa gestione salvaguardando così le migliaia di dipendenti.
Inoltre ritengo che, nel decantato salvataggio, lui, di suo, possa averci messo principalmente l’indubbia abilità imprenditoriale ma, poiché, come dice un vecchio adagio toscano, “senza lilleri non si lallera” tali lilleri dovessero provenire da qualche parte e, molto probabilmente, da “oscure” finanziarie indirettamente arricchitesi a nostre spese. Ora, per le attuali necessità, come credo abbia molto appropriatamente suggerito non so se un politico o un sindacalista, si rivolga quindi alle stesse fonti.
E bon pro gli faccia.

Attilio Taglia










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