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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - Firenze, 4 Agosto 2012

A proposito
di Olimpiadi...

  Non riesco a capire come mai certi eventi non mi appassionino più come prima; sto parlando delle Olimpiadi. Ma la mia deve essere una specie di indifferenza dovuta all’età oppure agli innumeri casi di doping, di risultati falsati dal gioco degli scommettitori o da tresche di vario tipo che hanno coinvolto quasi ogni genere di avvenimento sportivo.
Comunque, con somma diligenza, mi sono sorbito fino a tarda notte l’eccessivamente lungo, pomposo ed autocelebrante rito dell’accensione del braciere olimpico. Poi il distacco, con l’esclusione del sabato sera quando, avendo a cena figli e nipotine, venivano seguite le vicende del fioretto femminile dove, ormai certi l’oro e l’argento e data per sconfitta la Vezzali indietro di un buon numero di stoccate, eravamo andati a tavola. E devo dire che, più tardi, l’aver saputo che l’atleta italiana, con un evidente improvviso risveglio della sua classe, aveva conquistato per noi anche il terzo scalino del podio, ha destato in me una certa piacevolissima emozione che non sentivo da tempo. Poi però, indipendentemente dai risultati positivi o negativi dei nostri atleti che tuttavia devono essere stati abbastanza buoni se due giorni fa un amico inglese si è preso la briga di inviarmi una e-mail complimentandosi per la nostra incetta di medaglie, mi è ripiombato addosso il disinteresse. Così mi limito ad ascoltare quanto succintamente riportato in proposito dai telegiornali e sono quindi informato dei flop della Pellegrini ormai forse più impegnata a diveggiare e per la quale intravedo un possibile futuro cinematografico in ruoli alla Esther Williams o come emula del Tarzan di Johnny Weissmuller; ma è giovane e forse si riprenderà.
Un commentatore televisivo ha però accennato che i guai del nuoto italiano sarebbero legati ai troppi cambi di allenatori; quello che mi chiedo è se atleti in grado di partecipare ai giochi olimpici, e che quindi dovrebbero sapere, a meno che non siano esclusivamente dei bambinoni istintivi, capricciosi e con poco cervello, quali siano le condizioni di alimentazione e di allenamento loro più propizie, abbiano realmente bisogno di allenatori o se questo è un altro modo di pagare qualcuno che magari non serve ma ha parenti ed amici opportunamente dislocati.
Pochi minuti fa ho sentito che un canoista a me assolutamente ignoto ci ha regalato la terza medaglia d’oro; indubbiamente, se andiamo avanti così, daremo un’altra dimostrazione, anche se indiretta, del fatto che non ci siamo messi a piangerci addosso e che siamo in grado di risalire la china. Ed infatti lo stesso premier Monti ha detto che si incomincia ad intravedere la luce alla fine del tunnel. Ora la matematica ci insegna che, quando si è arrivati al fondo di una buca, non si può che risalire qualunque sia la direzione presa; ma il problema è appunto quello della direzione da pendere se andare avanti o tornare indietro, oppure se andare verso sinistra o verso destra. Come già detto in ogni caso si risalirà, ma le prospettive sono diverse.
Andando poi a cercare fra i vari canali televisivi qualche vecchio film da rivedere (se ne trovano abbastanza specialmente ora in periodo di vacanze) ho sentito, da un notiziario di una TV locale, un frammento di un discorso di un commentatore che discuteva sulla possibilità della reintroduzione dell’imposta patrimoniale.
La cosa mi ha fatto tornare un po’ indietro nel tempo, a quando cioè, agli inizi del governo Monti, mi aspettavo e mi sembrava logica l’introduzione di tale imposta per reperire immediatamente i fondi necessari ad un abbassamento del debito pubblico. Naturalmente intendevo tale imposta applicata a tutti indistintamente, compresi quindi patrimoni di partiti, sindacati, deputati, senatori, magistrati, finanziarie, grandi aziende (tipo FIAT), banche, compagnie di assicurazione, grande distribuzione, grandi club sportivi eccetera, senza cioè escludere nessuno perché “dei nostri”. Ma il governo non ne fece di niente, limitandosi a quella mini-patrimoniale chiamata IMU poi avversata (ma pagata) da tutti. E mi chiesi perché un governo di grandi esperti di economia e finanza, che avrebbe potuto introdurre quell’imposta invisa senza rischi, non lo avesse poi fatto: evidentemente prevedeva dall’applicazione più danni che benefici.
L’unica spiegazione che, da assolutamente incompetente, mi sono potuto dare riguarda quella che il passare del tempo mi ha insegnato a ritenere forse la più importante regola non scritta dell’economia: “E’ più facile che faccia altri soldi chi già ce ne ha”. E, se il governo ha ragionato così, certamente, per sperare in una rapida ripresa, non poteva sottrarre denaro a chi fosse in grado di investirlo proficuamente a vantaggio di tutti così come non poteva infierire, essendo i campi ben in vista, misurabili e senza possibilità di occultazione, su una già misera agricoltura.
Ma, mentre io mi perdevo nelle chiacchiere qui sopra, il canottaggio ci regalava un’altra medaglia d’argento. L’oro delle nostre eccezionali fiorettiste mi ha invece colto mentre stavo rileggendo ed apportando qualche modifica a quanto scritto. Sono più che soddisfatto di tali risultati anche se devo confessare che l’evento sportivo che più mi ha colpito fin qui quest’anno (oltre al bronzo della Vezzali) è stata la vittoria del Gran Premio di Germania da parte di un pilota spagnolo su macchina italiana messa a punto, a quanto mi dicono gli esperti appassionati di casa, da un ingegnere greco.
Con buona pace di tutti gli altalenanti spread.

Attilio Taglia










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