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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


n. 1 - 2 -3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - Firenze, 19 Marzo 2012

Presidente,
ricorda Gaber?

  Non mi piace il nostro inno nazionale, Non mi piace la musica e non digerisco neppure le parole. Lo rispetto e devo sopportarlo. Per legge.
La musica: un’insulsa marcetta che ricordo benissimo di aver visto ballare come samba in un precedente periodo, nei primi anni Cinquanta, in cui era in voga il latino-americano. E poi le parole: a cominciare da fratelli (a pensarci bene non lo siamo nemmeno adesso) per proseguire con l’Italia (ancora all’epoca inesistente e che sarebbe diventata nazione circa 15 anni dopo); viene poi l’elmo di Scipio (simbolo troppo guerresco) da indossare alla ricerca di una Vittoria (contro chi e perché?) schiava di Roma (forse ai tempi dei romani, ma non certo degli italiani a parte il fortunato ’15-’18). Quanto poi allo stringersi a coorte mi sembra che gli italiani siano troppo individualisti per farlo volentieri; passando all’esser pronti alla morte, anche se recentemente ne abbiamo avuti purtroppo anche troppi esempi e neanche direttamente a favore dell’Italia, la ritengo una cosa che addirittura non sia nella natura umana. E poi, quando l’inno fu scritto, forse poteva servire a spronare verso qualcosa ma oggi (a meno che non lo si possa riutilizzare per spronarci ad uscire da questa Europa che mi appare sempre più “invadente”) lo ritengo sorpassato ed inutile.
Spero con questo sfogo di non beccarmi una qualche accusa di vilipendio delle istituzioni, ma, in questo caso, credo dovrei essere seguito in galera da un buon numero di connazionali; inoltre l’accusa dovrebbe attenuarsi in vista del grandissimo precursore che, stando ad internet, ho avuto: risulta infatti che allo stesso Mazzini non piacesse l’inno e che questi avesse chiesto a Mameli di scriverne un’altra versione da affidare alla musica di Verdi. Ma fu un secondo disastro.
Ora, siccome non mi piace criticare e basta, passo alla fase propositiva; però prima faccio una piccola digressione: io mi sono “beccato” diversi inni: la Marcia Reale accoppiata all’Inno a Roma (di Orazio e con musica di Puccini) durante il ventennio, poi, subito dopo il passaggio del fronte e fino al ’46, mi sembra di ricordare che fossero usati sia il coro del Nabucco che l’Inno al Piave; fine della digressione.
Per vari evidenti motivi nessuno degli inni citati potrebbe essere riproposto oggi ma io ho in mente delle parole ed una musica che dovrebbero andar bene a tutti. E’ il ritornello del celebre brano di Gaber sulla “libertà”.
Ho avuto la fortuna di ascoltarlo in teatro in due occasioni e in due città diverse ma le ovazioni, perchè di questo si trattava, al termine del canto, cui sempre si associava in piedi tutto il teatro, erano unanimi.
In effetti, la parola “libertà”, tanto cara al centro-destra, viene associata alla parola “partecipazione” tanto cara al centro-sinistra e forse il tutto potrebbe andar bene anche alla Lega visto che l’autore è lombardo e non si parla di Roma. La musica inoltre, forse un poco rallentata, potrebbe assumere quel tono solenne che si addice ad un inno.
Credo altamente improbabile che il Presidente della Repubblica venga a conoscenza di questo mio sproloquio, ma, semmai accadesse, lo inviterei a fare un pensierino sulla mia proposta.

Attilio Taglia










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