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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


n. 1 - 2 - Firenze, 13 Febbraio 2012

Quell'Inchino a Rimini...

  Questa consuetudine delle navi da crociera di “omaggiare” i posti di villeggiatura mi ha fatto tornare molto indietro nel tempo, circa il 1937, quando dalla natia Forlì (allora FO) andavamo “a fare il mare” a Rimini.
Eravamo ovviamente in albergo e ricordo una sera in cui, verso la fine della cena, la sala da pranzo cominciò a svuotarsi per essere quasi deserta prima che io finissi quello che avevo nel piatto.
Io fui spedito a letto ma le mie sorelle, più grandi rispettivamente di cinque ed otto anni, furono portate a vedere il grande evento: il passaggio del REX.
Quando, il giorno dopo, ne parlai con loro, la più grande si mostrò tutta entusiasta dallo spettacolo dello sfolgorio delle luci mobili sull’acqua scura, la più piccola, forse meno fantasiosa e che magari avrebbe preferito qualche ora di sonno in più, commentò che in fin dei conti era una “barca” che passava.
Il REX che, se ben ricordo, aveva vinto il nastro azzurro cioè il record di traversata dell’Atlantico, era l’orgoglio della marina italiana e, di conseguenza, del fascismo e di Mussolini. Ma vedrò di ritornare sul Duce in altro momento; qui devo però riconoscere che questi ricordi furono ridestati in me anni fa quando vidi per la prima volta “Amarcord” di Fellini e pensai che io c’ero. Quello, per me, è rimasto il miglior film di Fellini seguito da “I vitelloni”.

***

A proposito di cinema, mi sembra che, da quello che vedo o rivedo in televisione saltando da un canale all’altro per evitare fictions e compagnia bella, tutta la cinematografia, non solamente quella italiana, stia annaspando nel vuoto.
Forse non ci sono più soggettisti degni di questo nome e si devono riadattare in veste moderna o addirittura fantascientifica vicende già raccontate da altri risalendo, indietro nel tempo, magari fino ai Sumeri che, inventando la scrittura, dettero una certa stabilità alla trasmissione orale di qualsiasi genere di eventi.
Sembra quasi che, come in chimica e fisica esistono le leggi di conservazione della massa e dell’energia, così, nella cinematografia e, per quello che ne so, anche nella letteratura, esista una legge di conservazione delle idee.

Attilio Taglia










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