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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - Firenze, 1 Agosto 2012

Ma forse studia
per la Presidenza
della Repubblica...

  In questi giorni di grande pessimismo economico-finanziario un evento riportato da un notiziario mi ha fatto riflettere un po’. Si tratta del ritorno di moda delle riparazioni: sembra che, spinti dalla necessità di evitare spese maggiori, gli italiani abbiano riscoperto l’arte del rammendo e della risuolatura oltre che, ovviamente, delle riparazioni di elettrodomestici e quant’altro.
Può darsi che, se questa situazione di povertà durerà ancora a lungo, un buon numero di disoccupati possa convertirsi al probabilmente redditizio mestiere di riparatore di qualcosa. In fin dei conti non è poi eccessivamente lontano il tempo in cui i ciabattini, col loro deschetto quadrato pieno di lesine, trincetti, pece, spago, chiodini e arnesi per lucidare di cui mi sfugge il nome tiravano avanti con le loro famiglie riuscendo anche a far studiare i figli. Analogamente ricordo benissimo che in molte mercerie c’erano, sedute in qualche angolo, signore o signorine intente a riammagliare le calze di seta prima e di nailon dopo; ritengo però che oggi questa seconda possibilità di guadagno sia abbastanza remota perché le calze di quel tipo, con reggicalze eccetera, mi sembra siano usate solamente da indossatrici o ammaliatrici di professione. E come dimenticare le donne di casa intente a rammendare i calzini con l’uovo di legno o, per i più raffinati, di marmo. E c’erano altresì le rammendatrici di mestiere capaci di ricostruire con ago e filo trame ed orditi anche di stoffe pregiate. Certo che allora, nonostante i mezzi limitati, i materiali impiegati nelle confezioni erano assai migliori di quelli di oggi: le tomaie delle scarpe, di vera pelle, reggevano tranquillamente più di una risuolatura ed i cotoni da rammendo erano talmente resistenti che per spezzarli staccandoli dai rocchetti bisognava stare attenti a non tagliarsi le dita.
Inoltre quasi tutte le donne sposate, compresa mia madre, avevano nozioni assai più che elementari di taglio e di cucito e spesso, con l’aiuto di qualche bambola, si facevano gli abiti da sole con la sola spesa delle stoffe comprate magari, scegliendo magistralmente, nei negozi di scampoli. Naturalmente quelle che si dimostravano più brave cominciavano poi a vestire prima qualche amica poi, una ciliegia tira l’altra, delle conoscenti fino a diventare delle vere e proprie sarte di un certo nome. Sto parlando del dopoguerra, degli anni cinquanta e forse anche degli anni sessanta: allora, praticamente, c’era una macchina da cucire in ogni casa e le figlie imparavano dalle madri e così via. E lo stesso accadeva per il far da mangiare: si tramandavano di madre in figlia le specialità culinarie della famiglia. Anche i figli maschi: cominciavano ad imparare dal padre e così, per esempio, nelle campagne qualunque bambino di dieci anni sapeva mungere, martellare ed arrotare le falci, governare gli animali eccetera.
Oggi è tutto cambiato ed il tempo che veniva dedicato a questa educazione, diciamo così, di famiglia viene invece impiegato pricipalmente per lo studio ed il risultato è sono poche le ragazze che sanno cucinare o tenere l’ago in mano ed ancora meno i ragazzi che riescono fare qualcosa di utile in famiglia; stanno diventando tutti esperti di computer e navigatori virtuali oltre che assidui frequentatori di discoteche.
Non che ci sia niente di male in tutto questo, i giovani hanno il diritto, e direi quasi il dovere, di divertirsi almeno fin che sono tali. Tuttavia, anche se non li sento più nominare, e dubito che ne esistano ancora, certi istituti tecnici di un tempo, in cui gli allievi,dopo le scuole medie, venivano indirizzati, che so, verso la carpenteria lignea o metallica o verso pratiche di orticoltura o giardinaggio, forse sarebbe il caso di farli ripartire o di reclamizzarli e potenziarli se ne esistono ancora. So che fioriscono scuole di culinaria, è già qualcosa visto che abbiamo una grande tradizione in proposito, ma non succederà poi che ci saranno troppi cuochi a guastare la cucina?
Purtroppo le notizie cattive è difficile che vengano da sole: ecco infatti che le agenzie di “rating” declassano la già povera Italia che cerca affannosamente di rimettersi in piedi; sembra però che i mercati non abbiano accolto tanto favorevolmente il suggerimento sospettando forse che, data l’accurata scelta del momento di darne notizia per arrecare il maggior danno possibile, vi fosse sotto una specie di tentativo di vendetta per le inchieste della Procura di Trani. Oppure, e sarebbe cosa assai saggia, gli investitori cominciano a sfiduciare le agenzie stesse delle quali, se ho capito bene, non si arriva a comprendere quale sia il gioco ed a favore di chi; certo che, essendo queste ultime tutte americane, un sospettino mi viene. Ma non so dove si potrà andare a finire.
Comunque anche quest’ultima cattiva notizia deve essere considerata come uno stimolo per noi italiani a tirar fuori le unghie, a sfruttare, con l’intelligenza che non ci fa difetto, quel grande dono che ci ha fatto la storia e che si chiama arte di arrangiarsi. Ma non bisogna aver paura di rimboccarsi le maniche e lavorare anche duramente partendo senza vergogna dal basso per raggiungere mete ambiziose. Solo così sarà possibile ottenere contemporaneamente soddisfazioni personali e vantaggi per tutta la nazione.
E soprattutto consiglio, specialmente ai giovani, di non perder tempo ad ascoltare i dibattiti sui matrimoni gay, lo so che ci si gioca l’appoggio politico della Chiesa che significa un buon 70% di probabilità di vittoria elettorale; allo stesso modo essi devono fare orecchi da mercante circa la ricandidatura o meno di Berlusconi: entrambe le cose mi sembrano solo pretesti per far credere alla gente che qualcosa di importante si agiti nella politica italiana. Bisogna infatti convincersi che, se non si verifica un radicale cambio di mentalità (che vedo poco probabile) nei politici nostrani, qualsiasi governo, sia di sinistra che di destra, possa uscire dalle prossime elezioni plitiche sarà irrimediabilmente bloccato dalla maledetta partigianeria della parte perdente. E Monti, che questo lo sa da sempre, si è già escluso da possibili ricandidature.
Ma forse studia per la Presidenza della Repubblica.

Attilio Taglia










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