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L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.


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Firenze, 27 Maggio 2012

A proposito
di morti e cimiteri...

  Quando, durante le mie meditazioni in attesa del sonno, alcune notti fa mi tornò in mente senza apparente motivo “la derelitta cagna ramingando”, ricordandomi dov’era ma non quale fosse il motivo della sua presenza, mi sentii costretto a memorizzare la cosa per andare a rileggermi, il giorno successivo, “I Sepolcri” del Foscolo. E devo dire che, come il carme mi era piaciuto quando avevo dovuto studiarlo per la scuola, ancora oggi devo riconoscerne la bellezza; devo però aggiungere un commento legato molto probabilmente al fatto che, adesso, le conoscenze mitologiche che avevo fresche da studente sono andate a farsi benedire e sono stato costretto, alla fine della rilettura, a considerarmi come un Don Abbondio nei riguardi di Carneade (a proposito, chi era davvero costui?).
In effetti non mi rendo ancora conto per bene del perchè poeti e scrittori di quel periodo, ed anche a seguire almeno fino a D’Annunzio, dovessero fare, nelle loro opere, tale sfoggio di pura erudizione citando per nome ninfe, amanti varie di Giove (altro che il nostro precedente P.d.C.!) ed altri personaggi mitologici dalle gesta non facilmente identificabili; forse ritenevano che le loro opere dovessero essere destinate esclusivamente ad una ristretta cerchia di persone altrettanto erudite ed in grado di promuoverli fra i grandi. Se le cose stessero così, per il Foscolo bisognerebbe dire:”Missione compiuta”, infatti, giustamente, la sua tomba è in Santa Croce.
Dopo questa premessa si potrebbe essere indotti a pensare che io sia una persona che puntualmente, ogni due Novembre, vada a portare fiori nei cimiteri: niente di più sbagliato, mi si può, anche a ragione, considerare un incivile, ma io non ho il culto dei morti e non apprezzo certe manifestazioni che sono, molto spesso, solamente esteriori o dettate dalla consuetudine. In altre parole quello che sento per certe persone che non ci sono più rimane gelosamente nascosto dentro di me.
Questo non vuol dire che non apprezzi la bellezza di certi cimiteri monumentali laddove la vanagloria di certi potenti ha voluto ornare di vere importanti opere d’arte il luogo dove restare dopo la fine; o che non mi sia perso a leggere un buon numero di lapidi quasi sempre, a torto o a ragione, altamente elogiative e talvolta scritte anche bene; ma fra queste, anche se non ne ricordo bene le parole, me ne è rimasta impressa una, in un cimitero senese, nella quale il morto descriveva se stesso quasi alla maniera di Cecco Angiolieri con l’evidente intento di smitizzare la morte prendendosi, e prendendola, in giro.
Devo anche ammettere che ho provato una certa commozione, forse legata alle mie giovanili letture sulla guerra del ’15-’18, quando ho visitato il Sacrario Militare di Redipuglia con tutti quei “PRESENTE” scolpiti sui gradoni; così come, forse al contrario, mi inducono a riflettere la semplicità ed il senso di pace di alcuni piccoli cimiteri di campagna con poche croci di legno neanche perfettamente allineate.
Posso anche comprendere, e mi sembra anche giusto, che siano oggetto di ricordo perfino monumentale certi grandi statisti, eroi, artisti ed, in genere, benefattori del genere umano, ma non mi sembra che riconoscimenti del genere possano essere indebitamente estesi solo perchè qualcuno “se lo può permettere”. Inoltre, mi contraria abbastanza il fatto che la, per me anche simbolicamente importantissima, Tomba del Milite Ignoto sia stata posta ai piedi di quel trionfo marmoreo di dubbio gusto che fu eretto ad onore di Vittorio Emanuele II.
L’avrei preferita isolata, magari appunto in un prato di campagna dove la mancanza di elementi di distrazione avrebbe potuto aiutare un eventuale visitatore a riflettere sull’insensatezza delle guerre.
Mi si potrebbe ora obiettare, forse anche a ragione, che non è vero che non ho il culto dei morti; posso anche concordare, forse quello che non ho è il comune culto dei morti, altrettanto difficile da definire quanto il comune senso del pudore, ma evidente a chiunque si trovi a passare nelle vicinanze di un cimitero nei primi giorni di Novembre.
Forse c’è anche un motivo non, diciamo così, sentimentale nella mia presa di posizione: ed è la mia avversione per tutto quello che riguarda la fiorente “Industria del Caro Estinto”: mi è stato attendibilmente raccontato di litigi fra infermieri ospedalieri per fare attribuire a questa o quella agenzia di onoranze funebri le esequie di un paziente appena deceduto. Altro motivo che mi lascia perplesso è la purtroppo necessaria continua espansione, in orizzontale od in verticale, delle strutture cimiteriali: si pensi per esempio al fatto che, nel principale cimitero di Firenze, per raggiungere i luoghi di riposo dei propri estinti, è ormai inevitabile usare un piccolo autobus che si inoltra fra le tombe; forse sarebbe necessaria, in materia, una nuova legislazione semplificatrice. Ma figuriamoci se, nelle condizioni in cui siamo, il Parlamento ed il Governo penseranno mai a cercare il tempo di occuparsi anche dei morti.

Attilio Taglia










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