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Firenze, 26 Ottobre 2013

Ma dov'è
un vero Leader?

Mi ha colpito il gesto di quella signora, assessore del PD, che ha inneggiato a Mussolini ed è stata costretta a dimettersi. Non voglio entrare in alcun modo nelle vicende interne a quel partito ma, secondo me, quella signora, magari validissimo assessore, voleva solamente affermare che, in questo momento, l’Italia avrebbe bisogno di un uomo, o una donna, diciamo un personaggio, forte, ma ha solamente sbagliato a scegliere l’esempio. E, se questo era il suo intento, lo ritengo più che condivisibile; ma purtroppo non vedo, fra tutti i politici nostri rappresentanti senza distinzione di parte, chi possa avere una ‘caratura’ tale da avere la forza (anche con un robusto supporto elettorale tale da garantire la maggioranza in entrambi i rami del parlamento) di smantellare le possenti strutture del partito della spesa pubblica (PdSP, rifl. n° 76) e rimettere in piedi questo paese.
Abbiamo da tutte le parti, oltre ai vecchi ed ormai logori, stanchi e cristallizzati esponenti politici di lungo corso, molti che mi appaiono più che altro ‘bravi bambini’ (faccio per dire, trattandosi di ultratrentenni) allevati nelle scuole di partito, profondamente rispettosi di quanto loro insegnato e quindi apparentemente completamente sprovveduti di quell’assoluta indipendenza di giudizio che costituisce lo ‘sprint’ tipico dei veri leaders. E forse proprio per questo, e cioè per darsi un ‘tono’, spesso si accapigliano fra loro per questioni interne di irrilevate importanza rispetto ai grossi guai dai quali il paese sta cercando assai faticosamente ma con poco successo di uscire.
Forse, a sinistra, sembrava distaccarsi da quest’ultimo ‘cliché’ il sindaco di Firenze che in questi giorni quasi tutti gli organi di stampa danno come certo prossimo leader del PD; dico sembrava perché mi pare che negli ultimi tempi abbia molto attenuato quella ‘verve’ piuttosto aggressiva che lo caratterizzava in precedenza e che prometteva solenni cambiamenti innovativi nel suo partito ai quali, secondo l’opinione di molti, sarebbero necessariamente seguiti anche positivi cambiamenti per il paese.
Forse questo per me nuovo atteggiamento è dettato dal cercare di attrarre a sé sia la parte più a sinistra del suo schieramento che quella (si fa per dire) più a destra cercando contemporaneamente, in caso di elezioni, di ‘rubare’ sia ai grillini che al centrodestra; ma non sarà che questo continuo ondeggiamento fra posizioni diverse possa rivelarsi inviso agli ormai scanzonati elettori italiani che in questo momento non credo apprezzino troppo chi cerca di piacere a tutti?
Ma ammettiamo pure che Renzi stravinca al congresso di dicembre e diventi realmente il leader dei democratici, quello che io mi chiedo è se riuscirà a mostrare una personalità tale da almeno iniziare quella ‘rivoluzione’ che sostiene ci voglia per l’Italia e che deve necessariamente partire da uno stravolgimento del suo partito tale da renderlo realmente moderno, democratico e progressista e non più arroccato sulla conservazione di posizioni politiche ormai superate. Avrà la possibilità di riordinare il grande potere economico del partito o, per esempio, di seguire gli ottimi consigli dati ieri sul ‘Corriere’ da Alesina e Giavazzi nell’editoriale dal titolo: “Lasciate spazio a chi sa fare”?
Gli sarà consentito di smantellare, a partire dal suo partito, le ragnatele clientelari annidate ovunque all’insegna di ‘questo è dei nostri’ facendo emergere invece le persone valide?
In altre parole potrà riuscire almeno a limitare lo strapotere del Partito della Spesa Pubblica?
Io dico di no. E mi spiego: innanzitutto ritengo che la presente ‘nomenklatura’ del PD abbia ancora tutta la potenza necessaria e sufficiente per evitare di farlo diventare il segretario del partito e secondariamente, anche se questo non le riuscisse, metterebbe in atto tante di quelle pastoie e trabocchetti da rendergli praticamente impossibile la pur tanto necessaria ‘rivoluzione’. Inoltre, e questo è un mio punto di vista che può anche essere sbagliato, il sindaco di Firenze non ha ancora le caratteristiche di un leader, ma forse potrebbe anche diventarlo entro qualche anno se riuscisse nei suoi intenti e guidasse un PD riformato verso il successo trascinandosi quindi dietro anche l’Italia. Allora sì che potrebbe anche essere chiamato ‘l’uomo della provvidenza’. Ma, ripeto, non ci credo.
Per pietà, dato quanto sta accadendo, evito di parlare del Pd/Forza Italia dove davvero, dopo che Alfano si è appiattito (forse opportunamente per il paese) accanto a Letta, non vedo chi possa succedere come leader al cavaliere del quale ho sentito qualche ora fa in un notiziario brani di un programma ripetitivo letto per giunta stancamente.
Ma forse ci tornerò sopra più avanti.

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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