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Firenze, 8 Luglio 2013

Il Tiro
al Piccione

Ero convinto che il tiro al piccione fosse stato abolito da diverso tempo e, devo dire la verità, all’epoca in cui fu deciso di passare ai bersagli d’argilla un po’ mi dispiacque perchè in quella disciplina gli italiani avevano sempre primeggiato, in campo internazionale, in fatto di medaglie; e questo grazie sia all’indubbia abilità degli atleti che alla superiorità delle armi messe a disposizione dalla nostre fabbriche. Inoltre era noto che i volatili uccisi andavano ad arricchire le mense di ospedali, carceri ecc... Comunque la nostra abilità di tiratori si è sempre confermata anche dopo: evidentemente siamo naturalmente portati a sparare dritto forse anche perché l’Italia è stata a lungo una delle culle di quello sport chiamato caccia che ora strane leggi fanno languire preferendo che la selvaggina (leprotti, fagiani, starne, ecc.) sia sterminata da protettissime volpi, faine, donnole, falchi, cornacchie e chi più ne ha più ne metta.
Come sono lontani i bei tempi in cui un cacciatore che aveva la ventura di uccidere una volpe se ne andava a mostrare la preda a quanti avessero pollai nei dintorni tornando poi a casa carico di fazzolettoni da spesa (quelli a quadri blu, da rendere dopo) gremiti di uova fresche e, magari, con nella saccona anche un gallettino col collo tirato da poco!
Mi sono lasciato trasportare dall’onda dei ricordi, me ne scuso e vengo a quello che volevo dire oggi. Nel PD sta cominciando a venire allo scoperto la congerie di piccole guerricciole fra capetti protetti da questo o da quel capocorrente e così, per esempio, è notizia di oggi che uno di questi pretendenti, di cui non ricordo già più il nome (Civati?), si candida alla guida del partito per riportare in auge Rodotà (ora scaricato anche dal M5S) e Prodi.
D’Alema invece propone che diventi leader un certo Cuperlo di cui non conosco le gesta; probabilmente Bersani ha in mente qualchedun’altro ancora ed immagino che alcuni un po’ più ‘grossini’ come Fassina e Franceschini non tarderanno a farsi avanti.
Tutti questi comunque sono espressioni della presente conservatrice dirigenza del partito che, accampando la scusa di non voler far cadere il presente governo, fa una neanche troppo sotterranea guerra (il tiro al piccione appunto) all’unica persona che, forte anche di un robusto supporto popolare, vorrebbe, almeno nelle intenzioni, trasformare il partito da conservatore in veramente, e non solo a parole, progressista.
Mi appare evidente però che tale impresa vada a cozzare forse non tanto contro un’impossibilità politica vera e propria quanto sull’estrema difficoltà di scalzare dai loro posti di comando gli attuali detentori delle redini di un enorme potere economico quale quello del PD.
E’ ormai ovvio che questa persona è il sindaco di Firenze, persona indubbiamente vivace ed arguta e, da vero fiorentino, talmente amante delle ‘battute’ da usarle talvolta senza rendersi conto che non tutti gli italiani hanno la ‘prontezza’ tipica dei toscani e che quindi possono facilmente fraintendere quanto affermato originando strane interpretazioni. Ho già definito più volte Renzi un chiacchierone e tendo a rimanere della mia idea anche perché ogni tanto gli ‘scappano’ delle affermazioni evidentemente non troppo meditate come quella recente esortazione a Letta a ‘fare il bene degli italiani e non del PdL’. Peccato che per l’appunto, in questo momento, il bene degli italiani consista principalmente nel tentare di rimettere loro dei soldi in tasca (abbassamento delle tasse, invarianza dell’IVA, eliminazione dell’IMU sulle prime case ecc.) cioè quanto quell’odiato partito (ma forse non tanto il partito quanto Berlusconi, temibilissimo avversario in termini di capacità di accattivarsi le folle) sta predicando da tempo.
Con tutto questo però non voglio scoraggiare Renzi, anzi lo esorto, magari con un po’ più di accortezza e lasciando a parte la contemporaneità leadership-presidenza del consiglio che eventualmente verrà fuori in un secondo tempo , ad andare avanti con il suo proposito di riforma del PD, cosa che ritengo fondamentale per un reale rinnovamento del nostro paese, senza farsi fuorviare da promesse di eventuali incarichi a livello europeo (che non sarebbero altro che un altro esempio di “promoveatur ut ammoveatur”) che sicuramente lo stato maggiore del suo partito gli proporrà, con la scusa di ‘fargli fare le ossa’, pur di non correre rischi di reale rottamazione; e soprattutto, in questo momento, lo invito a sforzarsi di rassicurare tanti, resi incerti dalla propaganda giornalistica del suo partito, che non ha nessuna intenzione di scalzare Letta dalla Presidenza del Consiglio ma che anzi una riforma del PD nel senso proposto servirebbe a dargli ancora più forza rendendo la coalizione meno esposta a colpi di mano di franchi tiratori; comunque, se vedesse che le acque si intorbidano di brutto, gli suggerisco di rimanere Sindaco di Firenze anche perché ritengo che, ormai liberatisi dalle discipline di partito, gran parte degli Italiani penseranno da soli a ‘guidarlo’ dove lui vuole andare.
Trasformando così di fatto e finalmente un ‘piccione da tiro’ in una ‘colomba della pace’ politica per un paese che ne ha estremo bisogno.
Ma sarà possibile contro la volontà dei grandi capi della sua fazione a partire, ritengo, dal Capo dello Stato?

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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