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Firenze, 3 Giugno 2013

Troppi annunci
e pochi fatti

In questi giorni, a causa di pressanti impegni domestici, non ho prestato la dovuta attenzione a giornali (via internet) o notiziari televisivi: e mi sono dovuto accontentare di qualche notizia inframezzata ai programmi distensivi che guardo a tarda notte in attesa di addormentarmi. E quello che ho sentito non mi è piaciuto per niente.
Tanto per cominciare non mi piace l’atteggiamento di questo governo che mi sembra abbia già preso il vizio (ereditato da quasi tutti i governi precedenti a partire da quelli DC) di reclamizzare per realizzate iniziative (come l’abolizione dell’IMU o, peggio ancora, l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti) che o sono state solo dilazionate (IMU) o addirittura lasciate cadere (finanziamento ai partiti) volendo far credere agli italiani che il due per mille dell’IRPEF non sia un finanziamento pubblico.
So benissimo che il governo ha grossissime difficoltà finanziarie e che è quasi costretto a questi trucchetti pur di dilazionare; so anche che quello del finanzamento ai partiti è solo un decreto (o una proposta di) legge che deve avere l’approvazione del Parlamento; sì, ma figuriamoci se i nostri bravi rappresentanti si rifiuteranno di dare ossigeno ai loro partiti (a proposito, non ho capito bene se si tratta di finanziare solamente partiti veri e propri, perchè in tal caso, con abile sotterfugio politico, il M5S sarebbe escluso).
Ma, tornando a noi, quello che mi dà noia principalmente non è tanto il fatto che l’IMU rimanga o che i partiti trovino ancora il verso di spillare soldi pubblici bensì il malcelato tentativo di ingannare la gente con proclami mistificatori. E mi auguro, tanto la proposta verrà senz’altro approvata, che gli italiani, i quali mi sembra non siano più tanto disposti a credere alle favole, si guardino bene dall’avallare rigiri di questo ripo e, quando sarà il momento, si rifiutino di firmare gli appositi spazi della denuncia dei redditi. Darebbero nuova vita al più disatteso referendum del passato.
Un’altra cosa che mi dà da pensare è l’estrema lentezza con cui si passa dalle parole ai fatti: consideriamo la riforma della legge elettorale; tutti, a parole naturalmente, la ritengono indispensabile ma poi trovano migliaia di scuse per non accordarsi neanche su un fattibile accordo di minima modifica da approvare in fretta in attesa dell’indispensabile aggiornamento della Costituzione che dovrebbe anche prendere in considerazione appunto una legge elettorale degna di questo nome.
La fretta di cui sopra è dettata dalla necessità, in caso di un malaugurato ma abbastanza probabile sfaldamento dell’attuale maggioranza di governo, di dare al Capo dello Stato la possibiltà di far tornare gli italiani alle urne con una legge elettorale un po’ più credibile di quella usata ultimamente. Ma tutti sembra preferiscano baloccarsi con le varie formule con desinenza ‘um’ (‘Mattarellum’, ‘Porcellum’; tanto per aiutarli a divertirsi io suggerirei loro anche di inventarsi un ‘Bibendum’ se non altro per la simpatia del grasso pupazzo della Michelin) nel tentativo di mascherare il fatto che i nostri partiti amerebbero tornare ad imporre agli elettori la scelta obbligata delle loro ‘nomenklature’.
Però non vorrei nemmeno che, come accadde alla gatta frettolosa che fece i gattini ciechi, si tornasse in quella situazione che, grazie al finanziamento ai partiti (ora proditoriamente in via di rinnovamento) e ad una legge elettorale permissiva, dette vita anni fa ad una miriade di nuovi partitini occhieggianti solamente ai quattrini. Quanto poi all’aggiornamento della Costituzione, il Governo, come se anche qui non ci fosse nessuna urgenza, si è concesso un tempo minimo di un anno e mezzo.
Capisco che una riforma del genere vada incontro a grosse difficoltà e richieda un certo tempo per accordare i toni, ma penso anche che, in fin dei conti, la nostra Costituzione sia tutt’altro che da buttare via e vada solamente aggiornata in quei punti che più hanno risentito del passare del tempo diventando di fatto obsoleti.
Quindi l’ossatura generale c’è già ed il lavoro da fare non dovrebbe essere oltremodo impervio a patto che le diverse fazioni siano animate dalla volontà di fare il bene del paese piuttosto che il proprio.
E, se questa volontà prevarrà, allora le due fazioni che ora sostengono il governo potranno superare i loro travagli interni (il PdL la riorganizzazione per l’imminente dopo Berlusconi ed il PD la pacificazione o la separazione delle due anime, massimalista e riformista, della sinistra nonchè la ventura di individuare un vero leader rispettato da tutti) e trovare a lungo quella fattiva collaborazione che potrebbe dare all’attuale governo la durata sufficiente per realizzare quanto promesso.
“Hoc erat in votis”.

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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