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Firenze, 4 Agosto 2013

Entropia
Pappatoria
Statale

Mi ero ripromesso di smettere di leggere gli editoriali di Panebianco sul ‘Corriere’, mi inducono a ‘riflessioni’ forse di scarsa importanza ma che poi, magari sbagliando, non riesco a tenere per me; d’altra parte ero anche quasi certo di non riuscire a mantenere il proposito: sono troppo curioso. Ed infatti eccomi caduto di nuovo in quello che ormai penso sia un vizio: nell’editoriale apparso il 28/7 il grande giornalista individua, all’origine di tutti i guai economici del nostro paese, un nuovo grande, potentissimo partito cui dà il nome di ‘Partito della spesa pubblica’(PdSP). Questo partito, protetto da abilissimi ‘cani da guardia’, piazzati in punti strategici, che ne salvaguardano gli interessi, non può accettare che spese e tasse diminuiscano, anzi, per il nostro ordinamento, quelle due grandezze possono solo crescere, mai diminuire.
Quest’ultima caratteristica delle due grandezze mi ha richiamato alla mente vecchi studi scientifici ed in particolare, in termodinamica, la grandezza chiamata ‘entropia’ che ha anch’essa il ‘vizio’ di poter solamente crescere nelle trasformazioni che avvengono spontaneamente in natura; ma, per quel che riguarda la presente ‘riflessione’, interessa esclusivamente il fatto che il ricavare l’entropia per via statistica mostra che tale grandezza si rivela anche come una misura del ‘disordine’ di un sistema e quindi il fatto che possa solo crescere implica che qualsiasi sistema ordinato debba, nel tempo, evolvere verso il disordine; e questo al punto che alcuni scienziati hanno ipotizzato una fine del mondo (meglio: dell’universo in quanto il mondo per quasi tutti noi si limita al massimo a poco più del sistema solare) proprio per disordine entropico.
Ma torniamo all’insieme delle due grandezze, che interessano tanto il PdSP, e che potremmo, per analogia, definire EPS (Entropia Pappatoria Statale): per quanto tempo potrà ancora seguitare questo demenziale ‘crescendo’ prima che lo Stato italiano finisca per disordine entropico?
Purtroppo, nella presente situazione economica italiana, non mi sento di prevedere tempi abbastanza lunghi e da ciò l’imperativa necessità, per i nostri governanti, di riuscire ad arginare urgentemente lo strapotere del PdSP. Però qui si torna al cane che dovrebbe mordersi la coda perché, guardando le difficoltà frapposte all’approvazione di un provvedimento semplice, e voluto nonché votato in referendum da tutti gli italiani, quale l’abolizione del finanziamento dei partiti e che poi non sarebbe nemmeno un’abolizione vera e propria ma solamente una trasformazione nel due per mille dell’IRPEF, ci si possa rendere immediatamente conto che al PdSP appartiene anche una buona parte, forse addirittura la maggioranza, dei nostri parlamentari. E quindi temo che, per le vie normali, ci sarà ben poco da fare per chiunque abbia, o debba prendere, le redini di questo paese.
E come potranno reagire gli italiani ad una prevedibile non lontana paralisi dei poteri legislativo ed esecutivo?
Mi sbaglierò ma ritengo che, spinti dalla necessità, tireranno di nuovo fuori dal loro DNA quanto imparato in quasi venti secoli di sottomissione a malgoverni, invasioni barbariche, dominazioni e compagnia bella; rispolvereranno, cioè, la famosa arte di arrangiarsi che da sempre li ha tirati fuori dalle situazioni più ingarbugliate. In altre parole, fregandosene altamente di partiti, sindacati, ed istituzioni varie nonché, se si vuole, degli altri, ognuno proverà a far andare avanti se stesso ed i propri congiunti anche forse senza rendersi conto che un egoismo di questo tipo, esteso alla collettività, in un modo o nell’altro (cioè esautorando di fatto il PdSP) farebbe andare avanti l’intero paese. E’ chiaro che una cosa del genere si potrebbe anche chiamare disobbedienza civile causata dall’indigenza dovuta al malgoverno, ma è anche lo scenario al quale si è implicitamente riferito un ministro quando, a ragione, ha, fra le righe, cercato di giustificare l’evasione fiscale per fame.
Nella ‘riflessione’ precedente (n° 75), mi sono lasciato trasportare ed ho intessuto un elogio della prostituzione; oggi, spinto da quanto detto fin qui, sono portato anch’io a cercare di giustificare un’altra realtà, altrettanto giustamente vituperata e perseguita quanto necessaria alla sopravvivenza di centinaia di migliaia (se non milioni) di famiglie italiane: quel lavoro nero e/o minorile che, si voglia o non si voglia, ha tenuto in piedi il nostro paese a partire almeno dalla fine della prima guerra mondiale fino ed anche oltre il ‘miracolo economico’.
Anche in questo caso si tratta assai spesso, in fin dei conti, di evasione fiscale dettata da necessità come, per esempio oggi, quella di un buon numero di pensionati che, ancora attivi ed abili, si trovano qualche ‘lavoretto’ per riuscire ad arrotondare una pensione risibile ed arrivare in fondo al mese. Ecco, secondo me, la Guardia di Finanza dovrebbe ‘chiudere un occhio’ nei riguardi di forme di evasione di questo genere mentre dovrebbe essere inflessibile verso chi ‘usa’ il lavoro altrui con paghe indecenti (mi riferisco particolarmente allo sfruttamento di immigrati, regolari o meno, ‘usati’ senza alcun riguardo nei cantieri o in agricoltura). Ma anche qui, come nel caso dello sfruttamento della prostituzione, si dovrebbe combattere il ‘caporalato’ e quindi si andrebbero a ledere interessi della malavita organizzata e pertanto, come già detto nella riflessione precedente, in questo paese è bene andarci con i piedi di piombo.
In questi giorni ho volutamente evitato di prendere in considerazione il tema dominante sulle fonti d’informazione e cioè la fine del processo Berlusconi. Adesso che il ‘tormentone’ si è concluso con la prevedibile condanna non mi aspetto che possa cambiare subito qualcosa per quel che riguarda il governo, e questo almeno per la durata dell’anno che al Cavaliere rimane da scontare; dopo di che, se per caso anche l’interdizione dovesse essere ridotta ad un anno, tutto ricomincerebbe da capo. E forse sarebbe un bene perché l’unica cosa veramente preoccupante di questa vicenda è che, finito per legge l’antiberlusconismo, il PD, già indebolito da furiose divisioni interne, non avrebbe più nulla con cui mascherare la propria carenza di valide idee da realizzare per il bene della nazione.
Questo ritengo sia un grosso rischio per il nostro paese perché, quasi certamente, il centro-destra trarrà nuovo vigore (non c’è nulla di più reclamizzante dei ‘martiri’) da tutta la detestabile vicenda. E non riesco a vedere, per l’Italia, nulla di più rasserenante di un sano equilibrio (scartati entrambi gli estremismi) fra destra e sinistra.
Ma, per stare un po’ più tranquillo, mi auguro che l’Italia segua l’esempio della rediviva Pellegrini che ha dimostrato di riuscire ancora a ‘galleggiare’ assai meglio di quanto non faccia il suo Paese.

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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