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Firenze, 4 Luglio 2013

Pensaci LETTA,
meglio un giorno da leone
che 100 anni da pecora

Alcuni giorni fa, esattamente il 29 giugno, in un editoriale per me magistrale sul “Corriere”, Angelo Panebianco ha esaminato le ragioni della quasi immobiltà del governo Letta individuandole principalmente sia nell’instabilità interna dei partiti costituenti la coalizione di governo che, e forse in maniera assai più determinante, negli ostacoli frapposti a qualsiasi azione di governo dalla oscura opposizione dei vertici dell’amministrazione dello stato nonché di quanti traggono vantaggio da una spesa pubblica apparentemente incomprimibile.
A supporto della sua tesi il giornalista ricordava che nessun governo, indipendentemente dalla ‘colorazione’, è mai riuscito a combattere quest’ultimo ‘cancro’, almeno a partire dal ’94, quando Berlusconi aveva promesso sfracelli, per arrivare fino a Monti (io cito il titolone di prima pagina del “Corriere” del 23/11/ 2011: ‘Monti: ora riforme incisive’): chi le ha viste?
Naturalmente, continuava, non c’è da aspettarsi che ci riesca Letta specialmente se, pur di far durare il suo governo, seguita ad attuare la politica dei ‘piccoli passi’ e dei rinvii.
L’articolo si concludeva incitando Letta ad avere il coraggio di osare e di dare l’avvio alle tanto sospirate riforme, invitandolo a ‘volare alto’ lasciando ad altri la responsabilità di farlo cadere sul campo dell’onore. O, se vogliamo, “Meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora”.
E, direi, oggi che il Presidente del Consiglio è tutto festoso per il ‘permesso’ europeo di allentare un po’ i cordoni della borsa, l’invito di Panebianco dovrebbe essere immediatamente preso in considerazione e, possibilmente, attuato.
Ma non ci si deve nascondere che l’impresa di rendere assai meno costosa e trasparente la pubblica amministrazione incontrerebbe gli ostacoli di tutti i partiti, movimenti nonché correnti che hanno, annidati nei ministeri, nelle regioni, nelle province e nei comuni, nelle ASL e giù giù fino ai consigli di quartiere e forse anche, per estensione, le riunioni di condominio, i loro fedeli, e pressochè nulla facenti, rappresentanti.
Una cosa sarebbe comunque certa: nessuno di quanti perderebbero il ‘lavoro’ nell’operazione di razionalizzazione della pubblica amministrazione a tutti i livelli cadrebbe in uno stato di indigenza quale quello di un buon numero di famiglie italiane; solo che i partiti e le fazioni ci rimetterebbero una discreta fetta del loro potere e purtroppo questa considerazione indurrebbe a ritenere che l’unica via di metter mano all’attuale situazione sarebbe quella di un colpo di stato che azzerasse tutto per ripartire da capo.
Ma, a parte il rischio di ricadere in una dittatura, non mi sembra ci sia oggi in Italia (anche se un buon numero di ‘mezze tacche’ ci aspirerebbero) un personaggio dal carisma, dalla saggezza e dal seguito tali da renderlo degno di diventare anche solo temporaneamente la ‘guida’ per un paese da rinnovare.
Se quindi ci troviamo di fronte ad una imbattibilità di fatto dell’apparato statale mi viene fatto di domandarmi a cosa servano alla fin fine le elezioni, i partiti stessi, il Parlamento ed il Governo.
Devo forse considerarli una presa in giro utile solamente a trovare il verso di spillare quattrini alla popolazione per destinarli poi quasi esclusivamente al proprio sostentamento?
L’unica possibilità che mi viene in mente per evitare questa spirale malefica è che, se non fosse basata sulla troppo improbabile onestà dei singoli individui, l’anarchia sarebbe indubbiamente la miglior forma di regolamentazione della convivenza umana.
Tuttavia, quando ci sono di mezzo i soldi (e ci sono sempre), tutto il mondo è paese e non c’è nazione dove non ci siano scandali, evasione (nei paradisi) fiscale e raggiri economici di qualche tipo. Al punto che, perfino fra quelli che dovrebbero essere i più onesti di tutti, i prelati, c’è chi lascia la retta via attratto dal gioco della speculazione con le somme raccolte per ‘le opere di bene’; tanto che il nuovo Papa (che realmente ha il potere di un dittatore) ci sta (a suo rischio e pericolo visto quanto accaduto a Giovanni Paolo I che tuttavia aveva un molto minore seguito popolare) mettendo le mani silurando quanti sono stati fin qui dirigenti dello IOR.
Ed a questo punto non riesco a frenarmi e vorrei rispondere (utilizzando l’ultima battuta della pubblicità della CEI) a quanti mi chiedessero dove vanno a finire i tanti soldi che molti italiani destinano ancora con l’otto per mille alla Chiesa Cattolica: “Chiedetelo a loro”.
Ma passiamo a qualcosa di, per me, assai più piacevole e cioè al più che buon risultato della nostra nazionale alla Confederations Cup: non si poteva sperare di meglio da una compagine di atleti stanchi e direi quasi che quanto mostrato è di buon auspicio per il prossimo mondiale.
In effetti, se ci si pensa bene, abbiamo messo in grossa difficoltà sia chi ha vinto che chi è arrivato secondo e, cosa ancora più interessante, abbiamo inserito ottimi giovani atti, in caso di bisogno, a sostituire gli anziani.
C’è però un grosso guaio che si chiama Brasile, squadra dotata di un grande allenatore che dispone di individualità superiori e che, secondo me, ha fatto tesoro sia dei rischi corsi con noi che del nostro modo di affrontare e mettere in difficoltà uno squadrone come la Spagna. Ed in effetti mi è parso che nella finale, il Brasile abbia umiliato la Spagna proprio giocando ‘all’italiana’. E sarà un gran brutto prossimo cliente.
Ma forse, da incompetente, il mio punto di vista è solo vecchio, polveroso e retrivo ‘amor di patria’.

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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