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Firenze, 19 Ottobre 2013

Io speriamo
che me la cavo...

Andiamo per argomenti.

La Politica.
Alla fine la montagna (asse Letta-Alfano) ha partorito un ‘Topolino’ che forse è riuscito a divertire USA ed Europa ma che ha scontentato direi tutti gli italiani che, esclusi solo pochi privilegiati, non vedranno un euro in più di quanto vedano ora ma anzi, con la valanga di nuovi nomi e consistenze delle vecchie tasse, andrà a finire che rimpiangeranno amaramente l’odiata IMU; e non è che l’industria abbia avuto vantaggi tali da poter sperare in una ripartenza dell’occupazione.
Forse ci ha visto giusto il ministro Saccomanni quando ha affermato che bisognava avere più coraggio, ma evidentemente il duo, incerto sul proprio potere reale, ha deciso, democristianamente, di adottare la solita tecnica del rinvio.
I partiti (ed i movimenti) arrancano fra gravissime divisioni interne e guardano più al proprio sempre meno probabile futuro grande successo elettorale che non a quanto serve ora al paese; è notizia di ieri che perfino il senatore a vita Monti è uscito dal partito che aveva fondato (che ne abbia già previsto la fine?). E, mentre anche Grillo sembra sia in pieno disaccordo con i suoi elettti, Berlusconi non si decide a darsi pace, mettersi nel cantuccio e da lì forse riuscire a dare qualche utile consiglio a chi proseguirà la sua opera; tanto non credo possa sperare in grazie, amnistie o indulti accampati solo per salvare la faccia: ormai l’onnipotente giustizia italiana ha trovato il suo Al Capone e seguiterà a perseguirlo con miriadi di nuovi processi.

La Scuola.
Fortunatamente, secondo alcuni, siamo gli ultimi in Europa e sicuramente non molto in alto anche nel resto del mondo; fortunatamente perché l’Italia non è mai stata così prospera come quando c’erano ancora molti analfabeti ed i bambini, invece di perdere tempo nei banchi di scuola, imparavano a casa i mestieri dei genitori ed il paese godeva di abilissimi agricoltori, artigiani, muratori, carpentieri del legno e del ferro, sarti e sarte, fornai, ricamatrici e via dicendo; e non c’era bisogno di importare mano d’opera per eseguire quei lavori che oggi, con una illusoria lievissima infarinatura di conoscenze, nessun nostro giovane vuole più fare.
Ma il rallegrarsi per questo è da incoscienti perché una buona scuola dà la certezza circa il futuro di un paese. Già, ma perché siamo così messi male?
Secondo me il motivo è uno solo ed è valido sia per la scuola pubblica (in mano ai vari governi) che per quella privata (in mano principalmente alla Chiesa). Infatti da troppo tempo (direi quasi da sempre) sia lo Stato (chiunque sia al governo) che la Chiesa usano la scuola non per fornire vera generalizzata Cultura, con la C maiuscola, ma per farne veicolo (particolarmente nelle scuole primarie e secondarie, ma anche all’università) pseudoculturale di orientamento politico o religioso. Quindi, ad ogni livello, vengono prescelti, indipendentemente dall’abilità, insegnanti ‘orientati’.
E’ ovvio che da scuole così non possono uscire (con l’eccezione di non frequenti intelligenze superiori) che giovani in qualche modo ‘paraocchiati’ di incerto futuro.

L’Economia.
Vacilla perché nessuno vuole (o può) mettere mano alla vera voragine che si chiama spesa pubblica e che è la ‘fonte meravigliosa’ dove, chi più chi meno, si abbeverano tutti i partiti nonché la giustizia, la burocrazia, gli enti locali e, particolarmente al sud, il disastro sanità; e così vengono fuori le ‘pecette’ riparatrici quali quella di cui all’inizio di questo commento.

La Chiesa. Anche lei, fra IOR, pedofilia e guai interni, non mi appare in gran forma. Per caso ieri sera ho seguito a “Le iene” la vicenda del figlio (prova DNA) di un prete che, a suo tempo, aveva violentato la giovanissima sua madre: e nessuno, dal prete-padre alle locali gerarchie superiori, si degna di prendere, cristianamente in considerazione la possibilità di risarcire in qualche modo non solo la violenza ma addirittura anche lo sfratto fatto subire alla giovane madre lasciata poi sola a crescere il figlio.
Certo che scucire quattro palanche alla Chiesa è impresa direi senza speranza; con una sola eccezione: i 200 euro mandati dal Papa alla vecchietta che era stata borseggiata. Viene quasi da domandarsi se Francesco debba essere fatto santo subito oppure se si è trattato del notevolmente risparmioso prezzo di uno spot pubblicitario.

Lo Sport.
Anche qui siamo alle dolenti note e c’è aria, come in tutto il resto, di crisi e, tanto per darci un contentino, anche la nazionale di calcio, pur imbattuta, non è riuscita ad essere testa di serie ai prossimi mondiali: superata anche dalla Svizzera.

Concludendo, visto quanto sopra, non posso che invitarti, cara madre Italia, ad assumere come tuo motto la celebre frase dell’alunno del maestro Marcello D’Orta:
“Io speriamo che me la cavo”.

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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