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Firenze, 17 Novembre 2013

Cupio dissolvi
& Dintorni

Seconda ed ultima Parte

Vorrei ora esporre quanto mi è passato per la testa circa la vicenda delle giovanissime escort cui gli organi di informazione danno, a mio modo di vedere, un’importanza forse eccessiva, ma probabilmente ciò è dovuto anche alla necessità di riempire, in questi giorni in cui sembra ci sia ben poco di veramente interessante da dire, pagine e palinsesti con qualcosa che possa maliziosamente attrarre lettori e/o spettatori.
Come prima cosa ritengo opportuno far notare che, anche se quello che ha scatenato la giusta indignazione è il caso femminile, sono convinto esista un parallelo caso maschile perchè, da che il mondo è mondo, non sono ‘porcelloni’ solo i maschi; anzi, siccome, anche senza vera e propria pedofilia, la carne fresca piace a tutti, nella città dove vivevo da ragazzo, erano noti come ‘avviatori’ sia un ragazzo circa diciottenne, giovane Adone del tempo, che un agiato ultrasessantenne dai modi garbati e convincenti; parallelamente però erano altresì note un certo numero di signore ben portanti oltre la quarantina che venivano definite ‘navi scuola’ e che si deliziavano a ‘rinnovare’ i poco più che ragazzetti per la verità devo aggiungere che anche allora (più di 60 anni fa) mentre i primi erano ‘guardati male’ le seconde, pur un po’ ‘chiacchierate’, venivano considerate quasi delle infermiere dedicate ad ‘aprire alla vita’ giovani virgulti. Questo ovviamente perchè allora era ancora abbastanza in voga (ma non potrei dire quanto rispettato) il mito della verginità femminile.
Ma a proposito di verginità, altra osservazione da far presente è che, a quanto sento dire da chi ne è più al corrente di me, al giorno d’oggi sono ben poche le fanciulle che risultino ancora tali dopo i quindici anni; e mi sembra del tutto inutile voler ‘incolpare’ di ciò fumetti, cartoni animati films e televisioni in quanto, molto più probabilmente, il fenomeno è legato alla errata (ammesso che lo sia) elaborazione della enorme massa di informazioni che converge quotidianamente nei giovani cervelli ai quali assai spesso, né a casa né a scuola, viene indicato come possa essere utilmente gestita; ed allora prevale l’imitazione di quanto colpisce di più e che può poi rivelarsi ‘fuorviante’. Allo stesso tempo, però, tutte le conoscenze acquisite mi fanno ritenere che un giovane normale sui quindici anni, maschio o femmina ma specialmente femmina, sia oggi, ancor più rispetto ai tempi andati, in grado di intendere e di volere e quindi di gestirsi facendo scelte personali a ragion veduta; e pertanto, se intende usare il proprio corpo, ritengo debba essere ritenuto libero di farlo anche a scopo di guadagno. Forse ci saranno moltissimi che dissentiranno da quanto sto per dire ma, secondo me, la prostituzione (odio questo vocabolo) volontaria dovrebbe essere considerata una forma di lavoro e come tale riconosciuta, controllata (e tassata), cosa questa che d’altra parte già avviene nei confinanti e civilissimi paesi come Austria e Svizzera; e d’altra parte non mi resta chiaro perché chi impiega braccia, gambe o cervello sia un lavoratore mentre chi usa volontariamente altre parti del corpo no.
Da quanto ho detto fin qui mi sembra risulti che non ci sia niente di nuovo sotto il sole se si esclude il quasi raccapricciante aspetto dell’induzione o la coercizione alla prostituzione addirittura, almeno in un caso, da parte di una madre famelica a corto di denaro. Che poi ci sia anche chi vuole approfittare del largo giro di denaro che si origina da queste situazioni forse aberranti è cosa normale in un paese come il nostro dove la malavita organizzata, grazie al denaro che ha, riesce ad infiltrarsi dovunque: sia dove sia da farne dell’altro oppure dove si possano raggiungere posizioni di potere da volgere successivamente al proprio vantaggio.
E passiamo ora allo sport tanto non ci si discosta di molto dalle zone di potere della malavita organizzata: sono infatti convinto che l’insurrezione degli ultras della Nocerina, con tanto di minacce di morte ai giocatori, aereo con striscione e compagnia bella si basasse su un’organizzazione di stampo mafioso. Ora gli organi sportivi competenti hanno assicurato che faranno giustizia ma, secondo me, non sono colpevoli solo i giocatori, rei di aver simulato incidenti al fine di far terminare l’incontro, ma forse e principalmente la Società che, messa al corrente di quanto stava avvenendo, avrebbe dovuto avvertire gli arbitri e rifiutarsi di mandare in campo la squadra minacciata. Ora, non conoscendo abbastanza i regolamenti sportivi, non so se ciò sia possibile ma certamente l’avrei ritenuto assai più giustificabile.
Ma quello che mi preoccupa maggiormente è il timore che questo evento abbia rivelato solamente la punta di un iceberg che coinvolge non solo il calcio ma tutto l’ambiente dello sport e principalmente a causa del giro di soldi legato alle scommesse. Ed oggi, in maniera normale oppure via internet si può scommettere su qualsiasi cosa; sono convinto che ci siano (forse non può essere considerato sport ma alcuni certamente lo ritengono tale) fiorenti scommesse sulla defenestrazione di Berlusconi. E, sicuramente, anche qui in politica dietro ci sono i tentacoli della malavita organizzata.
Vogliamo scommettere?

(2.Fine)

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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