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Verona,14 Febbraio 2023

Cosa sta succedendo nelle Università e nella Stampa USA?

    Dalle origini, un punto di forza dell’America è sempre stato l’amore per la libertà. Il Primo Emendamento della sua Costituzione offre una protezione vigorosa alla libertà di parola, di stampa, di manifestazione, di fede religiosa. Nelle sue leggi, così come nella tradizione e nel vissuto quotidiano, c’è stata per secoli una tenace avversione alle impostazioni dall’alto. L’autoritarismo che ha attecchito in altre parti del mondo non è riuscito a stravolgere questa Repubblica, la più antica di tutte le liberaldemocrazie.
    La tolleranza verso il dissenso, l’abitudine di apprezzare gli anticonformisti, la lunga storia di movimenti trasgressivi, tutto questo fa dell’America anche un terreno fertile per l’innovazione. E’ un argomento che in passato ci rassicurava nella sfida contro i totalitarismi. Steve Jobs non avrebbe potuto creare Apple in Cina perché era un personaggio troppo irrequieto, individualista, conflittuale, indisciplinato. Il “pensiero unico” imposto da un regime autoritario uccide la creatività, soffoca la vitalità che gli spiriti ribelli offrono a una società libera. In una ricostruzione ideale dei fattori che hanno consentito la nascita della Silicon Valley, la culla delle ultime rivoluzioni tecnologiche, è logico includere diversi fenomeni culturali: La Beat Generation letteraria negli anni Cinquanta, il Free Speech Movement all’Università di Berkeley (1964), che anticipò il Sessantotto europeo, l’happening musicale-esistenziale Summer of Love a San Francisco nel 1967, il femminismo, l’ambientalismo, il movimento gay. Tutti quegli eventi non erano direttamente collegati con le rivoluzioni elettronica, informatica, digitale, ma hanno contribuito a fare della California una terra ricettiva verso gli spiriti “libertari” fra i quali si nascondevano anche dei futuri imprenditori geniali e che ha attirato cervelli in fuga da tutto il mondo.
    Siamo sicuri che oggi l’America sia ancora questa terra ideale, accogliente verso gli spiriti liberi? Un attacco insidioso rischia di distruggere dall’interno la più preziosa delle tradizioni americane.
    Sta avanzando una nuova forma di pensiero unico, solo sedicente progressista, che cancella i disobbedienti privandoli del diritto di parola, denuncia pubblicamente persone accusate di avere offeso qualche valore sacro del politically correct e lancia campagne di boicottaggio contro i reprobi.>È una sottile forma di dittatura, anche se non ha una singola cabina di regia: non c’è dietro un Mussolini, uno Stalin, un Mao che silenzia chi dà fastidio. Gli effetti sono ugualmente pervasivi e deleteri: le epurazioni avanzano nei campus universitari e nel mondo della ricerca, nelle redazioni dei giornali e delle Tv, nella case editrici, perfino ai piani alti di molti colossi capitalistici. Molte persone vengono colpite perché non hanno rispettato i nuovi codici e le nuove convenzioni: magari per un commento, che altri hanno considerato offensivo, nei confronti di minoranze etniche o sessuali. I militanti di questa brodaglia ti impongono anche l’uso dei pronomi: guai se i docenti osano utilizzare il maschile o il femminile, solo il neutro plurale è ammesso, perché bisogna rispettare le identità “fluide”. E’ diventato un obbligo rivolgersi agli ispanici non più come latinos o latinas, per non ingabbiarli in una rigida identità sessuale. Vanno chiamati Latinx o, meglio ancora, Latinx+. Un sondaggio apparso su “The Economist” rivela che solo il 4 per cento della popolazione ispanica gradisce il nuovo modo di designarla.
    Le condanne arrivano al termine di processi sommari, di solito condotti sui social media, senza che l’imputato o l’imputata abbia avuto diritto di difesa. Carriere e vite rovinate. Mob justice, così viene definita: la giustizia della folla scatenata. Secoli fa, quando nacque, quell’espressione si riferiva ai linciaggi in piazza; oggi l’aggressività di branco si accanisce soprattutto virtualmente, sui social media.
    Quella delle università americane è una metamorfosi inquietante. Anziché essere luoghi di libero confronto delle idee, stanno diventando il teatro di una caccia alle streghe, con docenti cacciati, intellettuali zittiti e interdetti dall’accesso.Il clima ricorda gli anni Cinquanta, quando pensatori e artisti sospettati di simpatie comuniste venivano inquisiti, denunciati pubblicamente, svergognati e spesso costretti a rinunciare per sempre alle loro carriere. Allora la regia era in mano al senatore repubblicano Joseph McCarty e al capo dell’Fbi Edgar Hoover. Oggi le epurazioni procedono, a parti rovesciate, dalla società civile.
    L’impronta dominante è quella di una sinistra radicale che abbraccia le forme più estreme del femminismo, dei diritti delle minoranze sessuali ed etniche. La destra suprematista americana, da parte sua, osserva, impara, e copia. Nei social media e sulla stampa prevale la sinistra radicale perché l’establishment, con la sua furbizia e i suoi sensi di colpa, lascia fare con tolleranza. Ma anche la plebaglia trumpiana è capace di accanimento persecutorio contro i suoi bersagli. Così monta e si somma la tossica ondata rosso-bruna. Questa ideologia diventa una religione, chiunque non scimmiotti le loro opinioni è visto come un eretico, un traditore da eliminare.
    Alcuni intellettuali hanno cominciato a ribellarsi a questo stato di cose. Anne Applebaum, discendente da ebrei russi immigrati negli Stati Uniti; tra le sue opere c’è una storia dei gulag in URSS. Su “The Atlantic” ha pubblicato una ricognizione agghiacciante del nuovo totalitarismo culturale politically correct dal titolo “The New Puritans”. Una fotografia realistica ed equilibrata della situazione che si conclude con un monito chiarissimo: “Si vuole fare a meno di uno Stato di diritto e del sistema giudiziario? Si può scegliere di far funzionare meglio la giustizia; oppure si vuole farne a meno? Se aggiriamo il sistema legale, che cosa lo sostituirà? Quali saranno i nuovi poteri?”. Il punto è che nei tempi estremi si rischia che vincano gli estremisti applicando una versione allucinata della “saggezza delle folle”, la consapevolezza decisa secondo il modello Wikipedia, Twitter, Facebook.
    Questa cultura è stata abbracciata con uno zelo sospetto da chi ha in mano le leve del potere: rettori universitari, padroni o direttori di Tv e giornali, editori, e sempre più spesso anche da capitalisti e top manager delle grandi aziende.
    Al fenomeno del capitalismo neopuritano, battezzato “Politically correct S.p.a.” ha dedicato un saggio Vivek Ramaswamy, un manager del settore delle biotecnologie. La sua tesi è che il neopuritanesimo e “l’apparenza di una giustizia sociale” si sposano bene con gli interessi economici del capitalismo digitale. Sia in termini di reclutamento del personale sia come mercato di consumo, il target demografico di quelle grandi aziende coincide in larga parte con la generazione formata dalla sinistra illiberale. Attorno alla dittatura virtuale del Politically correct fiorisce un concreto e vasto business: studi legali specializzati nel giustificare i licenziamenti, società di formazione che insegnano ai top manager la “nuova lingua”, agenzie pubblicitarie, consulenti strapagati.

    Tommaso Basileo

























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