L'ISTRICE


Quando le notizie pungono


Le Rubriche


 

Sommario

Libri

SeBook

Ex Libris

Dialettando.com

Home Page Simonel

The Web Park Speaker's Corner

   

 

n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - Verona, 11 Novembre 2016

Rimarrà in piedi,
dopo Trump,
il sogno europeo?

    Questo articolo è stato concepito il giorno prima della vittoria di Donald Trump: quasi una premonizione. Quali sono gli elementi di scenario che possono mutare? Troppa enfasi si è posta sul “Congresso a maggioranza Repubblicana” o su “Il Popolo ha scelto Trump”. I congressisti sono sė repubblicani ma non trumpiani; IL POPOLO SOVRANO, per la verità, ha conferito 225mila voti in più alla Clinton.
    I possibili scenari sono: Protezionismo (soprattutto anticinese e antimessicano), abbandono dei Trattati commerciali, incluso il NAFTA, deregolamentazione su Ambiente e Istituzioni Finanziarie, fisco espansivo (meno tasse su imprese e famiglie), aumento Deficit/Debito, taglio alle spese sanitarie e aumento di quelle per infrastrutture e militari. In questo quadro, la politica fiscale è l'unico elemento che potremmo definire “positivo” ma dovrà essere capace di determinare una robusta crescita non solo nominale del Pil.

    C'è oggi una nuova paura nei paesi ricchi: quella di perdere una parte del benessere conseguito ad opera dei paesi emergenti. Tale paura non può essere sottovalutata, perché può generare tensioni e involuzioni antidemocratiche ed anche scontri tra aree economiche. Bisogna essere consapevoli, però, che l'unica maniera per consolidare il benessere resta quella di allargare i confini di chi ne beneficia fino a che nessuno ne sia escluso.
    L'Europa continentale ha goduto di un lungo periodo di protezione ed è la più antica area industrializzata del mondo. La protezione del modello europeo è una sola: produrre cose nuove o con tecniche nuove e con costi più bassi, affinché la produzione europea sia protetta dalla Qualità, con continue modifiche e innovazioni. Così facendo, non solo l'Europa protegge se stessa, ma apre spazio ai paesi più poveri, che possono crescere, diventare più ricchi e trasformarsi da competitori agguerriti in mercati di assorbimento dei nuovi prodotti europei.
    L'Europa, continuiamo a ripeterlo, è il nostro destino. Ma deve integrarsi veramente, non può mantenere un Bilancio comune dell'1% del Pil, mentre gli USA hanno un Bilancio federale del 25%. È con quel bilancio che gli USA sono usciti velocemente dalla crisi. Non certo con i dogmi o le assurde teorie economiche che circolano qui nel vecchio continente. Deve essere chiaro: si risparmia quando c'è crescita e si spende quando c'è recessione, il contrario è una follia.
    In Italia viviamo da decenni in una condizione parossistica che fa lievitare e non attenua i nostri vizi nazionali. I ceti medi, anche imprenditoriali, sono schiacciati da una pesante pressione fiscale ma, per contro, godono di trasferimenti pubblici superiori a ciò che pagano, e il mostruoso Debito Pubblico accumulato ne è la conferma.
    Sappiamo che i costi di produzione nel Vecchio continente (in particolare in Italia) sono troppo alti, ma la causa non sono gli alti salari o gli alti profitti, ad essere troppo elevati sono i costi sociali. Finora abbiamo cercato di ovviare a questo inconveniente attraverso un aumento della produttività: far lavorare meno persone per la stessa produzione. Questa via non va bene: aumenta la disoccupazione e aumenta il numero delle persone assistite. E' un cane che si morde la coda. Bisogna riuscire ad aumentare gli investimenti e il tasso di occupazione.
    Non credo affatto che sarà il protezionismo che ci consentirà di salvaguardare la difesa dello stato sociale coniugando il benessere economico e rallentando la pressione dei concorrenti. Coloro che sono ossessionati dalla globalizzazione dovrebbero prendere atto che in molti settori a far saltare i monopoli e le antiche protezioni non è stata la globalizzazione ma lo sviluppo tecnologico.
    Benessere economico, coesione sociale e libertà politica sono ancora i lati del triangolo entro cui si dibattono le nostre scelte economiche e sociali. Tutte le nostre proposte dovrebbero essere volte a conciliare i tre obiettivi in una logica che non rigetta la globalizzazione. Questa è la nostra sfida per il futuro, sapendo che il modello asiatico, molto robusto, riesce a coniugare benessere economico con coesione sociale, ma ha rinunciato alla libertà politica, cioè alla democrazia. D'altro canto il modello americano ha scelto solo due dei tre lati del triangolo: benessere economico e libertà politica, sacrificando la coesione sociale.
    Riuscirà l'Europa a tenere insieme tutti e tre i lati del triangolo? Ci riuscirà soltanto orientando tutte le sue scelte politiche e produttive per la crescita. Questa e solo questa deve diventare la nostra bussola se non vogliamo perdere la nostra libertà.

    Tommaso Basileo

























© Copyright Simonelli Editore - All the rights are worldwide reserved