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Verona, 12 Giugno 2018

Gli europei sono già stufi di 72 anni di Pace?

    Il pericolo delle linee di frattura geologiche è che, quando le placche tettoniche collidono, diventano l'epicentro di terremoti. Negli anni precedenti al 1914 le placche politiche che portavano il nome di imperi si stavano muovendo proprio sotto i piedi di Sarajevo.
    Il 28 giugno 1914 un ragazzo bosniaco tubercolotico di nome Gavrilo Princip portò a termine, a soli 19 anni, uno degli attacchi terroristici più riusciti della storia. I proiettili che sparò quel giorno recisero a morte la giugulare dell'arciduca Francesco Ferdinando, l'erede asburgico al trono imperiale, e scatenarono una guerra che distrusse l'Impero austro-ungarico e trasformò la Bosnia Erzegovina, sua ex colonia, in un nuovo Stato slavo del Sud. Questo era, pressappoco, quanto Princip aveva sperato di ottenere, anche se non si sarebbe mai aspettato un così grande successo. La sua azione però andò oltre: scatenò un conflitto mondiale che lasciò cicatrici tanto profonde da rappresentare la causa fondamentale di un secondo micidiale conflitto.
    I campi di battaglia diventarono giganteschi mattatoi che risucchiarono giovani uomini da ogni angolo del mondo, prendendosi dieci milioni di vite. Comparvero mezzi di distruzione sempre più spaventosi, che fino ad allora erano stati materia della letteratura fantascientifica. La guerra si trascinò per quattro anni e tre mesi. A memoria d'uomo, nessun altro grande conflitto europeo era mai durato tanto. E oltre agli Asburgo, caddero altre tre dinastie imperiali: quella dei Romanov, degli Hohenzollern e degli Ottomani. La guerra non si fermò neppure di fronte all'annuncio di un armistizio e dopo il 1918 si spostò ad est, come a voler eludere la stretta della pace.
    La prima guerra mondiale cambiò tutto lo scenario planetario.
    Nell'estate del 1914 l'economia mondiale prosperava a un ritmo mai visto prima: la mobilità delle merci, dei capitali e della forza lavoro andava a gonfie vele, come ebbe a sostenere lo stesso Keynes. Le rotte marittime e le linee telegrafiche dell'Atlantico non erano mai state così trafficate, i capitali e gli emigranti andavano ad ovest e le materie prime e i manufatti a est. Con la guerra, la prima Globalizzazione dell'era moderna si inabissò, nel senso letterale del termine. Oltre 13 milioni di tonnellate di merci finirono sul fondo del mare in seguito alle azioni della marina tedesca, in particolar modo degli U-Boot. Crollarono il commercio estero, gli investimenti e le migrazioni e, una volta terminato il conflitto, salirono al potere comici e saltimbanchi che sull'onda della rabbia popolare instaurarono dei sanguinari regimi totalitari ostili per definizione sia alla Società aperta e pacifica che all'integrazione economica internazionale. I piani quinquennali presero il posto dei mercati, l'autarchia e il protezionismo quello del libero scambio. Il flusso di merci crollò, quello della forza lavoro e dei capitali si prosciugò quasi totalmente. Al dominio degli imperi europei, che era stato il motore della prima globalizzazione, fu assestato un colpo fatale. L'eco degli spari di Princip assordò il mondo intero.
    Gli Stati nazionali erano quasi una novità nel contesto storico europeo. Nel 1900 la maggior parte del continente era ancora sotto il dominio di imperi secolari e multietnici. Ma agli occhi dei sovranisti-nazionalisti quelle variegate strutture politiche meritavano di essere relegate al passato, perché il futuro apparteneva agli Stati-nazione omogenei.
    Se ci fate caso, i libri di storia sulla prima guerra mondiale dispensano cause in abbondanza. Alcuni storici pongono l'accento sui problemi di politica interna, altri sull'instabilità degli equilibri internazionali, ma tutti concordano sul fatto che il conflitto avesse moventi che si agitavano nel sottosuolo profondo delle comunità europee. La questione, piuttosto, è capire fino a che punto gli storici abbiano elaborato i tanti resoconti sull'aggravarsi della crisi non tanto per catturare un'immagine reale del mondo del 1914, quanto per offrire una spiegazione “a posteriori” sulle origini della guerra commisurata alla vastità di quello che sarebbe accaduto nei quattro anni successivi.
    La verità è che la prima guerra mondiale, al contrario della seconda, fu uno shock e non una crisi che si andava annunciando da tempo.
    La Grande guerra colse di sorpresa perfino gli operatori finanziari più scaltri come i Rothschild. Come coloro che abitano in corrispondenza di una linea di frattura sismica, gli investitori erano consapevoli delle probabilità di un terremoto e sapevano che gli effetti sarebbero stati spaventosi ma, nell'impossibilità di prevedere il momento in cui questo sarebbe avvenuto, lo esclusero da ogni valutazione ordinaria dei rischi. Non fu, quindi, una “lunga strada verso la catastrofe”, ma piuttosto una rapida scivolata.
    ATTENZIONE! La guerra non è la conseguenza inevitabile delle rivalità ataviche fra gli Stati, un cataclisma preordinato, essa è un drammatico e irrazionale errore politico che si può e si deve evitare.
    La pesante recessione seguita allo Tsunami finanziario del 2008 ha avuto conseguenze simili a quelle derivanti da un conflitto militare. Due sono i motivi che agitano l'opinione pubblica occidentale alimentando risentimenti e paure: 1) la corresponsabilità delle élite democratiche-liberal sulla torsione socialmente esplosiva del turbo-capitalismo-finanziario, causa fondamentale della crisi; 2) la incapacità, delle stesse élite, di addomesticare e rendere socialmente poco impattanti i flussi derivanti dalla globalizzazione.
    Il Prof. Niall Ferguson della Harvard University non la pensa così. La sua è tuttavia una tesi molto intrigante: “Non è sufficiente una crisi economica per spiegare l'instabilità sociale e politica”. Un improvviso aumento della produzione e del benessere può avere lo stesso effetto destabilizzante di una rapida contrazione. Ciò che conta è LA VOLATILITA', intesa come deviazione standard della variazione di un dato indice in un dato periodo.
    Sarà! Che abbia, per caso, ragione Musil dell'Uomo senza qualità?: “Le cause delle guerre civili come delle rivoluzioni, non sta tanto nelle ingiustizie o nelle disuguaglianze accumulate, quanto nel logoramento della coesione che manteneva la serenità artificiale delle anime”.
    Comunque sia, oggi come allora, i populisti di tutto il mondo si annusano, si cercano, si alleano CONTRO l'establishment. Ma alla fine il loro destino è quello di spararsi addosso l'un contro l'altro armato: del resto, ciascuno è “First” rispetto tutti gli altri.

    Tommaso Basileo

























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