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Verona, 3 Dicembre 2019

Riuscirà l’Africa a fare il grande balzo?

    Riuscirà l’Africa con i suoi mezzi, a realizzare quanto hanno fatto India e Cina nell’ultima ondata di globalizzazione?
    Con una popolazione che ha la più rapida crescita al mondo e una solida base di talenti, le nazioni africane potrebbero essere in grado di sfruttare in modo molto originale le industrie del futuro per compiere un grande balzo in avanti nello sviluppo, e anche di ridurre molti dei costi che la Cina e l’India hanno dovuto accollarsi durante la fase iniziale della loro svolta.
    Con cinquantaquattro stati sovrani che la rendono il continente più diversificato della Terra, l’Africa è difficile da definire con un’unica frase ipersintetica.
    Se si osserva attentamente la veloce evoluzione di questo continente si possono notare un numero crescente di esempi di innovazione frugale. Non bisogna meravigliarsi: in un ambiente di scarsità, paradossalmente, si riesce a diventare incredibilmente creativi.

    La creazione di un prodotto come M-Pesa è un esempio di innovazione frugale al massimo livello. M-Pesa poteva essere sviluppato solo in un posto come il Kenya, un paese privo di banche tradizionali in grado di soddisfare le esigenze quotidiane dei cittadini lavoratori/produttori. E allora i kenioti hanno creato un intero sistema bancario usando cellulari e schede “gratta e leggi”. Così, grazie all’innovazione frugale, il paese ha scavalcato d’un balzo la necessità di creare un sistema bancario tradizionale, almeno così come esiste in gran parte del resto del mondo.
    Mentre molte economie del pianeta sono rimaste in una situazione di stagnazione fin dalla crisi del 2008, l’Africa ha continuato a crescere a pieno ritmo. Grazie a questa espansione gli africani sono sempre di più fondatori-imprenditori quanto parte delle catene globali di fornitura di prodotti. In Africa sono sempre più numerosi i giovani competenti in tecnologia che entrano nel mondo del lavoro e avviano una loro attività, o che lavorano in remoto per aziende asiatiche, americane o europee. Questo sta mutando la natura del rapporto esistente tra l’Africa e il resto del mondo, con relazioni che non sono più radicate nella filantropia e negli aiuti al sottosviluppo, bensì nel business e nella crescita.
    La geniale creatività africana la vediamo sbucare a macchia di leopardo da un lato all’altro del continente, soprattutto a Sud del Sahara, assumendo le forme più disparate. In Tanzania, ad esempio, l’agricoltura è rimasta l’elemento essenziale per il benessere economico. Al frumento danno il soprannome di “petrolio bianco”, per quanto è fondamentale per la crescita economica. L’agricoltura, infatti, rappresenta l’85 per cento delle esportazioni e impiega l’80 per cento della forza lavoro. L’economia nel suo complesso è stata spesso sottoposta a violenti alti e bassi in relazione all’andamento del mercato del grano.
    Per stabilizzare il mercato e l’insieme dell’economia, un programmatore informatico tanzaniano di ventinove anni, Eric Mutta, ha sviluppato un’applicazione denominata Grainy Bunch. E’ uno strumento di Big Data che usa app per monitorare l’acquisto, lo stoccaggio, la distribuzione e il consumo delle granaglie su tutto il territorio della Tanzania. L’effetto è stato quello di stabilizzare il mercato dei cereali per gestire meglio questa risorsa preziosa e migliorare l’accesso al cibo per la popolazione e ai guadagni per i coltivatori.
    In Kenya una donna di nome Su Kahumbu ha sviluppato un’app mobile di messaggistica di testo e vocale iCow, che viene utilizzata da più di dodicimila piccoli e medi allevatori di bestiame da latte. L’applicazione, in pratica, informa gli allevatori sui giorni dei periodi di gestazione delle mucche, raccoglie le registrazioni dei vaccari su mungitura e riproduzione, e invia messaggi sulle pratiche migliori per l’attività lattiero casearia. E’ aumentata del 50 per cento la produzione e il commercio di latte lavorando di meno senza sprechi di energie. Per ogni dollaro speso con iCow l’allevatore medio ne guadagna altri 77.
    Sia Grainy Bunch che iCow fanno parte del programma Apps4Africa e mette in contatto innovative start-up africane che traggono benefici da quelli che sono ormai più di seicentoottanta milioni di abbonamenti di telefonia mobile sul continente africano, più numerosi che in Europa o in America.
    Molte nazioni in Africa stanno beneficiando del crescente ruolo delle donne e dei giovani nelle loro economie. E a questa crescita nei ruoli economici delle donne ha corrisposto il periodo più lungo e più ampio di crescita economica del continente. La cosa è stata messa in evidenza recentemente anche dal responsabile della Banca Mondiale Marcello Giungale. In diversi paesi, il tasso di imprenditoria femminile è pari a quello degli uomini, e anzi la Nigeria e il Ghana (questi due paesi da soli hanno il 25 per cento della intera popolazione africana) hanno più imprenditrici che imprenditori.
    Insomma, osservando attentamente e senza pregiudizi l’Africa si consolida la convinzione che le società che abbracciano l’apertura sono quelle che saranno competitive e si imporranno con maggiore efficacia nei decenni a venire. Molti paesi africani sono ancora lontani dall’essere politicamente ed economicamente aperti. Quelli che hanno integrato le donne nella loro società, quelli che hanno creato spazio per i loro imprenditori sono i paesi che stanno crescendo con maggiore rapidità e i lavoratori vi vivono molto meglio di trenta anni fa.
    Come l’India è riuscita a tirarsi fuori dal suo stereotipo delle carestie e dell’odioso sistema delle caste, così anche i paesi dell’Africa stanno cambiando il modo di presentarsi al mondo. Mostrandosi come luoghi su cui investire e non semplicemente da assistere.

    Tommaso Basileo

























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