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Verona, 7 Luglio 2018

E se fosse la Germania a voler uscire dall'Euro?

    Come è noto, la motivazione fondamentale, nell'aver creato la moneta unica europea senza la possibilità di una retromarcia legale da parte degli Stati membri, fu che questo vincolo avrebbe rafforzato il processo verso un'unione politica.
    L'Unione monetaria non venne architettata come un'entità separata dalla Unione Europea perché negli anni '90 del secolo scorso, tutti concordarono che la possibilità di uscita dall'Euro avrebbe reso instabile e aggredibile dalla speculazione internazionale il singolo Stato uscente.
    Fu proprio in prossimità dello tsunami finanziario del 2008 che qualcosa cominciò a cambiare. Infatti, nel 2007, nel Trattato di Lisbona, attraverso l'articolo 50 fu finalmente regolata l'uscita dall'UE. In pratica, nel Trattato, si convenne che riconoscere la possibilità che un paese membro dell'Unione potesse abbandonarla legalmente era già implicito nel Diritto Internazionale e nella Convenzione di Vienna che accorda ad ogni Stato sovrano il diritto di recedere da un Trattato, nel caso intervenga un cambiamento sostanziale delle circostanze che avevano portato all'assunzione dell'impegno. Con l'articolo 50, dunque, il diritto comunitario concede una via d'uscita legale dall'UE, disinnescando il ricorso al diritto internazionale. È con l'articolo 50 che è uscito recentemente il Regno Unito.
    Da quando lo scorso 6 dicembre 2017 la Commissione europea ha lanciato l'idea di un ampio progetto di riforme, che comprende tra l'altro l'istituzione del Fondo monetario europeo e di un Ministro delle finanze unico per l'Eurozona, in Germania, nelle Università più prestigiose, fra eccellenti economisti dell'establishment, circolano con frequente insistenza studi e proposte sull'attivazione di una clausola di uscita, su base volontaria, anche dall'Eurozona, puntualmente regolamentata nei tempi e nelle modalità di negoziazione. Insomma, stanno mettendo a punto una procedura ordinata di uscita dall'Euro, senza far deflagrare il Continente.
    Da dove viene fuori questa fregola degli economisti tedeschi a progettare ora una via di uscita dall'Euro? La ragione è semplice. La Commissione e la BCE, sotto pressione soprattutto di Macron e Gentiloni, chiedono con crescente insistenza di introdurre strumenti normativi che consentano la condivisione dei rischi e dei controlli tra i paesi membri. Nel caso la Commissione intendesse forzare il processo d'integrazione verso una mutualizzazione dei rischi che Berlino giudicasse inaccettabile, la Germania potrebbe abbandonare l'Eurozona ma senza uscire dall'UE. La Germania, infatti, può permettersi il lusso di abbandonare l'Euro ma non può permettersi di abbandonare la libera circolazione dei capitali e delle merci, essendo la sua economia fortemente intrecciata e integrata con quasi tutti i paesi dell'Unione.
    Ma il punto dolente, la vera ossessione degli economisti tedeschi, che emerge da stralci e spunti dei documenti in circolazione, riguarda il problema dei saldi interbancari Target2: i tedeschi, in tutti i casi, pretenderebbero che questi saldi venissero regolati interamente in Euro. In altri termini, i dirigenti tedeschi sono preoccupati dell'accumularsi di squilibri crescenti dei debiti e crediti tra le Banche Centrali Nazionali. La Bundesbank, infatti, a fine marzo 2018, ha raggiunto un saldo a credito ENORME di 923 Miliardi. Per contro, ad esempio, la Banca d'Italia, alla stessa data, registra un saldo negativo T2 di -447 Miliardi.
    Questi benedetti debiti/crediti tra Bc nazionali sono, allo stato attuale, puri saldi contabili, non esigibili e senza scadenza. Se tutti restano però al loro posto. Ma se un paese dovesse abbandonare unilateralmente la moneta unica, la sua BCN si staccherebbe dalla BCE riacquistando autonomia di bilancio. A questo punto i debiti e i crediti contabili interbancari (oggi virtuali) diventerebbero REALI.
    Gli scenari possono essere assolutamente diversi a seconda se ad uscire sarà un paese creditore o un paese debitore. Il paese creditore avrà l'arduo problema di riscuotere tutti i suoi crediti per l'intero valore reale. Se ad uscire, invece, sarà un paese fortemente indebitato bisogna vedere se la sua BCN sarà in grado, con le poste attive del suo bilancio (Titoli di Stato, valute di riserva, oro), a garantire il pagamento dei suoi debiti. In tutti i casi (anche di un insufficiente attivo per far fronte al debito) non si tratterebbe tanto di un impedimento alla normale operatività tecnica monetaria quanto di un gravissimo problema di reputazione con serie conseguenze per l'accesso futuro alle risorse finanziarie globali.
    Ogni tentativo dei singoli paesi di ridenominare nella vecchia moneta nazionale il proprio debito, oltre ad essere di dubbia fattibilità legale, produrrebbe una tale volatilità da rendere quasi impossibile, nel breve termine, ogni stima costo/beneficio. Questo, però, potrebbe tornare utile, nel rapporto mistificante e demagogico con gli elettori, proprio a quei gruppi dirigenti orientati all'uscita dall'Euro.
    > Il meno che potrà capitare è l'ingresso in una lunga fase di transizione caotica.

    Tommaso Basileo

























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