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Verona, 3 Febbraio 2020

Se l’antipolitica e i populismi fossero figli della Politica che non decide?

    Il futuro di ogni comunità continua ad essere una tela bianca. Un foglio ancora non scritto. E se, come diceva Albert Camus, creare è dare una forma al proprio destino, allora la politica non può che essere arte assoluta. E ogni decisione politica è in primo luogo un gesto artistico: ciò che il mondo diventerà, non ciò che il mondo è. Prima di ogni altra cosa c’è una scintilla di genio che riscrive ogni volta il nostro futuro.
    Se la politica non saprà recuperare il suo ruolo naturale DI DECIDERE e risolvere problemi è destinata a soccombere a poteri altri: la tecnica, la burocrazia, il mercato, la consuetudine, la pigrizia. È meglio prendere decisioni imperfette, in certi momenti, che essere alla continua ricerca di decisioni perfette che non si troveranno mai. È questa mancanza di coraggio che porta a una graduale ma inesorabile depoliticizzazione? Uno svuotamento di potere che conduce all’impossibilità, e all’incapacità, di prendere decisioni?
    E questa sarebbe una vera tragedia: “I burocrati”, spiegò Erich Fromm, “temono la responsabilità personale e cercano riparo dietro le loro regole; la loro sicurezza e il loro orgoglio risiedono nella lealtà solo verso le regole”. Ma se la regola domina su tutto, non esiste più né creatività né decisione tranne che per la “regola aurea” di dire solo e sempre LA VERITÀ. Tutto diventa l’incarnazione perfetta della “gabbia d’acciaio” di weberiana memoria che, impedendo l’introduzione di qualsiasi fattore razionale, sentimentale e individuale, porta inevitabilmente alla spersonalizzazione della società. Se alle domande della società non arriveranno risposte concrete e veritiere (non proclami ideologici), arriverà di volta in volta l’esperto di turno, versione contemporanea dell’oracolo, capace di divinare il futuro e di articolare verdetti sul presente.
    L’ordine mondiale voluto dalla tecnica, imposto dall’economia, viene solo “osservato” dalla politica senza che possa intervenire in alcun modo? Questo succede quando non vuole più intervenire in alcun modo. Perché la decisione è un rischio insito nel coraggio di essere liberi. La politica ormai odia le riforme e l’innovazione, preferisce la tranquillità di una gabbia dorata fatta di regole e consuetudini. Se proprio bisogna rischiare di decidere meglio dare lo scettro al popolo.
    Alla politica è successo quello che Erich Fromm aveva previsto per filo e per segno: “L’uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché la libertà lo obbliga a prendere decisioni, e le decisioni comportano rischi”. È anche per questo che la politica irresponsabile cerca di nascondersi dietro i “vincoli esterni” o i “piloti automatici”.
    Anche Norberto Bobbio lo aveva previsto: “La depoliticizzazione sembra connessa, da un lato, allo sviluppo della società tecnocratica, dall’altro, all’ingigantirsi nella società delle grandi organizzazioni e degli apparati burocratici. Una delle caratteristiche dell’ideologia tecnocratica è di far credere che le grandi decisioni siano di natura solo tecnica e non politica. Allora bastano i competenti specifici. La conseguenza di tutto ciò è la depoliticizzazione”.
    In Italia sono almeno venticinque anni che la Politica arretra cercando di appaltare il lavoro “sporco” ad altri soggetti: ai comitati, ai tecnici, ai funzionari pubblici. A cos’altro mirava la Legge Bassanini del 1997 sull’organizzazione e il funzionamento dell’amministrazione pubblica? Fu con quella Legge che si stabilì che la responsabilità giuridica degli atti amministrativi sarebbe passata dai politici ai funzionari, dai rappresentanti del popolo ai rappresentanti della burocrazia.
    È così che la mediocrità arriva, con un colpo di Stato dal basso, al potere isolandolo da ogni possibile contrasto al conformismo. E’ così che l’azione politica viene ridotta a mera gestione, il politico diventa un passacarte che recita una parte cui non è preparato, circondato da consulenti, che ha abdicato alla responsabilità di incidere con scelte realistiche (non importa quanto radicali) non demagogiche sul concreto bene comune. Nessun incendio del Reichstag, nessuna marcia su Roma e anche dall’incrociatore Aurora non è stato sparato un solo colpo di cannone. Eppure di fatto l’assalto è avvenuto, ed è stato coronato dal successo: i mediocri/incompetenti hanno preso il potere e si sono insediati nella stanza dei bottoni.
    L’avvento della più recente politica della “propaganda perpetua” che continua a mestare nel mortaio il rabbioso elenco dei problemi percepiti, dei bisogni e delle paure senza avere uno straccio di soluzione razionale, ci arriva, tra capo e collo, dopo aver bombardato ogni sporadico sprazzo di creatività, coerenza e coraggio si sia manifestato nel Paese.
    Cosa sarà l’Italia tra dieci anni, venti, cinquanta? Questa è la domanda a cui bisognerebbe cercare di rispondere ogni giorno, faticosamente. Non affrontare questa impresa equivale ad uccidere la politica, ridurla a mera amministrazione, nel migliore dei casi e nel peggiore ridurla a un terrificante veicolo di idee tossiche per la coesione civile, morale e per la tenuta stessa del benessere materiale raggiunto.

    Tommaso Basileo

























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