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Verona, 2 Gennaio 2018

Dove ci porterà la sindrome del Brevetto?

    Non scherziamo. I brevetti sono una cosa seria. Hanno reso possibile, addirittura, di attribuire la paternità di invenzioni rilevanti (a Meucci, ad esempio, quella del telefono). L'istituto della protezione brevettuale, fin dal 1800, è nato con lo scopo di promuovere il progresso concedendo un periodo limitato (20 anni) e un diritto consistente nel vantaggio competitivo di poter sfruttare, tranquillamente, una innovazione utile e concreta. Forse, si potrà dire che al giorno d'oggi 20 anni sono troppi?
    Con l'avvento del Web, negli Stati Uniti, soprattutto, ma anche in molti Stati dell'UE, è diventato possibile brevettare ogni inezia, anche singole parti del modo in cui un programma fa qualcosa.
    È come pretendere di brevettare una procedura d'affari, in cui è molto difficile decidere quanto un passaggio è “nuovo”. In altri termini, in molti brevetti che si vedono in giro si fa fatica a trovare alcunché che dia la sensazione di un'idea mai vista.
    Si vedono riciclare procedure ben note (come il prestito interbibliotecario o le scommesse sui cavalli) tradotte in software. Alcuni combinano tecniche note in maniera apparentemente arbitraria senza effetti aggiuntivi, come se fosse ragionevole brevettare l'andare a fare la spesa su un'auto a righe al giovedì. Inezie di questo genere passano l'esame della novità evidentemente perché non preesiste un documento che descriva esattamente quella procedura.
    Nel 1990, un metodo per consegnare elettronicamente un libro o uno strumento per le scommesse in rete sarebbe parso inedito, ma adesso queste cose sono soltanto ovvie versioni web di comportamenti noti.
    Sembra che gli uffici brevetti fra le due sponde dell'Atlantico, siano poco attrezzati per indagare la “prior art”, cioè la preesistenza della medesima idea in un nuovo campo, e per questo concedano brevetti a pioggia senza tante storie.
    È sempre più difficile capire cosa contiene un brevetto e, forse questa è la ragione per cui è nata, da qualche anno, una figura di professionista il Technology Transfer Manager: un esperto in brevettazioni che ha come clienti ricercatori-inventori e imprese.
    C'è una spiegazione per questa deriva?
    Sì, il timore di una denuncia più che che la tutela di un'idea.

    La paura aumenta con l'incertezza e il dubbio, quindi c'è un ulteriore incentivo a essere oscuri. Solo un tribunale può decidere cosa significa un brevetto, e le spese legali e lo spreco di tempo che ciò comporta appesantiscono gli sforzi di progettazione.
    Questa atmosfera è surreale. L'etica degli anni '70 o '80 prevedeva la condivisione del bene comune, e sarebbe stato impensabile chiedere soldi per perfezionare, ad esempio, un protocollo standard come http. Ormai siamo da anni dentro un Caos perfetto. Paradossale il fatto che nei primi anni della grande recessione dopo il 2008, nei paesi OCSE, l'unica produzione in crescita è stata quella dei brevetti. Le grandi aziende accumulano brevetti come minaccia di ritorsione contro le denunce dei concorrenti, e l'effetto collaterale negativo è che nelle piccole aziende cresce il timore di entrare nei nuovi business.
    L'interesse ad occupare fette consistenti di ogni nuovo settore è una mina vagante contro il mercato aperto. Alcune imprese, ma anche singoli individui, campano solo preparando brevetti e facendo causa alle aziende più grosse, essendo a loro volta immuni dalle ritorsioni visto che, in pratica, non producono o vendono alcunché.
    Lo scopo originario del brevetto, cioè promuovere la diffusione pubblica e lo sviluppo delle nuove idee e garantire gli incentivi per la ricerca, sta diventando una guerra di tutti contro tutti. Oggigiorno, i brevetti stanno diventando solo una questione di arraffare e scappare con il malloppo. Insomma, una nuova forma di pirateria, insieme ad altre in piena fioritura.
    È ora di tornare a un'etica in cui le aziende usino i brevetti per difendere i loro prodotti validi, piuttosto che per intentare cause a vanvera. Non so dire come, ma credo che i legislatori occidentali dovrebbero cominciare a pensare a come mettere un po' di ordine con nuove leggi e nuove procedure giudiziarie adeguate a questo che sta, insieme ad altre forme di anarchia e di opacità, diventando un problema sistemico serissimo.

    Tommaso Basileo

























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