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Verona, 13 Aprile 2018

Fermare il declino,
rianimare la crescita:
Investimenti o taglio delle tasse?

    SPUNTI “TEORICI” PER L'OPPOSIZIONE COSTRUTTIVA ALL'IRCOCERVO.
    Per me che ho una formazione neo-keynesiana sono state musica le recenti affermazioni del Prof. Larry Summers, ex ministro dell'economia con Clinton e docente ad Harvard: “Il principale vincolo delle economie sviluppate di oggi è dal lato della domanda, piuttosto che da quello dell'offerta. Ciò significa che misure capaci di incrementare l'offerta potenziale promuovendo la flessibilità non sono irrilevanti ma sono meno importanti di misure capaci di far aumentare la domanda. Solo un consistente aumento della domanda, oggi, può trainare l'aumento della capacità produttiva distrutta negli anni della Crisi e quindi far crescere di nuovo il prodotto potenziale e la produttività”.
    Quando si parla di questi temi bisognerebbe avere la piena consapevolezza di una cosa: la Grande Crisi del 2008 è stata una Guerra Totale vera e propria anche se senza morti e feriti.
    Dal 2007 al 2013, gli investimenti netti sono scesi del 75%, trascinati dal crollo degli investimenti in costruzioni, a loro volta congelati dalla caduta verticale dei valori immobiliari. Dal 2008, il basso livello della domanda attesa di beni di consumo e la restrizione del credito hanno contribuito, per la loro parte, a ridurre gli investimenti delle imprese in impianti, macchinari e tecnologia (anche causa fallimenti). Il problema è che gli investimenti pubblici fissi netti sono scesi (-74%) più o meno della stessa percentuale di quelli privati, quando l'Eurozona venne stretta nella camicia di forza dell'austerità.
    Naturalmente, ogni spesa pubblica effettuata in disavanzo fa aumentare il rapporto tra debito e PIL. Questo fatto viene giustamente stigmatizzato con un argomento cruciale: ogni nuovo nato in Italia comincia la sua vita con un fardello debitorio di ca. 36.000 Euro sul groppino. Certo, non è una scelta moralmente corretta risolvere i problemi attuali scaricando sui posteri i debiti. Ma, su questo punto, è necessario precisare. I nuovi investimenti, contrariamente alla spesa corrente, accrescono lo stock di capitale di cui un'economia dispone e quindi consentono di allargare la capacità produttiva e correggere gli andamenti congiunturali (quindi i posteri ereditano debito e capitale).
    Non è, invece, saggio contrastare la recessione ampliando la spesa sociale che preveda nuovi diritti di cittadinanza (tranne i sussidi di disoccupazione ovviamente). Ciò per una ragione semplicissima: una volta superata la fase di recessione la spesa pubblica dovrà ridursi e ridurre la spesa sociale è difficilissimo e impopolare (o impossibile se si è permesso di andare in pensione a 40 anni).
    Nella letteratura economica, spesso è citato il Giappone come caso esemplare di mancato funzionamento della politica degli investimenti pubblici che ha portato questo paese ad accumulare il più alto debito pubblico mondiale (235%). È possibile che il moltiplicatore degli investimenti pubblici, in quel caso, sia risultato più basso di quanto sperato ma, le risorse che vennero destinate a finanziare la spesa per la sicurezza sociale (sanità e pensioni) di quella popolazione in via di rapido invecchiamento esplosero letteralmente nello stesso periodo. Quanto, quindi, è dipeso dalla inefficienza degli investimenti e quanto dall'aumento fuori controllo della spesa sociale?
    QUANDO SI DISCUTE DI INVESTIMENTI si dovrebbe sempre ricordare lo scopo politico-sociale di fondo: sostenere l'occupazione. A questo proposito bisogna dire che gli investimenti sono di due tipi: capital intensive (molto capitale per unità di prodotto) e riguarda le grandi opere, con ricadute occupazionali modeste per unità di spesa; labour intensive (molto lavoro per unità di prodotto) come per il ripristino e riqualificazione del territorio, delle infrastrutture e del tessuto urbano, ma anche per la manutenzione delle infrastrutture esistenti (interessante il Piano 2016 per la ristrutturazione antisismica delle scuole). Questo secondo tipo di investimenti sono meglio modulabili in funzione anticongiunturale e consentono di ridurre gli interventi emergenziali, la salvaguardia di vite umane e del patrimonio artistico e naturale.
    L'ABBATTIMENTO DELLE TASSE, come l'aumento degli investimenti pubblici, ha effetti sia dal lato della domanda che dal lato dell'offerta (ma nel medio-lungo periodo). Una riduzione delle tasse che voglia effettivamente stimolare la domanda aggregata dovrebbe riguardare i redditi medio-bassi. Il costo per il bilancio pubblico, però, sarebbe alto e difficilmente compensabile con l'incremento delle tasse sui redditi alti e sui patrimoni consistenti.
    La riduzione delle tasse sul lavoro, invece, ha poche controindicazioni e serve a riguadagnare competitività sui mercati internazionali (infatti le esportazioni volano). Si tratta di una specie, atipica, di “svalutazione interna”, ha l'effetto di alleggerire il costo del lavoro per le imprese e quello di stimolare il desiderio degli individui di lavorare e consumare (gli 80 Euro hanno questo scopo).
    La riduzione delle imposte patrimoniali sugli immobili è già stata fatta sollevando critiche interne e da parte della Commissione europea. A meno che non si voglia eliminare l'IMU anche sulle categorie A/1 – A/8 e A/10 cioè sulle grandi ville, i castelli e gli Uffici a destinazione mista anche abitativa. Con quale ricaduta positiva, poi?
    A parità di impatto sul deficit, una riduzione di tasse ha un effetto espansivo maggiore o minore di un investimento?
    Tutte le indagini empiriche ci dicono che l'effetto espansivo di una riduzione delle tasse (in presenza di un'evasione patologica) è largamente inferiore a quello che si avrebbe aumentando gli investimenti pubblici, se si considera, fra l'altro, che con il nuovo Codice degli appalti del 2016 è possibile realizzare spesa pubblica più efficiente e meno inquinata.
    Tutte le indagini empiriche ci dicono che risultati espansivi (inclusi l'attrazione di investimenti esteri) decisamente superiori alla riduzione delle tasse si possono conseguire attraverso la certezza dei contratti, l'efficienza e la coerenza della giustizia civile, la repressione della criminalità, il grado di formazione professionale e l'efficienza della logistica.
    ENELL'EUROZONA COSA SI POTREBBE FARE PRIMA DI RIVEDERE I TRATTATI?
    Possibile che in questo continente che ha subito, con la Crisi, una devastante distruzione di capitale non si implementino progetti di investimento seri, massicci e di lunga durata, con i costi finanziari ad un livello talmente basso che non si vedevano così da ottant'anni?
    Il Piano Junker fondato su finanziamenti a leva si è rivelato un bluff. Piuttosto, i governi tedesco (a guida economica SPD) e olandese, nei cui paesi gli investimenti pubblici sono stati molto carenti negli ultimi dieci anni, non hanno il coraggio di indebitarsi a un tasso inferiore all'1%?
    Se si vuole limitare l'aumento di debito pubblico nei paesi già molto indebitati si facciano almeno investimenti infrastrutturali nei paesi con basso debito (70%). Gli effetti positivi si farebbero sentire all'interno degli stessi singoli paesi (aumento dell'occupazione e della domanda) e direttamente e indirettamente in tutti i paesi dell'Eurozona.
    Naturalmente non è tutto oro quello che luccica: tutto è molto più complicato di quanto appare a prima vista, nonostante la faciloneria demente dei nuovi apprendisti stregoni.

    Tommaso Basileo

























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