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Verona,8 Dicembre 2022

Il disarmo culturale dell’Occidente: abominevole Uomo Bianco?

    Secondo il nuovo mantra ideologico che macina miglia e scava nelle coscienze aldilà e al di qua dell’Atlantico, gli americani e gli europei non hanno più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, hanno solo crimini da espiare. L’abominevole Uomo Bianco è accusato di ogni nefandezza: del genocidio dei nativi, di una colonizzazione violenta, di secoli di oppressione e di sfruttamento, incluso il crimine dello schiavismo e tutte le sue eredità nella società attuale. Vera o falsa questa narrazione? Lo vedremo scavando nella Storia reale.
    Intanto, il genocidio dei “nativi” (nativi, in realtà, arrivati dall’Asia durante la grande glaciazione, come dimostrò Cavalli-Sforza) com’è ampiamente documentato dalle ricerche più recenti, avvenne perlopiù attraverso una involontaria guerra batteriologica. Le armi segrete degli europei viaggiavano dentro i loro organismi e negli animali domestici trasportati nelle stive delle loro navi. NON POTEVANO SAPERLO. Ora lo sappiamo, però. Per millenni la separazione tra la biosfera delle Americhe e quella dell’Eurasia aveva contribuito a differenziare le specie umane e animali. I nativi americani erano stati risparmiati dalle nostre malattie, ma per questa ragione erano privi di qualsiasi immunità naturale. Contro i rudimentali moschetti spagnoli o inglesi potevano difendersi, contro il vaiolo e il morbillo no. Quindi, fu la ricongiunzione dei continenti in un’unica biosfera la causa che determinò lo sterminio dei nativi.
    La realtà storica non interessa affatto i nuovi crociati anti-occidentali.
    Lo schiavismo è il più orribile dei crimini, daccordo, ma fu generato dall’Uomo Bianco?
    In realtà era una pratica diffusa fra tutti i popoli indigeni ma questo non appare nei manuali politically correct. Inca, maya, aztechi: tutti lo praticavano (insieme ai sacrifici umani). Anche gli imperi precoloniali dell’Africa avevano un’antica consuetudine con lo schiavismo. Come pure gli arabi, e le successive potenze islamiche, che furono tra i più spietati mercanti di uomini. Questa non è una scusa, non ci procura un’assoluzione etica: alla nostra coscienza moderna ripugna lo schiavismo sia che lo praticassero gli ateniesi o i persiani, i romani o i saraceni, gli africani o gli aztechi. Condannarlo anche sui banchi di scuola è sacrosanto; così come è giusto ricordare che dopo la colonizzazione delle Americhe fece un odioso salto dimensionale (la triangolazione), per la vastità della sua applicazione. Il revisionismo storico, però, non è accettabile.
    SI NARRA che la Razza Bianca, ha distrutto delle civiltà pacifiche, rispettose dei diritti umani, capaci di vivere in armonia con la natura. Questo mito non è nuovo. Ebbe la sua prima fioritura all’epoca del movimento hippy. Ma questo mito dell’Arcadia perduta non regge alla prova dei fatti. Le ricerche scientifiche sulla storia agricola delle civiltà precolombiane rivelano che quei popoli praticavano con disinvoltura la manipolazione genetica e modificarono in profondità l’ambiente naturale che avevano trovato in Nordamerica. Jared Diamond, insieme ad altri studiosi, ha fatto risalire il collasso della civiltà maya a un dissennato sfruttamento delle ricchezze naturali, una devastazione dell’ambiente che portò al tracollo delle risorse necessarie per il sostentamento della popolazione.
    L’Arcadia non era tale neanche per i diritti umani. Non era in mano ai pacifisti quel giardino dell’Eden. Nella realtà, i nativi ebbero diversi imperi, potenze aggressive e dominatrici, tutt’altro che tenere verso le vittime della loro oppressione. Uno di questi lo costruirono i Comanche e fu così forte da tenere a bada per molto tempo le potenze coloniali europee. I Comanche perseguirono una dominazione sistematica e crudele, fino al genocidio dei loro nemici Apache, per sgominare i quali praticarono astute alleanze internazionali e un massiccio commercio di armi da fuoco con i bianchi. Conoscevano l’arte della diplomazia, della Realpolitik, delle coalizioni d’interessi fra nazioni.
    Questa è la storia vera, non la favola in cui tutti i buoni sono da una parte e i cattivi dall’altra. Non toglie nulla agli orrori di cui furono capaci i bianchi. Durante la conquista del Far West gli indiani si videro togliere le loro terre, con un’operazione che oggi sia negli Stati Uniti che in Europa sarebbe assolutamente illegale (non così in Cina dove gli espropri di territori “per ragioni di Stato” sono tutt’ora possibili). In due secoli, per fortuna, siamo cambiati molto, in meglio. Ma la condanna inappellabile contro i bianchi di oggi, geneticamente razzisti, non si sposta di un millimetro.
    La narrazione che ricostruisce e spesso manipola la storia della colonizzazione europea come la lotta di un ceppo etnico intrinsecamente malvagio – i bianchi – contro tutti gli altri, idealizzati ed esaltati, sta determinando conseguenze culturali e politiche ad ampio raggio. In realtà avrebbe più giustificazioni storiche, non tanto nei metodi (umani, troppo umani) quanto per gli obiettivi, la originaria colonizzazione piuttosto che la deprecabile modalità con cui si condusse la decolonizzazione, soprattutto in Africa e M.O., “avvelenando i pozzi” prima di andarsene. La colonizzazione fu il frutto di una asimmetria storica evidente: le grandi concentrazioni umane e la civilizzazione evoluta si determinarono in Europa e in Cina, luoghi ricchi di progettualità creativa e privi di risorse naturali. La decolonizzazione, invece, realizzata lasciando il caos e la divisione alle proprie spalle è stata un boomerang per gli europei il cui prezzo continuano a pagare a caro prezzo anche ai nostri giorni.
    L’atteggiamento verso le migrazioni è una delle conseguenze di queste narrazioni oltre l’assurda Cancel Culture. Nella versione che domina tra le élite democratiche sia americane che europe, bisogna accogliere i migranti per ragioni umanitarie poiché fuggono da guerre (Siria, Ucraina) o gravi carestie (Africa Orientale). Questa è la ragione più trasparente, a condizione di poter esplicitare concretamente la nostra generosità. Poi c’è la versione della sinistra no border sia americana che europea che sostiene la tesi di un’apertura senza limiti perché noi siamo i veri colpevoli delle sofferenze dei poveri. La motivazione addotta è semplice: gli immigrati sono “meglio di noi”, vengono da una sorta di Età dell’Innocenza, non contaminata da tutte le brutture immorali dello sviluppo e del capitalismo. Questo, però, non è un mito nuovissimo: è ancora quello rinverdito di Jean-Jacques Rousseau. Mai come oggi questo mito è diventato parte integrante del mantra ideologico della sinistra no border che in America fa capo ad Alexandria Occasio-Cortez una anarco-sindacalista a scoppio ritardato (da non confondere con Bernie Sanders che è un socialista democratico che sa benissimo quanto è perverso creare un “esercito di riserva” a disposizione dei capitalisti) e in Europa, con lo stesso obiettivo insensato si agitano le proposte dei gruppi più radicali.
    La Occasio-Cortez che non ha fatto un fiato sulle nuove forme di schiavismo nel mondo, in particolare sui seimila morti per lo sfruttamento brutale nella realizzazione degli stadi nel Qatar, ce ne ha per tutti negli SU. Passi per l’esagitato Trump ma anche per Obama e Biden. Il suo leit motiv: “Per decenni gli Stati Uniniti hanno destabilizzato l’America latina. Gli abbiamo incendiato la casa, poi non vogliamo che fuggano”. Strano che fuggano anche da Cuba e Venezuela. E’ indiscutibile che le politiche di Washington verso i vicini del Sud hanno spesso avuto effetti deleteri. Tuttavia, descrivere le colpe degli USA come la causa dominante dell’emigrazione e sostenere che bisogna accogliere chiunque ne faccia richiesta, è una forzatura. Fino all’iperbole di definire “campi di concentramento” i centri di raccolta dei richiedenti asilo alla frontiera. La stampa libera è stata autorizzata a visitarli abbastanza spesso per verificare le condizioni di vita; non accadeva proprio la stessa cosa ad Auschwitz, Dachau e Buchenwald. A coronamento di queste assurde invettive, la Occasio-Cortez continua a chiedere che “vengano estesi agli immigrati senza documenti tutti i benefici del Welfare”.
    Il passaggio successivo, nell’ideologia della sinistra no border, consiste nel dare a questi immigrati senza permesso di soggiorno anche il diritto di voto. Subito, prima di essere integrati. E comunque, sempre secondo questi signori “non è legale chiedere i documenti alle persone che si recano nei seggi a votare”. Così la destra trumpiana, con eccessi simmetrici e speculari, tenta di introdurre ogni sorta di controlli e di esclusioni negli Stati in cui governa e comanda.
    La teoria della Grande Sostituzione ha fatto breccia anche in Europa e ha contribuito in Francia all’ascesa di Eric Zemmour, l’imitatore transalpino di Donald Trump. Sono proprio questi assurdi progetti d’ingegneria sociale che stanno generando negli Usa e in piccola parte anche in Europa la spaccatura a metà del corpo sociale con una crescente contrapposizione che sfiora la guerra civile strisciante.

    Tommaso Basileo

























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