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n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - Verona, 14 Settembre 2016

Coordinate
per uno sviluppo
eco-sostenibile

    Ogni specie vivente vede il proprio successo evolutivo determinato dalle risorse che l'ambiente le offre, e dalle proprie capacità di adattamento: queste ultime possono manifestarsi in ambiti molto diversi, da quello anatomico, a quello fisiologico, a quello comportamentale.
    Bisogna rendersi conto che sotto il profilo concettuale è molto difficile prendere atto della irreversibilità dei fenomeni. Siamo abituati a pensare che l'uomo sarà capace di risolvere tutti i problemi che incontrerà sulla sua strada: ciò equivale a ipotizzare che i processi siano tutti reversibili.
    La legge della produttività decrescente dell'energia sussidiaria ci avverte, ad esempio, che la produttività del nitrato artificiale, misurato in termini di resa addizionale, sta diminuendo, e le verifiche sperimentali lo confermano; un giorno la produttività del nitrato sarà così bassa che non potremo più impiegarlo. Rinviare le decisioni a “quel giorno” significa ipotizzare che gli uomini che saranno vivi “quel giorno” saranno tanto liberi di modificare le tecnologie di concimazione quanto siamo liberi di farlo noi, adesso; ma questo semplicemente non è vero.
    Fare i conti con la irreversibilità dei fenomeni fu difficile perfino nell'ambito della conoscenza fisica del mondo, ancora più difficile è fare questi conti nell'ambito dell'intervento politico, dal quale ci si aspetta, che possa in ogni momento intervenire, con la bacchetta magica, sulla catena “causa-effetto”.
    Dobbiamo cercare intanto di superare due snodi concettuali.
    Il primo si basa sul presupposto che oggi ad essere minacciata sia la sopravvivenza della specie umana. Ma è veramente così? Veramente è questo il problema all'ordine del giorno? Anche i peggiori scenari prevedibili, possiedono tali dimensioni temporali che si porrebbero assolutamente al di fuori della comprensibilità delle presenti generazioni. Ciò che abbiamo acquisito a proposito della “cultura della complessità” ci dovrebbe tenere al riparo da previsioni basate su estrapolazioni lineari così incerte. Il problema sembra invece un altro. Il peggiorare delle condizioni ambientali del pianeta, può eliminare molte opportunità di vita, produrre squilibri e costi per determinati gruppi umani, rendere ancora più difficile e insicura l'attività produttiva e riproduttiva in determinate aree del pianeta. Ma, soprattutto, ridurre le chances globali delle generazioni future.
    Il secondo snodo concettuale è quello di affermare che di per sé un migliore equilibrio ambientale sia foriero anche di uno sviluppo più equilibrato e meno diseconomico. Questo modo lineare di ragionare non ci aiuta a capire perché tanto testardamente l'uomo abbia depredato le risorse naturali e continui a farlo in tutte le latitudini. Dovremmo invece renderci conto che un migliore equilibrio è possibile ma a determinate condizioni e non in modo automatico. Bisognerà mettere in primo piano il “come”. Il miglioramento degli equilibri ambientali non si farà a spese della possibilità di crescita dei paesi del Sud del mondo e dovrà essere in grado di innestare nel Nord del mondo uno sviluppo qualitativamente nuovo.
    Non si possono determinare, quindi, con precisione limiti ecologici assoluti. E' certo invece che esistono limiti relativi.
    C'è una via d'uscita a questo processo di degradazione?
    Le vie di uscita sono tre e non si escludono tra di loro.
    La prima via consiste nella definizione di disincentivi all'impiego di risorse scarse o dei processi inquinanti, o delle azioni congestionanti. Si impongono tasse sui processi produttivi inquinanti. Si prescrivono norme amministrative positive (standard) o negative (divieti). Questo approccio ha sempre sollevato obiezioni importanti e può produrre effetti controintuitivi.
    Una seconda via d'uscita consiste in una profonda innovazione tecnologica:
    nuovi materiali – nuovi processi – nuova energia.
    Il ciclo dei materiali dell'età industriale si sta esaurendo. La direzione imboccata è quella di creare materiali sintetici, ma provvisti di caratteristiche ecologiche di durata, flessibilità, fungibilità e biodegradabilità: superleghe, metalli vetrosi, leghe magnetiche, superconduttori. L'accesso a materiali praticamente inesauribili (fatti di terra) e a nuovi materiali sintetici richiede, però, l'invenzione di nuovi processi e, comunque, il ricorso a grandi quantità di energia.
    Quanto ai processi, l'orientamento della tecnologia è quello del riciclaggio. In futuro, il costo dell'estrazione, della produzione di rifiuti e dell'inquinamento, orienterà la produzione da processi produttivi di tipo lineare a processi tendenzialmente circolari. Un secondo tipo di processi di risparmio è rappresentato dai cogeneratori. Ma la vera rivoluzione tecnologica in atto è quella informatica e biotecnologica.
    L'informatica, come tutti sanno, permette di raggiungere altissime velocità nell'elaborazione del pensiero formalizzato; di conservarlo in supporti sempre più ridotti con sempre maggiore densità; di tradurlo e di convertirlo nelle forme più svariate e fungibile (parole, segni, immagini); di trasmetterlo a distanza in tempo istantaneo.
    La biotecnologia è la rivoluzione più sorprendente circa il nesso economia ed ecologia, consente di: addomesticare batteri mutanti per produrre nuove sostanze nutritive, biodegradare i rifiuti organici, produrre metalli grazie ai batteri solfatoriduttori, sostituire pesticidi chimici. Consente tecniche di bio-conversione; le fabbriche bio-chimiche per la produzione di metanolo a partire dalla cellulosa, di gas dai rifiuti animali, di acidi acrilici o lattici ecc. ecc.
    Ma è proprio sul fronte energetico che rischia di infrangersi il sogno, perché i nuovi materiali e i nuovi processi hanno bisogno di tanta energia.
    L'epoca del carbone e del petrolio è al tramonto. Per quanto riguarda le alternative le prospettive esistono e sono promettenti, sia sulle fonti (sole -biomassa – fusione nucleare – calore della terra, eolico) che per quel che riguarda i processi tecnologici: dai pannelli solari alle cellule fotovoltaiche, dalla produzione di idrogeno al fotone e tutte le loro combinazioni: estrazione di idrogeno dall'acqua con l'elettricità prodotta da energia solare catturata con cellule fotovoltaiche; metano solare che alimenti un cogeneratore di energia elettrica e di calore.
    Le caratteristiche di una nuova base energetica dovranno essere: a) risorse rinnovabili; b) risorse disperse geograficamente e geologicamente; c) tecnologie di distribuzione articolate; d) processi poco inquinanti.
    C'è, infine, una terza via per uscire dall'attuale processo di degradazione: una tensione alla creatività nella progettazione e realizzazione dei nuovi “ambienti artificiali”. Serve, cioè, una politica del territorio per l'attrezzatura delle zone sottratte all'urbanizzazione o all'industrializzazione; per ricostruire il manto ecologico di zone devastate dallo sfruttamento; per organizzare parchi e riserve naturali accessibili; per ripopolare l'ambiente di specie biologiche votate all'estinzione; per riorganizzare la vita urbana distendendone la congestione.
    Tutti questi orizzonti si aprono in una cornice ben più complessa , ricca , evoluta scientificamente di quelle delle “utopie del villaggio”, o delle “Decrescite felici” con carriole, biciclette e flauti, utopie da cui si omette, rigorosamente, di includere lo sfruttamento e le iniquità collegate con una economia a bassa produttività del lavoro.

    Tommaso Basileo
























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