L'ISTRICE


Quando le notizie pungono


Le Rubriche


 

Sommario

Libri

SeBook

Ex Libris

Dialettando.com

Home Page Simonel

The Web Park Speaker's Corner

   

 

n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45- 46 -
Verona, 18 GIUGNO 2019

Il Politically correct
fase suprema
del progressismo?

    Il 9 aprile 1870, Karl Marx scrisse una lettera a Sigfrid Meyer e August Vogt esponendo le sue riflessioni sulla “questione irlandese”, compresi gli effetti della immigrazione in Inghilterra: “Ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra possiede ora una classe operaia divisa in due campi ostili, proletari inglesi e proletari irlandesi. L'operaio comune inglese odia l'operaio irlandese come un concorrente che comprime il suo livello di vita... Questo antagonismo è il segreto dell'impotenza della classe operaia”. E stiamo parlando di forzata convivenza tra inglesi e irlandesi.
    Marx non era certo infallibile. Diverse delle sue analisi e profezie si sono rivelate completamente errate ma, soprattutto, ebbe la iattura che proprio invocando le sue teorie si costruirono odiosi e sanguinari regimi totalitari. Oggi, però, è davvero sorprendente quello che sta avvenendo: la “riscoperta di questo Marx” è realizzata, prevalentemente, nei circuiti della Nuova Destra Sovranista sia nella versione rosso-bruna che in quella neo-con, al di qua e al di là dell'Atlantico.
    La separazione e l'allontanamento continuo tra gli intellettuali progressisti e il “popolo” ha cominciato a prendere corpo lentamente già intorno agli anni '90 del Secolo scorso, esauriti i 30 anni d'oro, con la globalizzazione montante. Poi, questo distacco si evolse molto rapidamente dopo lo Tsunami 2008 e la gravissima crisi economico-sociale che ha investito soprattutto l'Occidente. Possiamo dire che questo distacco e allontanamento si è espresso via via con il manifestarsi e il consolidarsi di DUE AUTOMATISMI (una sorta di riflessi condizionati) contrari e irriducibili che sono stati scolpiti come luoghi comuni o nuovi dogmi, fra questi e quello, e sono stati ormai fissati e metabolizzati tanto da risultare insuperabili.
    L'automatismo che riguarda gli intellettuali progressisti: “l'immigrazione è una risorsa a cui non possiamo e non dobbiamo rinunciare”. L'automatismo che riguarda il popolo: “l'immigrazione è la causa fondamentale dei bassi salari/riduzione dei diritti, dell'insicurezza e della perdita di identità”.
    La conclusione cui perviene la maggioranza degli intellettuali progressisti è che la classe operaia e i ceti popolari medio-bassi siano stati colpiti e ottenebrati da una virulenta epidemia di razzismo e da forme nuove di rigurgito fascista.
    La conclusione cui perviene il popolo è che il cosmopolitismo, il garantismo spinto e la volontà inclusiva e umanitaria delle élite progressiste, fautrici della SOCIETÀ APERTA, si fonda sulla totale indifferenza se non sull'ostilità, tra il classista e l'antipattriottico, nei confronti dei connazionali più svantaggiati e incolti.
    Queste idee, queste affermazioni vengono ormai ripetute come un mantra. Nessuno si preoccupa di fare verifiche puntuali sui casi concreti, con indagini sul terreno. Siamo dentro ad una epidemia in progressione geometrica, ma nessuno pare interessato dalle cause. La teoria economica classica ci dice che l'immigrazione arricchisce il paese che la riceve, sia pure dopo un certo intervallo di tempo. Il meccanismo descritto dai classici è semplice, anche troppo: l'aumento di forza lavoro fa scendere i salari e fa aumentare produzione e profitti, ma questi profitti vengono reinvestiti. La crescita economica si rafforza e alla fine i salari aumentano. Il Prof. Robert Rowthorn neokeynesiano di Cambridge dice che questa teoria “è piena di buchi”. Tanto per cominciare, l'intervallo temporale prima che l'effetto sia benefico sui salari può essere molto lungo, più che decennale (una parte della gioventù ne subirà inevitabilmente l'impatto). Inoltre, con il nostro stabile calo demografico, per garantirci la manodopera e i versamenti contributivi al sistema previdenziale l'immigrazione, in teoria, dovrebbe continuare ad un ritmo, anche se controllato, sostenuto. Oggi in UE rappresenta ca. il 14% della popolazione autoctona (in Italia il 10%) ma nel 2040 potrebbe, a questo ritmo, superare il 28%.
    Su questo piano si intrecciano una miriade di luoghi comuni che pochi hanno tentato di falsificare scoraggiati forse dallo stato di intossicazione emotiva delle nostre Comunità.
    “L'immigrato viene a fare lavori che noi (dopo 50 anni di scolarizzazione, inurbamento e benessere diffuso) non vogliamo fare più”. Difficile negare che: dalla concia delle pelli, ai marmi, alla raccolta agricola, alla cura degli allevamenti, eccetera, trovare braccia patriottiche è molto difficile. Ma qualcuno precisa, senza alcuna cognizione della dinamica dei salari, dei prezzi e dell'equilibrio costi/ricavi, che: “con uno stipendio allettante anche i nostri concittadini/e si adatterebbero a fare le badanti o le colf”. CERTO! Con la conseguenza che due terzi della popolazione anziana, che attualmente è in condizioni di usufruirne, dovrebbe farne a meno. Ci sono molti cittadini italiani che fanno lavori faticosi e pericolosi: i camionisti o i gruisti ma gran parte di costoro sono padroncini. Ci sono una miriade di lavori vecchi e nuovi fatti con P. IVA. Ci sono 600.000 posizioni di lavoro (le più diverse) inevase, solo in Italia, segnalate dalle Camere di Commercio. La struttura industriale del nostro paese si è un po' rattrappita negli ultimi 30 anni ma non a causa delle sole delocalizzazioni. Oggi, al posto dei classici colletti blu, stanno crescendo addetti alle pulizie, fattorini delle consegne, vigilantes, magazzinieri, giardinieri. Aumentano i riders e gli operatori di call center. Tutta questa nuova classe operaia è meno pagata e pochissimo sindacalizzata di quella tradizionale. Ci sarebbe un bisogno fisiologico di immettere nella PA sangue fresco con criteri di funzionalità. Ci sono settori stremati come gli ospedali in cui si comincia a parlare di importare figure mediche e paramediche dall'estero.
    INTENDIAMOCI, se il nostro obiettivo resta la crescita economica e non la “decrescita felice”, questa dipende, come sempre, da TRE fattori: RISPARMIO – DOTAZIONE TECNOLOGICA – NUMERO DI LAVORATORI. Ma, questi fattori non è indispensabile che crescano tutti insieme. Se diminuisce la popolazione, l'aumento delle dotazioni tecnologiche può supplire efficacemente alla carenza di lavoratori.
    Ci sono lamentazioni e proteste rancorose che salgono ormai da tutte le parti, non solo dalle solite “periferie”. In generale, le persone vivono con sofferenza e una certa indignazione il fatto di dover dividere, con degli estranei appena arrivati, i frutti di un wellfare (già una coperta vecchia e corta) costruito e cumulato con i sacrifici di tre generazioni. Le giovani famiglie proletarie con prole si lamentano della concorrenza delle famiglie straniere con prole numerosa sui servizi e sui diritti. Gli anziani hanno ormai realizzato che l'intasamento dei Pronto Soccorsi, gli incrementi dei tickets e le liste di attesa per esami diagnostici dipendono anche dalla pressione crescente esercitata dagli immigrati sulla sanità.
    POI, C'E' IL PARADOSSO RIDICOLO/DRAMMATICO DELLA PERCEZIONE SICUREZZA. I delitti, nonostante la crisi economica e sociale, sono statisticamente in calo da 20 anni. Girando, però, per le Stazioni Ferroviarie, per i parchi, per le piazze e per le strade a tutte le ore, la percezione di “pericolo” dei nostri concittadini fermenta. Nelle città italiane, al contrario delle città europee e americane, non si vedono circolare poliziotti o vigili di quartiere. Quanto sia razionalizzabile la paura di essere continuamente fatto oggetto di richieste di aiuto o di acquisto di qualcosa, non saprei dire. Le persone si sentono sole. Cresce la preoccupazione per la mobilità sicura di mogli, figlie o nipoti. Si ribatte che l'orribile sequenza di femminicidi è, soprattutto, violenza fatta in casa. Ma è sufficiente questa realistica constatazione?
    Le recenti norme sulla Sicurezza varate in Italia sono fantastiche. Qualche luce e tante ombre. Apparati propagandistici, altro che Legge&Ordine. Magari! Sono rimasti quattro gatti, del resto, quelli che pensano si possa realizzare “giustizia e libertà” nell'illegalità e nel disordine. Ma queste norme non sono una risposta alla paura dei cittadini, non incidono sulle ragioni della paura, anzi, la coltivano e la esasperano. IL NUOVO MESSAGGIO chiaro e fermo sul tema immigrazione si sta rivelando un bluff che alimenta solo un gioco delle parti in teatro.
    INFINE, l'ansia crescente per la perdita di identità. Nell'Europa Occidentale non circola, come nelle realtà di Visegrad, un concetto intollerante di appartenenza e di esclusione. Non è in questione la società assolutamente omogenea senza differenze etniche, religiose e culturali: le patrie dell'anima. Storie diverse producono ansie diverse. Nella parte occidentale dell'Europa lo scopo della “resistenza all'invasione” è centrato su due obiettivi: “sostenibilità” degli ingressi e dell'integrazione e assoluto rispetto delle regole nazionali.
    Faticoso e snervante ma assolutamente doveroso è cominciare a trattare questi argomenti, qui appena abbozzati, con realismo e sincerità.
    È necessario assumere, quindi, le posizioni degli avversari Sovranisti su questi temi? CERTO CHE NO. Ci sono tabù umanitari che l'orda montante si appresta a travolgere e che noi vogliamo salvaguardare. Sapendo, però... che il consenso popolare è stato fondamentale per la tenuta delle monarchie assolute e persino per le dittature, figuriamoci per le moderne Democrazie.

    Tommaso Basileo

























© Copyright Simonelli Editore - All the rights are worldwide reserved