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Verona, 17 Marzo 2018

Valorizzare
il fattore lavoro

    Prendo spunto da un saggio appena pubblicato “LAVORETTI” di Riccardo Staglianò, Einaudi 2018, dove l'autore analizza gli effetti della Sharing economy sregolata, praticata a sempre più ampio raggio, da alcuni anni, in Europa e Nord America. Staglianò, punta il dito su Sindacati e Governi nazionali perché si muovano in fretta per realizzare una effettiva “condivisione” organizzando, contrattualizzando e legiferando sul fenomeno prima che consegni ai giovani un futuro senza welfare. L'autore avverte: le occupazioni sottopagate e l'evasione completa degli obblighi fiscali di Uber, Airbnb e delle altre piattaforme camuffano le loro imprese dietro un mistificatorio racconto della modernità.
    Questo articolo, tuttavia, ripropone due pagine di un mio vecchio saggio “Il Progetto nella società aperta” Ed. Il Segno 1996, dal capitolo “La metamorfosi della società lavorista. Razionalità economica e tempo liberato”.

    “Le imprese, per sopravvivere sul mercato globale, praticano da quasi un decennio una strategia di flessibilizzazione contemporaneamente su due piani: il nucleo stabile del personale aziendale deve avere una flessibilità funzionale; i collaboratori periferici, da parte loro, devono presentare una flessibilità numerica. In altre parole, attorno al nucleo di lavoratori stabili, che presentano un ampio ventaglio di qualificazioni, fluttua una manodopera periferica dalle qualificazioni medio-basse, sottoposta ai rischi della congiuntura.
    Il nucleo stabile, in cambio della sicurezza occupazionale, deve accettare la mobilità professionale tanto a breve termine (cambiamento di posto di lavoro, allargamento delle competenze) quanto a lungo termine (demansionamento, modificazione dei progetti di carriera).
    La qualificazione del nucleo stabile è essenzialmente aziendale, che l'impresa garantisce, completa e allarga continuamente attraverso la formazione interna. L'azienda dipende dunque strettamente dal personale che ha formato, e viceversa.
    I collaboratori periferici si compongono di due strati: il primo è impiegato in modo stabile per lavori di ufficio, di sorveglianza, di manutenzione e di collaudo d'impianti, ma non possiede qualificazioni elevate e può essere rinnovato, completato o rimpiazzato senza grandi difficoltà (in assenza della piena occupazione). Di qui l'esistenza di un secondo strato di lavoratori periferici, assunti in via provvisoria e, sovente, a tempo parziale, quando la congiuntura lo esige.
    Gonfiando e sgonfiando, quindi, secondo le esigenze del momento la quota di lavoratori precari, temporanei e a tempo parziale, l'impresa cerca di adeguare in modo “ottimale” l'organico alle fluttuazioni del mercato.
    Le collaborazioni esterne, infine, comprendono sia professionisti molto qualificati (analisti finanziari, esperti in informatica e marketing, revisori contabili ecc.), sia persone prive di particolare qualificazione (servizi di pulizia, di trasporto, di ristoro), nonché i collaboratori fluttuanti, occasionali, dei numerosi subfornitori, subappaltatori, partite IVA.
    Questo scenario realistico, andando avanti, potrebbe diventare drammatico nelle fasi cicliche depressive. Lecher, nel 1990, stimò che, nel giro di trenta anni, i lavoratori dipendenti tenderanno a ripartirsi tra queste tre categorie nelle proporzioni seguenti: 25% nel nucleo permanente, 25% di periferici stabili, 50% negli impieghi esterni o periferici precari, occasionali, non qualificati”. […]
    “Le conseguenze di questa “evoluzione” possono avere, com'è facilmente evidente, ricadute incalcolabili sulla coesione sociale e sulla tenuta delle Istituzioni democratiche. L'ineguale ripartizione del lavoro della sfera economica e l'ineguale ripartizione del tempo liberato dall'innovazione tecnologica, fanno sì che le élite professionali iperattive possano acquisire, oltre a buoni risultati economici, un supplemento di tempo libero dagli altri, e che i precari siano ridotti a mettersi a servizio dei primi. Questa stratificazione della società è diversa dalla stratificazione in classi. A differenza di quest'ultima, non riflette le leggi immanenti al funzionamento del sistema economico.
    L'ingiustizia è lampante. Come se gli esecutori dei “lavoretti”, oggi, in larga misura diplomati o laureati, non fossero anch'essi capaci di svolgere attività produttive o creative. Essi, invece, devono adeguarsi per campare a portar cornetti caldi, la pizza a domicilio o portare i cani a spasso per i giardinetti o distribuire volantini pubblicitari”.

    Nel nostro inizio di secolo, la frontiera dell'economia e l'evoluzione dei sistemi produttivi con l'automazione, l'ottimizzazione dei processi e i sistemi qualità è potenzialmente in grado di produrre ormai di tutto e di più senza altri limiti che quelli ecologici e della liquidità (la domanda solvibile). Il limite ecologico si ottiene con la sostenibilità (spesso dribblato con la filosofia delle soglie), quello della solvibilità delle persone o con gli aumenti salariali o con le carte di credito.
    I prezzi, in questa fase fortemente concorrenziale tendono a rimanere fermi. Ma per rianimare la crescita occorre aumentare i redditi reali dei lavoratori sia attraverso la contrattazione sia con il contenimento del cuneo fiscale sugli stipendi a parità dei prezzi.
    L'orientamento legislativo e contrattuale sul lavoro deve procedere coerentemente: definendo il Salario minimo, rendendo più costosi i lavori a tempo dei lavori stabili, favorendo la contrattazione di secondo livello unico modo capace, in periodo di bassa crescita, di agganciare concretamente e immediatamente almeno i salari dei lavoratori delle imprese vitali (ca. 1/3) agli aumenti di produttività aziendale, redistribuire una parte del lavoro con misure realistiche, bisogna testardamente riuscire ad implementare un'ampia rete di “Uffici del lavoro” (gamba mancante del J.A.) per realizzare dinamiche politiche d'impiego (come in D).
    In altre parole, queste misure devono precedere, poiché sono nella nostra disponibilità, la modificazione, in modo condiviso e non traumatico, di alcuni aspetti controversi dei trattati europei come ad esempio: la differente modalità di imputazione nei Bilanci Statali delle spese per investimenti e per alimentare la spesa corrente, misurazione parametrica integrata del debito pubblico e del debito dei privati. Uno scenario complicato, intendiamoci, dall'affanno degli sviluppi politici in Europa e in tutto l'Occidente, che potrebbe riservarci prospettive imprevedibili.

    Tommaso Basileo

























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