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Verona, 28 AGOSTO 2019

1984 ?

    I buoni romanzi di fantascienza, oltre al loro valore letterario, hanno soprattutto una rigorosa logica interna: date le premesse, ne devono derivare delle conseguenze razionalmente plausibili se non necessarie.
    Chi si autoaffligge seguendo l'omonima trasmissione televisiva può credere che il Grande Fratello sia soltanto un sistema di telecamere utilizzato per esercitare un controllo costante sulla vita privata di alcuni cittadini. Ma in 1984 di George Orwell c'è molto di più, e per “Grande Fratello” si intende il dittatore che domina l'Occidente, un attento educatore che, monitorando minuto per minuto il comportamento dei cittadini, li trasforma in un popolo di persone assolutamente prive di autonomia e di libertà.
    “Il Grande Fratello ti guarda”, minacciano ovunque, nel futuro che Orwell ha immaginato nel 1948, grandi cartelloni con la foto del dittatore. E in ogni appartamento, senza che se ne possa abbassare più di tanto il volume, un teleschermo sempre acceso imbonisce gli spettatori con trionfali dati economici e bollettini di guerra, mentre gli elicotteri della “psicopolizia” spiano casa per casa il comportamento di ogni cittadino in cerca di “psicoreati”.
    Winston, il protagonista, è impiegato al “Ministero della Verità” dove ha il compito di riscrivere in “neolingua” il passato in funzione delle nuove convinzioni e dei nuovi valori dominanti. E tutto l'apparato dello Stato, è un incubo di Ministeri dell'amore, della pace, dell'abbondanza, ma anche di Leghe antisesso e di “Bispensiero”, e sembra operare soprattutto nello sforzo di eliminare dalla memoria collettiva quello che, nella Storia, non risulta omogeneo alle direttive del Partito, unica forza politica ammessa dal “Socing” (il Socialismo inglese).
    Il mondo allucinante descritto da Orwell è fin troppo evidentemente la descrizione di cosa avrebbe potuto rappresentare l'applicazione all'Inghilterra di una forma-stato totalitaria: un universo di egualitarismo meccanicistico, di livellamento violento di ogni spinta individuale e di ogni pulsione incontrollata, di rigide divisioni di classe, con enormi privilegi per la nomenklatura.
    Insieme alla minuziosa descrizione del funzionamento di uno Stato disumanizzato, Orwell racconta un tentativo di ribellione, suscitato dalla nascita di un affetto dal quale, per il protagonista, sembra rinascere la possibilità di una vita autentica e di un sentire genuino.
    La contrapposizione tra la violenza di un mondo costruito sull'imposizione di comportamenti conformi e l'irripetibile originalità di ogni sentimento è lo strumento che permette di capire non solo cosa produce il totalitarismo, ma anche quello che ogni conformismo, anche se non imposto con la forza, comporta.
    Nell'utopia negativa di Orwell non c'è solo l'immagine orrenda di uno stato di sopraffazione e di arbitrio. C'è il tentativo di rappresentare una condizione estrema, ma non necessariamente imposta, di accettazione passiva di valori e paradigmi diffusi.
    Quel teleschermo sempre acceso, quella storia continuamente riscritta insieme alla realtà dei FATTI, quel bisogno di amare il Dittatore sono elementi simbolici di un modello di vita che Orwell ha profeticamente immaginato possibile per il futuro. L'IGNORANZA E' FORZA, recita lo slogan su cui si costruisce il dominio del GRANDE FRATELLO orwelliano.
    Un sinistro presagio di propensioni di cui stiamo facendo esperienza, nostro malgrado, molti anni dopo e senza che ci sia stato bisogno di invasioni straniere, di rivoluzioni o di colpi di stato.

    Tommaso Basileo

























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