L'ISTRICE


Quando le notizie pungono


Le Rubriche


 

Sommario

Libri

SeBook

Ex Libris

Dialettando.com

Home Page Simonel

The Web Park Speaker's Corner

   

 

n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - Verona, 10 Febbraio 2017

Sarà facile smontare il labirinto dell'economia reticolare?

    Intendiamoci, tutto è possibile. Il futuro è aperto e imprevedibile, per questo siamo liberi. Liberi anche di rotolare indietro fino al Medio-Evo. Mister Trump, in combutta con le quinte colonne populiste antieuropee, si è messo in testa di ripristinare i perimetri nazionali come nei bei tempi andati, invoca l'esigenza di costruire tutto ciò che serve agli americani negli Stati Uniti d'America. Rinnega i vecchi Trattati commerciali e le vecchie Alleanze. Ci riuscirà? e quali potranno essere le conseguenze per tutti noi?
    Robert Reich, già nella metà degli anni '90 del secolo scorso, aveva avviato la sua riflessione sul labirinto dell'economia reticolare formulando una domanda semplice ma impegnativa: “Un satellite artificiale progettato in California, fabbricato in Francia e finanziato dagli australiani è lanciato in orbita con un razzo costruito in Russia. Quali tra questi è un prodotto americano? Quale straniero? Come si fa a decidere? E che importanza ha?”.
    Oggi, un cittadino americano che, ad esempio, compra dalla FCA una Jeep Cherokee si impegna inconsapevolmente in una transazione internazionale. Dei 40.000 $ che paga alla FCA, circa 8.000 vanno alla Corea del Sud per montaggi e lavori eseguiti da operai generici, 7.000 vanno al Giappone per componenti avanzate, 3.000 $ vanno all'Italia per la progettazione stilistica e tecnica, 1.600 a Taiwan, Singapore e al Giappone per l'acquisto di piccoli componenti, 1.000 $ alla Gran Bretagna per servizi pubblicitari e di marketing e ca. 200 all'Irlanda e alle Barbados per l'elaborazione dati.
    Il rimanente, 19.200 $, va agli strateghi di NYC, a gruppi di lobby di Washington, a lavoratori della FCA, delle assicurazioni e dei servizi sanitari e, infine, agli azionisti della FCA, la maggior parte dei quali risiede negli USA e in Italia, ma in numero crescente in molte altre parti del mondo.
    La maggior parte degli scambi, dunque, non avviene più con transazioni a distanza tra acquirenti in una nazione e venditori in un'altra, ma tra individui all'interno della stessa Rete.
    La produzione di ricchezza non ha più una sede geografica circoscrivibile.
    Questi individui possono far parte della medesima società multinazionale, fonte comune delle retribuzioni di tutti quanti, oppure può darsi che lavorino alle dipendenze di società diverse che hanno una compartecipazione agli utili derivanti dal lavoro svolto in collaborazione, o può darsi, infine, che tra loro esistano solo rapporti contrattuali per la fornitura di determinati servizi per un onorario prestabilito. Per stare all'esempio di cui sopra, i tecnici italiani che hanno progettato la Jeep Cherokee possono far parte dell'organico FCA o di altra società, magari una società tedesca che concede semplicemente la licenza d'uso dei progetti sviluppati dai propri ingegneri. Indipendentemente dalla configurazione legale, l'aspetto economico che emerge è semplice: gli ingegneri progettisti italiani hanno aggiunto valore a un reticolo globale e per questo loro contributo devono essere ricompensati.
    La trasformazione da produzioni di massa a produzioni ad alto valore aggiunto tocca da vicino anche il problema della proprietà, della nazionalità e del controllo, oltre ad influire sulla decisione se tale problema sia o no di interesse pubblico. Chiunque, all'interno dei reticoli imprenditoriali, possieda le specializzazioni più valide e il maggior spirito d'intraprendenza ha diritto alle massime ricompense, sotto forma di stipendio, premi, o di diritti di concessione o di partecipazione azionaria.
    La competitività degli europei, degli americani, degli asiatici che stanno dentro questo labirinto reticolare, dipende sempre più non dalle fortune di una qualsiasi azienda, e dalla localizzazione territoriale, ma dalle funzioni che questi individui svolgono e dal valore aggiunto che essi contribuiscono ad apportare all'economia globale. Questo significa che i vari cittadini, nel nuovo contesto così configurato, affrontano direttamente, da soli, la concorrenza planetaria, senza la mediazione delle istituzioni nazionali e dei corpi intermedi. In questo quadro, alcuni cittadini, i cui contributi all'economia globale hanno un valore maggiore sui mercati mondiali, hanno successo, mentre altri, i cui contributi sono ritenuti di gran lunga meno validi, restano indietro.
    Alcuni quadri dirigenti o tecnici, alcune categorie professionali che svolgono servizi di tipo simbolico-analitico ad alta specializzazione, ma anche alcuni la cui mansione ricade nella sottocategoria “vendite” sono gli individui meglio retribuiti e più influenti nel reticolo globale, anche se diminuisce la produttività dei loro operai e impiegati di produzione, perché la funzione svolta dai primi ha un “valore” molto maggiore dei secondi per il mercato mondiale. In altri termini: quando ragioniamo di “competitività” degli europei, degli americani o degli asiatici in generale, intendiamo quanto il mondo è disposto a spendere, in media, per i servizi resi da ciascuno di essi.
    Quando parliamo di INTERDIPENDENZA, al giorno d'oggi, non dobbiamo pensare che essa dipenda solo dalla vecchia propensione a scambiarsi beni e servizi ma, piuttosto, alla navigazione dentro questo intreccio mastodontico e complesso.
    Le ineguaglianze che si sono determinate con l'evoluzione di questo stato di cose non sono solo economiche e, aldilà di ogni considerazione, viene “percepita” da un numero crescente di cittadini come iniqua e frustrante.
    “America first” è il grido di battaglia che ha fatto vincere le elezioni a Trump; come “Francia first” è il grido della Signora Le Pen. Il nostro Salvini, poveretto, in questa fase, non può che urlare “Italia first”, ma fallito l'obiettivo tornerà all'origine con “Lombardia first”, in compagnia di molti altri politici in Europa e negli stessi USA. Tutti finiranno per naufragare nel particolarismo regionale. La frantumazione delle Aree Geopolitiche, ma anche degli stessi Stati Nazione potrebbe diventare una realtà.
    Il proposito di GOVERNARE LA GLOBALIZZAZIONE perché non generi squilibri intollerabili e ineguaglianze che minano l'ordinato sviluppo delle società, è un proposito assolutamente prioritario (anche OCSE e FMI si sono espressi in questi termini).
    Le risposte confezionate dal neo-nazionalismo che rifiuta il Multilateralismo e, in prima battuta, suggerisce di chiudersi ognuno in casa propria, è infinitamente velleitario, dannoso per il benessere di tutti i popoli e foriero di conflitti violenti ad ampio raggio.

    Tommaso Basileo

























© Copyright Simonelli Editore - All the rights are worldwide reserved