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Verona, 15 LUGLIO 2019

I sacri confini
sono mobili?

    Se ci guardiamo intorno non vediamo altro che confini in movimento. Le carte geografiche vanno aggiornate con una frequenza spasmodica. Confini apparenti o confini invisibili, tutti sono soggetti a cambiamenti. Negli ultimi anni sono state rimesse in discussione le frontiere tradizionali tra Stati o dentro le nazioni, non solo in aree tipicamente instabili del pianeta, ma perfino nella vecchia Europa.
    È il caso dell'espansionismo putiniano, dove riaffiora l'antica sindrome zarista: la Russia non è mai abbastanza grande per sentirsi sicura, e per sentirsi meno vulnerabile rende insicuri i vicini.
    È' il caso del Regno Unito che, decidendo di staccarsi dall'Unione Europea, altera il confine esterno di un'aggregazione sovranazionale.
    È il caso della Catalogna, che tenta di divincolarsi dall'antica unità nazionale spagnola, e di Ungheria e Polonia, che tornano politicamente “orientali” dopo la brevissima stagione liberale.
    Ma l'idea che l'Europa potesse diventare un'area stabile e pacifica, dopo la infinita guerra civile seguita alla caduta dell'Impero Romano, dobbiamo considerarla una pia illusione?
    Senza risalire molto indietro, abbiamo avuto negli anni Novanta le guerre che hanno frantumato la Iugoslavia, la separazione morbida tra Repubblica Ceca e Slovacchia, la riunificazione tedesca, la disgregazione dell'Unione Sovietica.
    Delle metamorfosi ancora più profonde sono accadute nei confini invisibili: non tracciati da linee sulle carte, ma talvolta perfino più importanti. In un'ottica di lungo periodo il cambiamento più denso di conseguenze è stato l'allargamento impetuoso delle frontiere dell'economia di mercato. Il capitalismo ha incluso nella propria area d'influenza enormi nazioni, che avevano vissuto a lungo in uno stato stazionario e poi erano state per più di mezzo secolo sotto regimi socialisti. La Russia, la Cina ma anche l'India e il Vietnam, in pochi decenni hanno raggiunto il perimetro delle economie fondate su proprietà privata, profitto, apertura agli scambi commerciali; salvo continuare però a praticare un dirigismo di Stato più o meno dichiarato.
    I confini dell'economia di mercato hanno incluso tre miliardi di persone in più. In parallelo i confini tra miseria e benessere si sono spostati in modo decisivo, con un progresso materiale che non ha precedenti nella storia umana. Tutto ciò è accaduto con un'accelerazione improvvisa, concentrata nell'ultimo quarto di secolo.
    Anche la gerarchia dei rapporti di forze tra interi continenti si è rimessa in movimento. Il pendolo della storia ora torna a oscillare verso l'Estremo Oriente, segnalando un ritorno di centralità di quelle due nazioni, Cina e India, che furono le più avanzate mezzo millennio fa, alla vigilia dell'epoca coloniale e dell'incontrastato dominio europeo sull'85% del pianeta (almeno fino alla Grande Guerra).
    La salvaguardia dei confini degli imperi attraverso i muri è decisamente molto complicata. Le due più importanti civiltà alle origini di ciò che consideriamo Occidente e Oriente, la Mesopotamia e la Cina, sono nate “murandosi”; poi al riparo di barriere si sono ingentilite, si sono pacificate al loro interno, hanno raffinato i propri costumi e culture, infine si sono rammollite e hanno ceduto agli assalti di chi stava fuori. Ma i “barbari” fuori dalle porte, fieri della loro libertà, del loro coraggio, della loro cultura guerriera, inevitabilmente attratti dal benessere e dall'ordine costruito di qua della barriera hanno sempre finito per integrarsi.
    Affrettarsi ad essere per principio pro o contro i muri a salvaguardia dei confini è tipico del costume politico contemporaneo dove tutti sentono il bisogno di identificarsi senza esitazioni con la propria tribù ideologica.
    Le persone reagiscono immediatamente, al giorno d'oggi, quando sentono parlare di confini e di muri e ognuno collega queste tematiche al proprio presente: Il muro che Trump vorrebbe costruire al confine con il Messico; i muri che l'Unione europea vede rinascere al proprio interno (Ventimiglia, Brennero, Calais) o che qualcuno tenta di erigere virtualmente nel Mediterraneo.
    Del resto, dal Vallo dell'imperatore Adriano, che separava l'Inghilterra romana (Britannia) dalla Scozia (Caledonia), fino all'odierno Muro di Betlemme, noi umani abbiamo sentito il bisogno di distinguerci, separarci, proteggerci da altri umani, da tempo immemorabile. Fare un bilancio dell'efficacia di questi muri storici, dei loro risultati, è molto arduo. Provarlo ad immaginare per il futuro, con il moltiplicarsi dei moderni mezzi di comunicazione, è letteralmente impossibile.

    Tommaso Basileo

























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