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Verona, 6 Maggio 2021

Male che vada torneremo ai “giunchi pensanti” di Pascal e di Voltaire?

    Ci sono dei classici che innervano la comprensione del nostro presente anche se sembrano abbastanza inattuali. Uno di questi è il Dizionario filosofico di Voltaire. L’Illuminismo non è tanto di moda oggi; lo è semmai la sua critica. La celebrazione della Ragione non ha portato al Terrore? Non ha spianato la via ai dispotismi del Novecento? Non ha sancito il dominio della Tecnica sull’Uomo? Tutto, insomma, sarebbe nato da quella “strana confusione” che si è prodotta da quando alcuni individui hanno “osato pensare con la propria testa”, e ci hanno pure preso gusto!
    Così faceva già intendere nel dialogo sulla “libertà di pensiero” (nel Dizionario) il conte Medroso, settecentesco notabile portoghese, cui però ribatte milord Boldmind: “Noi in Inghilterra siamo felici solo da quando ciascuno gode liberamente del diritto di dire il proprio parere”. Replica l’altro: “Anche noi siamo molto tranquilli a Lisbona, dove nessuno può dire la sua”. E l’inglese: “Siete tranquilli, ma non siete felici. È la tranquillità dei galeotti, che remano in cadenza e in silenzio”. A questo punto ci si aspetterebbe che il portavoce dell’illuminismo voltairiano pretenda di “emancipare” il povero lusitano. Medroso: “Ma se io mi trovo bene in galera?”. Boldmind: “In tal caso, meritate di esserci!”.
    Per l’illuminista non si dà né totalitarismo della ragione, né qualcosa come un partito che abbia come compito di emancipare chicchessia controvoglia, finendo col rappresentare il disciolto enigma della Storia. L’illuminista, come Socrate, sa di non sapere. Sa quanto delicate siano le nostre costruzioni intellettuali. È consapevole che tecnica e scienza non risolvono tutto (anche se possono rivelarsi di grande giovamento nel caso di pandemie, tsunami, terremoti ecc.). Ha acquisito la cognizione dell’umana fragilità. Come recita l’esordio della voce “Tolleranza” del Dizionario: “Perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze”, poiché “siamo tutti impastati di debolezze e di errori”.
    La parola tolleranza non gode attualmente, nell’era dei Social, di buona stampa: è un atteggiamento che viene sospettato di paternalismo, condiscendenza o più o meno celato senso di superiorità. Per alcuni, la tolleranza rappresenterebbe addirittura un ostacolo a una genuina partecipazione attraverso il conflitto, a un profondo rispetto. Ma io preferisco Voltaire, per il quale la tolleranza era “l’appannaggio dell’umanità” - fuor di metafora, il modo per uscire dal bagno di sangue delle violenze politiche.
    È interessante ricordare anche l’immagine di Pascal: l’uomo è come un giunco, una delle cose più deboli, non c’è bisogno che tutto l’universo si alzi per schiacciarlo, un vapore, una goccia d’acqua basta per ucciderlo, ma è un giunco “capace di pensare”. E Pascal conclude: “Studiamoci dunque di pensar bene: questo è il principio della morale” (Pensieri, n.347).
    E se provassimo a tenere insieme l’illuminista del Dizionario e il cattolico giansenista dei Pensieri, quel Blaise Pascal spintosi persino alla rinuncia ai frutti del suo “talento geometrico” perché colpito dal fluire del mondo, che dispiega ai nostri occhi “l’orribile spettacolo del dileguarsi di tutto quello che possediamo”?
    Perché la speranza possa fluire nel mondo è comunque necessaria la libertà!
    La situazione delle cose umane dipende in ogni generazione nuovamente dalla libera decisione degli uomini che a essa appartengono. Anche se fossimo capaci di costruire strutture sociali che fissassero una determinata – buona – condizione del mondo ma sarebbe negata la libertà dell’uomo, per questo solo motivo non sarebbero, in definitiva, per nulla buone quelle condizioni.
    Non pochi, di fronte alla crescente complessità del nostro mondo, dichiarano magari “con acredine”, come il Walter del romanzo di Musil, che non si deve “rinunciare a cercare un senso nella vita”. Ma se avesse ragione Ulrich, uomo senza qualità: “Perché mai occorre un senso?”. Da voltairiani che si rifiutano di ingabbiare il flusso della vita in questo o quello schema, o Dio in una qualche immagine fatta a nostra somiglianza, preferiamo il Gesù “illuminista” del Vangelo di Matteo (15,13): “Ogni pianta che non piantò il Padre mio celeste sarà sradicata”.

    Tommaso Basileo

























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