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di Silvano Calzini

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Quando leggere è un piacere
e una autentica passione
    
Milano, 16 Marzo 2008

Nabokov,
l’entomologo
dell’amore

  Un romanzo famosissimo di cui è stato detto di tutto, anche da chi non lo ha mai letto, e che ha portato al suo autore fama e successo. Forse troppo, tanto da stravolgere il vero significato del libro e da ingenerare un mare di equivoci su chi lo ha scritto. “Lolita” quando uscì nel 1955 in un’edizione quasi clandestina a Parigi fu uno scandalo e costituì un caso letterario e di costume al tempo stesso. La storia è arcinota: la passione di un maturo professore per una ragazzina di tredici anni che gli ricorda il suo primo amore. Nonostante la differenza di età, l’uomo perde completamente le testa per la giovane ninfetta, tanto da arrivare prima a sposarne la madre per poterle stare vicino, poi a fuggire con la ragazzina lungo le infinite autostrade americane e alla fine, accecato dalla mancanza di lei, a diventare un assassino.
  L’autore è Vladimir Nabokov (1899-1977), nato a San Pietroburgo in una famiglia di grande cultura, ed emigrato in seguito alla Rivoluzione d’ottobre prima in Inghilterra dove completò gli studi, poi a Berlino e a Parigi. Nel 1940 Nabokov si trasferì negli Stati Uniti dove insegnò letteratura russa fino al 1960 quando tornò in Europa, stabilendosi in Svizzera, a Montreaux, e vivendo con la moglie in una suite di un lussuoso albergo fino alla morte. Un uomo coltissimo e raffinato che ha scritto romanzi e saggi in diverse lingue, ma inesorabilmente condannato a essere l’autore di “Lolita”, il libro che ha creato la figura della ninfetta, diventata da allora grazie a lui sinonimo di erotismo e sensualità.
  Molti hanno visto nel romanzo una storia autobiografica, oppure una critica sferzante a un certo moralismo; per altri si tratta di una satira dell’America profonda, quella della sua sterminata provincia. In realtà Nabokov ha sempre considerato tutte queste interpretazioni come della merce di contrabbando, introdotta dai lettori all’insaputa dell’autore. “Non ho alcuna esperienza delle ninfette. Ne ho solo sentito parlare. La mia Lolita è solo una scintilla dell’immaginazione. Non ho voluto scrivere la satira della provincia americana, che è pressappoco uguale a quella francese o italiana”. C’è chi ha letto “Lolita” soprattutto come un romanzo “on the road” ambientato in una foresta di motel e distributori di benzina, ma forse si è fermato alla superficie. Come quelli che lo hanno definito un romanzo pornografico, senza accorgersi che l’analisi psicologica è molto più protagonista del sesso.
  Ma allora che cosa è “Lolita”? Secondo me, lo straordinario romanzo di una passione amorosa, anzi “della” passione amorosa, analizzata e sezionata come in una autopsia. Nabokov era un appassionato e affermato entomologo che per tutta la vita ha studiato e raccolto farfalle, e in “Lolita” ha applicato lo stesso metodo di studio al desiderio, alla passione, all’amore. Il protagonista è terrorizzato dall’idea che la sua Lolita possa crescere e diventare una donna perché sa che allora la magia dell’amore si sfarinerebbe tra le sue dita per non tornare mai più. Chi ha provato una passione devastante e assoluta sa che è un bene prezioso, difficilmente sostituibile. Provate a leggere il libro e ritroverete esperienze, sensazioni ed emozioni anche vostre. Al di là dell’oggetto d’amore, ninfette o non ninfette, Nabokov con il suo romanzo ha lavorato anche per i lettori, scavando in quell’affascinate, tremendo e meraviglioso struggimento che prima o poi si è impadronito di tutti noi, portandoci all’estasi e alla disperazione.

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Silvano Calzini
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  Silvano Calzini, milanese, laureato in Scienze politiche, terminati gli studi ha iniziato a lavorare come redattore editoriale presso varie case editrici. Oggi, cinquantenne, si č lasciato alle spalle l’entusiasmo iniziale, ma non l’amore per le buone letture, Londra, certi silenzi e altro ancora.  









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