la
Bacheca Virtuale
di Silvano
Calzini
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Quando leggere è un piacere e una autentica passione
Milano,
1 settembre 2005
Albert Cohen, ovvero della
passione
Un libro “mostruoso”, un mare in tempesta le cui onde ci sollevano in
cielo per poi farci sprofondare negli abissi, un’orgia di parole lunga
ottocento pagine che sviscera fino al midollo la passione amorosa. Sto
parlando di “Bella del signore”, il romanzo di Albert Cohen, ebreo di
nazionalità svizzera, che nella sua vita (1895 - 1981) ha affiancato
l’attività di scrittore a quella di funzionario in importanti organizzazioni
internazionali. Un libro che è un inno alla passione, quella totale che
travolge tutto e tutti, che non ha riguardo per niente e per nessuno, che
brucia l’anima e che fatalmente è destinata a spegnersi per una sorte di
autocombustione. Una fiamma troppo forte per durare a lungo, ma che proprio
in questa forza smisurata trova la sua grandezza e la sua miseria.
Un sentimento che annichilisce Solal e Ariane, i due protagonisti del
romanzo, incapaci di resistergli, prima quando l’amore irrompe come un
ciclone e sconvolge le loro vite, per poi diventare vittime del suo
spegnersi. Non un’esaltazione sdolcinata della passione amorosa, tutt’altro.
L’autore ci presenta il più classico coupe de foudre tra un uomo e una
donna, con tanto di sottofondo di violini, per poi farne una spietata
autopsia e tirare fuori quanto di più ridicolo e meschino si nasconde dietro
la facciata dipinta di rosa. Un po’ come assistere allo sbocciare di un
fiore, godere del suo splendore e del suo profumo, per poi osservarne il
graduale appassimento e sentire i miasmi della sua putrefazione.
La storia è ambientata tra la Svizzera e la Francia negli anni Trenta e
Cohen descrive la parabola di questa grande passione muovendosi come un
equilibrista tra pagine degne dei classici dell’Ottocento e capitoli in cui
dà libero sfogo a un flusso di coscienza che ricorda da vicino quello
dell’”Ulisse” di Joyce. Per dare un’idea della potenza del romanzo e del suo
autore basta ricordare che “Bella del signore” è stato definito una
cattedrale gotica e Cohen un Proust eterosessuale.
Tutto il libro è percorso da una sottile vena ironica, con parti molto
divertenti e quasi comiche nelle quali l’autore descrive la vita di una
certa grande borghesia del tempo, e anche nelle scene più intense e
drammatiche sembra quasi di scorgere sulle labbra di Cohen un sorriso lieve,
non cattivo semmai condiscendente. Come un invito a non essere troppo severi
con quei piccoli, ridicoli, esseri umani, così simili a tutti noi, in balia
di sentimenti troppo grandi per loro.
Senza dubbio un libro di forte impatto che ci spinge a riflettere
sull’amore, un sentimento che tutti abbiamo provato, o almeno crediamo di
avere provato. In ogni caso un sentimento che vale la pena cercare, sapendo,
come ci suggerisce Cohen, che è un frutto raro e tanto fragile da
estinguersi forse nel momento stesso in cui raggiunge la sua attuazione, se
è vero che l’amore nell’istante in cui nasce ha già i primi sintomi della
sua fine, destinato inesorabilmente a essere consumato dalle piccinerie
degli esseri umani e dalla banalità della vita di tutti i giorni. <br>
Il vero, autentico, valore della passione lo tocchiamo quando l’amore lo
inseguiamo, lo sogniamo, lo desideriamo fino a smangiarci l’anima
all’inseguimento di questa sorta di terra promessa. Una corsa disperata per
arrivare a toccare anche solo per un momento un briciolo di felicità.
Un’avventura eterna e forse senza speranza, ma che da sola può dare un senso
alla vita.
Silvano Calzini
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