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Quando leggere è un piacere
e una autentica passione
    
Milano, 15 Marzo 2007

Carlo Cassola:
le ragioni
del cuore
  

   "Liberiamo pure il proletariato, la donna, ecc. Ma non dimentichiamo che la felicità è una condizione dell'anima. Non si crea cambiando le basi pratiche del vivere. Un insensibile, un arido, un indifferente, sarà un infelice sempre, in qualsiasi società viva."
   In queste parole c'è tutto Carlo Cassola (1917 - 1987), scrittore di razza, molto amato dal pubblico e molto odiato dalla critica, o almeno da una certa critica. Un uomo che ha partecipato alle vicende del suo tempo, partigiano durante la guerra e attivo su temi come il disarmo negli ultimi anni, ma fermamente convinto che il significato più vero e profondo della vita sia qualcosa di segreto e inafferrabile, da ricercare nell'esistenza quotidiana, nei sentimenti e nell'animo umano più che nelle grandi vicende della Storia con la "esse" maiuscola. I suoi romanzi non fanno altro che raccontare i fremiti e i sussulti, a volte quasi impercettibili, del cuore. I protagonisti delle sue storie, anzi è più giusto dire le protagoniste perché Cassola ci ha lasciato un formidabile campionario di figure femminili, sono persone semplici che vivono un'esistenza grama, fatta di poche cose, e anche lo stile dell'autore è scarno, essenziale come per adeguarsi a ciò che racconta. In queste vite fatte di niente ogni tanto ci sono piccoli sussulti, degli improvvisi squarci di luce nelle grige esistenze di queste ragazze, in genere molto giovani. Sono segni appena percettibili all'esterno, ma che lasciano un segno indelebile in chi li vive; un nulla nel grande fluire della storia ma una traccia profonda e da seguire per chi è interessato a scavare nelle ragioni del cuore umano.
   "La ragazza di Bube" pubblicato nel 1960 è il romanzo più noto di Cassola. Vincitore del Premio Strega e portato anche sul grande schermo in un film di successo, è un libro paradigmatico. Ambientato negli anni dell'immediato dopoguerra, per esplicita ammissione dell'autore trova i motivi più profondi e significativi nei tormenti della protagonista e del suo disperato amore più che nelle vicende legate alla resistenza e alla politica che restano solo sullo sfondo.
   Personalmente il libro di Cassola che amo di più è "Un cuore arido", uscito nel 1961. Anna, la protagonista, passa per essere una ragazza insensibile, fredda, appunto un "cuore arido" come dice il titolo, mentre invece è solo un'introversa che vive a pieno i sentimenti e le passioni ma dentro di sé, senza esternarli. Anche qui gli avvenimenti sono pochi e tutto il romanzo è attraversato dalla banalità quotidiana, quella che conosciamo anche noi tutti i giorni, quel nulla e quell'insignificante che in realtà sono la vita vera, almeno per chi sa coglierla, come appunto Anna: "Niente, niente avrebbe potuto sconvolgere la sua vita perché la vita, l'esperienza vera della vita, era qualcosa di intangibile. Niente poteva intaccarla: e i fatti, quei fatti di cui si parla tanto, erano in realtà senza importanza, senza significato".
   Come detto, Cassola fu oggetto di feroci critiche che forse lo hanno ferito, ma che non hanno scalfito il rigore della sua ricerca narrativa. Negli anni Sessanta la cosiddetta "avanguardia" arrivò a definirlo "la nuova Liala", accusandolo di produrre una letteratura sentimentale, facile e di consumo. La realtà è che tutti questi rivoluzionari di carta, cantori dell'impegno, del sociale e del realismo erano, e sono, sordi perché insensibili alle voci dell'anima, cechi perché accecati dal fanatismo e dall'ideologia, e muti perché del tutto incapaci di dare le emozioni che un vero scrittore come Carlo Cassola ancora oggi ci regala attraverso i suoi libri.

Silvano Calzini
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