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Quando leggere è un piacere
e una autentica passione
    
Milano, 17 Giugno 2007

L’On the road
con Arbasino
  

   Un romanzo a prima vista poco italiano, ma in realtà uno spaccato formidabile dell’Italia in bianco e nero. Quella del boom, delle prime corse lungo l’autostrada, delle spider, delle ragazze con il tubino, delle estati dei primi anni Sessanta.
Se state pensando a “Il sorpasso” di Dino Risi vi state sbagliando, però ci siete andati vicino. Già, perché “La bella di Lodi” di Alberto Arbasino, il libro di cui sto parlando, nasce prima come racconto nel 1961 e poi come soggetto cinematografico per un film realizzato due anni più tardi, e solo nel 1972 diventerà un romanzo.
L’ho definito all’inizio poco italiano in quanto è una storia tutta on the road. Un’ambientazione insolita per noi che non abbiamo i grandi spazi degli Stati Uniti dove correre senza meta. E invece “La bella di Lodi” è un susseguirsi di grandi corse in macchina tra la Bassa Padana e la Versilia, passando dalle spiagge delle prime vacanze di massa ai fiammanti autogrill appena inaugurati lungo l’Autostrada del Sole. Poche righe bastano ad Arbasino per ricreare ambienti e atmosfere e dare il sapore di quella stagione irripetibile in cui Italia si affacciava al benessere e al consumismo:
“Come sfondo, una nuovissima stazione di servizio appena inaugurata. Distributori Supercortemaggiore con pennoni gialli sventolanti e bandierine dure di plastica, cani a sei zampe da tutte le parti, neon lampeggiante Alemagna, camion arancione del soccorso stradale lì fermo, e automobile di lei con una portiera ancora aperta. … Vaste prospettive d’Autostrada del Sole da tutte le parti, con ponti, viadotti, Pavesini, raccordi, svincoli, cartelli di coupons. Macchine che passano velocissime. Anche camion: tutto uno sfrecciare. Rimorchi, polizia stradale, famigliacce euforiche, lettori del “Giorno” e di “Tempo”, turisti esteri in shorts.”
Al centro del libro c’è la storia d’amore tra Roberta, ricca possidente lombarda, bella, con il fiuto per gli affari, e Franco, un giovane meccanico, sexy e squattrinato. I due si incontrano per caso, si piacciono, si fanno dei dispetti, si perdono e poi si ritrovano. Diversissimi, sono attratti uno dall’altro in modo irresistibile e fanno sesso a volontà passando da un motel e una pineta. Senza troppi svolazzi, da buoni lombardi i due protagonisti hanno sempre i piedi ben piantati per terra e quindi tra un amplesso e l’altro non disdegnano di dare un occhio anche agli affari.
Lo stile del romanzo è semplice e naturalistico, con dialoghi in presa diretta, secchi e di grande efficacia. Per restare in ambito cinematografico, in alcuni punti c’è anche qualcosa che ricorda “Ossessione” di Visconti, ma la penna di Arbasino rifugge dal melò e si muove leggera come una macchina da presa. Così le zummate sulla love story di Roberta e Franco si alternano a campi lunghi che sono il ritratto di un ambiente sociale e di un’epoca.
Una splendida prova di Alberto Arbasino, una delle menti più fini che ci siano in circolazione. Un intellettuale vero e soprattutto indipendente, una voce fuori dal coro nell’opaca realtà della letteratura e del giornalismo italiano. Uno dei pochi che ha sempre continuato a pensare con la propria testa, senza salire sull’affollatissimo carrozzone del luogo comune e del politically correct. Originale per stile e formazione, Arbasino ha sempre girato alla larga da quel conformismo dell’anticonformismo tanto in voga di questi tempi. Leggere “La bella di Lodi” è come respirare una boccata di aria fresca e significa scoprire, o riscoprire per chi già lo conosce, uno scrittore con una marcia in più.

Silvano Calzini
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