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la Bacheca Virtuale

di Silvano Calzini

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Quando leggere è un piacere e una autentica passione


16 dicembre 2003

Wodehouse: L'impiegato del buonumore
    

Divertimento allo stato puro. Non trovo altre definizioni per i libri, circa una novantina, che Pelham Grenville Wodehouse ha continuato imperterrito a scrivere nella sua lunga vita, cominciata nel 1881 a Guilford in Inghilterra e terminata nel 1975 a Long Island negli Stati Uniti. Provate a prendere in mano uno dei suoi romanzi, apritelo a una pagina qualsiasi e mettetevi a leggere anche senza sapere niente della trama, delle vicende narrate fino a quel punto, dopo poche righe non riuscirete a trattenere prima un sorriso e poi, sperando che nessuno vi prenda per matto, una fragorosa risata.
Wodehouse è lo scrittore "disimpegnato" per eccellenza non voleva dimostrare niente, né spiegare alcunché; nelle sue storie non esiste alcun approfondimento psicologico dei personaggi, nessun interesse per i temi sociali o tanto meno politici, ma solo e soltanto la ricerca del divertimento, sostenuta da un'impareggiabile tecnica di scrittura, dall'abilità di inserire la battuta e il tono giusto al momento giusto, il tutto in un meccanismo perfetto, oliato nel corso degli anni e che funziona sempre a meraviglia. Potete leggere e rileggere all'infinito le storie di Jeeves, il maggiordomo coltissimo e imperturbabile oppure di Bertram Wooster, il nobile incolto e totalmente inetto, e ogni volta resterete piacevolmente impigliati nell'ingranaggio umoristico messo in piedi da Wodehouse.
A smentire il vecchio luogo comune, non del tutto infondato, secondo cui gli umoristi e i comici sono delle persone tristi e malinconiche, Wodehouse non era affatto un tipo malinconico, semmai noioso, anzi uno degli individui più noiosi di ogni tempo. Chi lo ha conosciuto racconta che parlava solo di lavoro, sempre concentrato sui tempi di consegna dei manoscritti e sui diritti d'autore, l'unico interesse alternativo, si fa per dire, erano le rose che coltivava in giardino. Indifferente anche alle tentazioni della carne, si sposò molto giovane con Ethel Newton, non particolarmente bella né affascinante, una donna grigia e anonima, comunque la sua anima gemella visto che fu un matrimonio riuscitissimo e sereno fino alla fine. Poi basta conoscere un po' la sua vita da giovane al termine degli studi entrò in banca per qualche anno, ma appena raggiunto il successo con i primi libri si dedicò a tempo pieno alla scrittura e non si interessò a nient'altro per il resto della vita. Tutte le mattine inforcava gli occhiali, infilava la pipa in bocca e si metteva a scrivere. All'inizio di ogni storia preparava una dettagliatissima scaletta che poi seguiva fedelmente senza lasciare niente al caso. Praticamente un impiegato del buonumore. Se per qualcuno possiamo usare l'espressione "lucida follia", nel suo caso possiamo dire che si trattava di "lucido umorismo". Lucido come il suo inconfondibile cranio pelato a forma di prugna che gli valse il soprannome di "plum", prugna in inglese.
Guardando alle disavventure vissute da Wodehouse negli anni della Seconda guerra mondiale viene da pensare che fosse afflitto da una sorta di disfunzione genetica era un uomo completamente privo della dimensione tragica della vita. Nel 1940 con l'Europa in pieno dramma non si accorse di niente e una bella mattina si ritrovò i tedeschi alla porta della sua casa in Francia e, in quanto cittadino inglese, venne deportato per un anno in un campo di internamento. Liberato dalle autorità tedesche fu invitato a Berlino per tenere cinque conversazioni radiofoniche nelle quali scherzò alla sua maniera sulla guerra, i nazisti e la gloriosa resistenza della vecchia Inghilterra. Quando al termine del conflitto gli inglesi gliele rinfacciarono, minacciando di mandarlo sotto processo per tradimento, si stupì e si offese pure, decidendo di trasferirsi negli Stati Uniti e di prendere la cittadinanza americana.
Soltanto nel 1975 fece pace con la madrepatria ricevendo le insegne di baronetto. A quel punto dichiarò alla stampa che non aveva nient'altro da chiedere alla vita e infatti dopo poche settimane morì in piena serenità.

Silvano Calzini

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