la
Bacheca Virtuale
di Silvano
Calzini
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Quando leggere è un piacere e una autentica passione
Milano,
9 Novembre 2006
Yasunari Kawabata e il
misterioso Oriente
Mi sono avvicinato a Yasunari Kawabata ( 1899
- 1972), primo scrittore giapponese Nobel per la letteratura nel 1968, in
punta di piedi e con la dovuta circospezione. Per natura diffido dei facili
entusiasmi a ruota libera di tanti occidentali per tutto quanto sa di
esotico. Mi aspettavo uno scrittore di prima qualità, ma immerso in una
cultura molto lontana dalla nostra e non facile da capire. Dopo averlo letto
posso confermare il giudizio, almeno in parte. Un narratore con i fiocchi e
profondamente calato nella cultura e nella sensibilità giapponese, ma meno
estraneo di quanto temessi.
In effetti tutte le sue opere sono pervase da una rarefatta simbologia sulla
natura tipicamente orientale e suppongo originata dal buddismo, ma che
comunque non offusca la realtà e i personaggi descritti. L'altra vena
costante che corre nei suoi libri è un erotismo sottile, anch'esso tutto
orientale, almeno ai miei occhi. Penso al bellissimo racconto lungo "La casa
delle belle addormentate", al centro del quale c'è una casa di appuntamenti
dove anziani clienti si recano allo scopo di trascorrere la notte con
giovanissime ragazze addormentate. Agli ospiti è concesso passare la notte
insieme alle giovani, tutte vergini, di incantevole e delicata bellezza. Il
regolamento della casa vieta di svegliarle e di comportarsi in modo
indecoroso. I vecchi possono contemplare il corpo delle ragazze indifeso nel
sonno e accarezzarlo, ma nulla di più. Tutta la magia del racconto sta nelle
sensazioni, nei ricordi, nelle fantasie dei clienti, messi in moto dalle
loro compagne dormienti. Un erotismo tutto di testa, ma di grande
raffinatezza.
Un altro grande tema di Kawabata è quello della fine incipiente della vita,
della sensazione che le cose stanno arrivando a un termine inesorabile. "Il
suono della montagna" è emblematico in questo senso. Il romanzo descrive le
vicende di una famiglia con le sue preoccupazioni e i suoi drammi ed è
imperniato sulla figura di Shingo, l'anziano padre, il quale una sera crede
di sentire in lontananza un rumore prolungato che identifica nel "suono
della montagna" e che lui interpreta come un segno della vecchiaia e della
fine che si avvicina. La decadenza inarrestabile della sua vita e della sua
famiglia spingono Shingo a fare una specie di bilancio della propria
esistenza: il matrimonio poco felice, le incomprensioni con i due figli.
Unica consolazione, la delicata simpatia che si instaura tra il vecchio e la
giovane nuora, che a sua volta sopporta la propria infelicità con ammirevole
coraggio.
Alla fine della lettura dei libri di Kawabata resta una fortissima
impressione per la delicata sensibilità dello scrittore; ogni più piccolo
segnale della natura, un rumore, la pioggia, la caduta delle foglie viene
legato a un'esperienza di vita, a un ricordo e assume un significato più
vasto. In questo mi ha fatto ricordare Proust, anche lui attentissimo ad
abbandonarsi al fascino delle sensazioni suscitate da un sapore o da un
profumo.
Il paragone non è azzardato, anche per la qualità della scrittura di
Kawabata, di grande raffinatezza e misura. Ha ben ragione Yukio Mishima,
quando commentando "La casa delle belle addormentate" si esprime così: "Si
resta colpiti di ammirazione per la precisione e la straordinaria finezza
dei particolari che Kawabata impiega per descrivere la prima delle belle
addormentate con cui il sessantenne Eguchi trascorre la notte: è come se
essa venisse carezzata soltanto dalle parole".
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